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AURORA LUNARE Valentino Butti
 

Abbiamo incontrato gli “Aurora lunare” un “nuovo-vecchio gruppo” di prog rock. Nuovo perché l'album d'esordio è del 2013, vecchio perché sulla scena dalla fine degli anni '70 con parecchie esperienze “live” e poi il quasi inevitabile “perdersi di vista”. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Ciao e ben trovati sulle pagine di Arlequins...
Come dicevo nella recensione al vostro album omonimo, dopo oltre 30 anni finalmente il debutto “ufficiale” anche se negli ultimi tempi avete partecipato a dei lavori “tributo” agli Yes ai Marillion ecc. Eppure i “soliti” bene informati parlano anche di un paio di “release” postume di cui anche il vostro sito non fa menzione...


Mauro:Bene, iniziamo dal retrobottega lunare: occorre quindi tornare un po’ indietro. Possiamo dire che il tutto nasce – paradossalmente, in quanto impregnati di cultura “analogica” (tardo) settantiana – come conseguenza dell’era digitale. L’apertura del sito (www.auroralunare.it), nei primi anni Duemila, è stata la prima grande opportunità per rimettere insieme le esperienze di quegli anni. L’interessamento che abbiamo riscontrato, dall’Italia ma soprattutto da varie parti del mondo, ci ha sorpreso non poco (anche in quanto progband dilettante e inattiva da anni) e ci ha spinto a rispolverare i nastri rimasti nei cassetti. Ma non ci passava neanche lontanamente per la testa l’idea di una produzione discografica (un sogno da sempre inseguito ma puntualmente bocciatoci dalle etichette allora contattate, per le ragioni che si può facilmente immaginare considerato di che periodo si parla) e men che mai di poterci riunire, dis-persi come eravamo (e lo siamo tuttora), geograficamente e in differenti situazioni di vita.
Dopo un primo “test” su Vitaminic, timido e di breve durata (sempre nei primi anni Duemila), abbiamo deciso di affidare quei vecchi nastri amatoriali alla sapiente regia del nostro Stefano (Onorati) in veste di restauratore (ricordiamo tutti gli accidenti che ci ha mandato per le nottate perse davanti al suo Machintosh.. ehm ehm) in modo da non perdere la memoria e renderli minimamente fruibili a noi stessi e agli amici che hanno condiviso con noi quelle esperienze: ecco quindi, nel 2006, il doppio CD antologico “Aurora Lunare 1979-1990”, un’autoproduzione omaggio. Ci siamo tuttavia guardati bene dal distribuirlo (nonostante abbiamo avuto proposte), non essendo affatto nato per questo scopo. Lo stesso dicasi per il concerto al Teatro La Goldonetta di Livorno, di cui conserviamo la registrazione curata da Alessandro Corvaglia in età liceale, immortalato nell’occasione dietro le quinte della Goldonetta con la sua cuffia nel libro di Massimo Volpi “… a Livorno negli anni ‘70 si suonava così” (Edizioni Erasmus, Livorno, 2012). Poi nel 2008, dopo una trentina d’anni, ricevetti una telefonata di Marco e… siamo arrivati fin qua. Con la reunion e i relativi progetti, il nostro sito e la nostra musica hanno inteso assumere una connotazione diversa: è stato rimesso nel cassetto l’album dei ricordi per provare ad affacciarsi nel panorama progressivo contemporaneo con produzioni ufficiali, adeguate (ci auguriamo) allo scopo: ed ecco i tribute (Mellow, Musea Records) e la sintesi della nostra storia nel CD pubblicato da Lizard. Chissà, magari potrebbe rivenirci la voglia di rimettere le mani su quei vecchi nastri per una possibile distribuzione… ma francamente, nonostante l’età (ehm ehm), e con tutta la riverenza musicale per gli indimenticabili Settanta, ci piace più guardare all’oggi e al domani.

La vostra storia nasce sul finire degli anni '70, ricordati solo o quasi (in Italia) per gli “anni di piombo” e non, anche, come il periodo sicuramente più fertile della musica rock in generale. Parlateci un po' come nascono gli “Aurora lunare”, i “vostri eroi” dell'epoca, le vostre esperienze, i vostri concerti, il vostro modo di intendere la musica e la “dura realtà” (simile immagino per altre band dell'epoca) che vi costrinse a “lasciar perdere”...

Luciano:Eravamo un gruppo di amici che nel ’77-‘78, oltre agli interessi comuni dei ragazzi di quell’età, avevamo la passione per la musica dei grandi gruppi prog (allora il genere si definiva pop-rock sinfonico) di qualche anno addietro (da intendere come apice della loro vena progressiva) e la band nacque sulla forte spinta emotiva di voler rifare quei brani che ci avevano letteralmente folgorato. Inizialmente ci si misurò con delle cover di gruppi come la PFM, Le Orme, BMS e degli Area e successivamente anche qualcosa delle progband internazionali. C’è da dire che in quegli anni era prerogativa dei gruppi suonare dal vivo sfruttando tutte le occasioni possibili anche perché questo era l’unico modo per proporsi (oltre alla possibilità di far passare delle registrazioni tramite qualche radio libera locale) e noi avemmo la fortuna di utilizzare un piccolo cinema-teatro come sala prove in cui potevamo agevolmente esibirci inizialmente di fronte ad un pubblico occasionale. Ricordo che partecipammo pure ad un programma per le scuole di “Educazione all’ascolto” e già iniziavamo a proporre, oltre alle cover, i primi brani di nostra composizione dettati dall’esigenza di estrinsecare una propria vena espressiva, tra cui alcuni di quelli che si trovano oggi nel CD.
Nel frattempo entrammo nel circuito dei grandi eventi cittadini che ci permise di fare un tour per tutta la provincia e le aperture anche a nomi quali PFM, Ivan Graziani, Tullio De Piscopo, Alan Sorrenti; prima di quest’ultimo abbiamo trattenuto un teatro-tenda stracolmo (era già l’epoca di “Figli delle Stelle”, quindi non certo un pubblico composto in maggioranza da prog-fans) con brani delle Orme e della PFM.
Beh, diciamo che furono due anni di intensa attività soprattutto live durante il quale ci “facemmo le ossa” esibendoci ovunque e davanti ai più svariati tipi di pubblico. Tirando le somme possiamo dire che, mentre dal lato delle esibizioni dal vivo avemmo le nostre soddisfazioni, non altrettanto positivo fu l’approccio con il mondo discografico dal quale, quando facevamo ascoltare i nostri brani, ricevevamo freddi giudizi con l’invito sostanziale a cambiare un genere di musica che oramai non andava più, come del resto – dicevano - stava accadendo anche con i nostri grandi miti internazionali che andavano adeguandosi al “nuovo” che avanzava o che oramai non c’erano più. Di li a poco (erano i primissimi anni ’80), pure per gli impegni di studio e lavorativi (venne anche meno il locale per la prove), iniziarono le prime defezioni nella line-up principale e, con vari cambiamenti dei componenti e modifica anche del sound andammo avanti per qualche anno ancora con un’attività sempre più rada.
Come recita il breve inciso in testa alla homepage del sito, per noi la musica prog era anche un modo di vivere ed oggi posso dire che ancora porto dentro quell’esperienza che mi è tornata utile anche negli altri fatti della vita.

... E poi a ritrovarvi molti anni dopo, con esperienze diverse per ognuno di voi...

Luciano:Sì, poi per un lungo periodo, a partire da quegli anni ’80 fino al nuovo millennio, ognuno è andato per la sua strada, anche se con Mauro non ci siamo mai persi di vista, pur separandoci circa 700 Km di distanza. Diciamo che alcuni di noi hanno proseguito in campo musicale: Stefano, apprezzato musicista jazz, anche a livello internazionale, Corrado nel campo della pop-music d’autore, Simone bravo chitarrista rock-blues in Spagna. Ricordiamo pure Alessandro Corvaglia della MDC che, per un certo periodo ha suonato la chitarra con noi. All’inizio del nuovo millennio quello che doveva essere giusto un recupero della memoria storica del gruppo, reso possibile grazie allo sviluppo del web, si è trasformato in qualcosa di inaspettato e irrefrenabile. Il positivo riscontro ed apprezzamento dei contenuti del sito di AL da parte di appassionati del genere ed etichette specializzate, soprattutto dall’estero, ci aprì alla possibilità di realizzare il primo vero lavoro discografico del gruppo con i nostri brani arrangiati e re-incisi ex-novo, progetto concretizzatosi con il ritrovato Marco dietro le pelli.

Nell'album l'impressione che si ricava non è proprio quello di un album dalle sonorità “vintage”... Il richiamo alle origini è indubbio ma avete reso le sonorità molto attuali e fresche. Perché questa scelta?

Mauro:Non riconoscere l’influenza della musica (tardo) settantiana che ha accompagnato i travagli della nostra adolescenza sarebbe come credere che un albero possa crescere senza radici. Provo un senso di fastidio nei confronti di espressioni enfatiche come “il nuovo che avanza” (in ogni campo intendiamoci, non solo nella musica, come se il nuovo in quanto nuovo, fosse migliore di quello che lo precede), figlie di un ideologia consumistica ed utilitarista rivelatasi fallimentare. Ma provo la stessa contrarietà di fronte ad atteggiamenti autoreferenziali e “passatisti”, diffusi anche in molti ambienti progressive, che si ostinano a guardare indietro mitizzando un periodo dopo il quale sarebbe calato il sipario sulla creatività umana. La musica è qualcosa di vivo, che evolve in continuazione: del resto la definizione stessa di prog, non richiama un’accezione evolutiva? In definitiva, non credo ci siano alternative al Giano bifronte che guarda nel contempo al passato e al futuro. Qua sta il fascino e la difficoltà del compito: cogliere le potenzialità immaginifiche di un periodo per certi versi irripetibile senza gettare la testa sotto la sabbia di fronte alla complessità delle situazioni esistenziali che ci troviamo ad affrontare nel presente, in un mondo sempre più frammentato, angosciato, turbolento, precario. Per citare solo un esempio emblematico di questa attitudine bifronte: Steven Wilson, che considero uno dei massimi geni “progressivi” della post-modernità. Non so quanto siamo riusciti con questo primo album a mantenere questo duplice sguardo, ma intendiamo muoverci in questa direzione.

Come nascevano le vostre composizioni? E' cambiato qualcosa oggi, immagino, che non vivete più a stretto contatto...

Luciano:Certo, allora avevamo molto tempo a disposizione ed abitavamo tutti nella stessa città, per cui ci ritrovavamo spesso a suonare insieme. Di solito le idee partivano da qualcuno di noi (inizialmente da me, Corrado e Mauro) e poi, durante le sessioni di prova ognuno poteva metterci del suo riguardo gli arrangiamenti. Nello specifico io abbozzavo inizialmente il pezzo con la chitarra riportando il testo e la traccia armonica su carta e poi la condividevo con Corrado per la parte musicale e con Mauro per il cantato. Come detto prima, nel corso delle prove, il brano poteva poi subire modifiche con la partecipazione di tutti, specie nei dettagli.
Sicuramente oggi il modus operandi è diverso; diciamo che per i “vecchi” brani la struttura era già ben definita. Si è trattato di rivedere gli arrangiamenti cercando di condividere il più possibile le idee tramite email (… e qui la tecnologia ci viene in aiuto) passando poi il tutto a Stefano che coordina dal punto di vista tecnico-musicale le sedute di registrazione. In effetti quando si entra in sala ognuno deve avere perfettamente chiara la propria parte anche se ogni tanto è capitato – forse memore dei vecchi tempi – di cambiare qualcosa li per li facendo ammattire non poco lo stesso Stefano (…eh eh eh); personalmente mi viene da dire che quando, dopo oltre trent’anni mi sono ritrovato a suonare con Marco, era come se fossimo scesi dal palco la sera prima.

Non so se siete d'accordo ma “Evasione di un'idea” ed “Eroi invincibili... son solo i pensieri” sono a mio avviso i due vertici dell'album. Ci volete parlare di questi due brani?

Luciano:Si, è vero, possiamo dire che sono i brani portanti, forse anche quelli più conosciuti, che ci hanno accompagnato sin da quei lontani seppur emotivamente vicini anni ’70.
Da autore dei testi e in parte della musica, posso dire che le parole, alla stregua delle note, entrano nella composizione del brano anche con una propria musicalità evocando nell’ascoltatore delle sensazioni od immagini diverse di volta in volta. Ovvio che per me questi brani hanno un certo significato legato alle mie esperienze e conoscenze di allora, sicuramente non le stesse di un altro soggetto che ascolta lo stesso brano.
Il primo è sicuramente più movimentato ed accenna al desiderio di ognuno di noi di liberarsi da certi vincoli che ci opprimono mentalmente e ci costringono a fare ripetutamente le stesse cose, a volte senza senso (è un po’ il vecchio tema dell’alienazione) e alla ricerca di un “nuovo modo di vita” che, però, potrebbe rivelarsi l’ennesimo inconcludente tentativo. “Eroi”, più intimista ed un po’ autobiografico, accenna alla discrasia tra le nostre azioni e quello che vorremmo fare, spesso riponendo eccessiva fiducia, quasi un’onnipotenza, ai nostri elaborati mentali.
Se poi, lungi dal voler pretendere di lanciare messaggi di alcun tipo, vogliamo dargli un significato comune, si tratta dei grandi interrogativi che l’uomo si pone da sempre durante questo viaggio che si chiama vita: il suo senso in questo mondo, le sue angosce, le paure, i suoi scopi, la forza interiore che lo spinge a superare ostacoli di ogni tipo, la disperazione e la rinascita.

Non si può fare a meno di notare i numerosi ospiti presenti nell'album. Alcuni dei quali senza bisogno di presentazioni...

Mauro:Corrado e Graziano, in tempi diversi, hanno contribuito a scrivere pagine fondamentali di Aurora Lunare; Alessandro è stato nella nostra orbita musicale ed amicale sin da quando ha iniziato a indossare i pantaloni lunghi (beh, quelli a zampa di elefante erano passati di moda già da qualche anno…), specialmente (ancora per questioni di età) nella successiva, tormentata, fase di transizione che si usa(va) definire “riflusso ottantiano”. Questa orbita ha mantenuto la sua forza di attrazione anche di fronte agli importanti traguardi artistici che Alessandro ha raggiunto con la “Maschera” e non solo: conoscendo le sue potenzialità, non ci siamo di certo sorpresi. Nicola alla chitarra classica, figlio del nostro Marco, con il suo background di studi classici rappresenta l’irrinunciabile apporto delle nuove generazioni, nonché l’importanza del continuum… intralunare. Abbiamo poi, sempre proposito di giovani, “i ragazzi di Percorsi Musicali”, Daniele, Valentina e Greta, che hanno dato il loro importante contributo nei tribute album a cui abbiamo finora partecipato. Conoscevo Gianluca indirettamente, dalle sue produzioni con Aria Palea e successive; è stato Loris con la sua “Lucertola” a suggerirci (e proporci) il “flauto Milanese”, che non esito a definire magico, vista la naturalezza con cui si è inserito nel sound lunare, una naturalezza che ha dissolto tutta la nostra ritrosia (confesso, in particolare la mia eh eh eh) a re-inserire questo strumento in atmosfere primariamente centrate sui tasti d’avorio. E naturalmente…. Tolo Marton (proprio lui!).

Fra i nomi che avete citato c'è quello dell'ex Orme Tolo Marton. Come è nata la vostra collaborazione e come mai avete scelto come cover proprio due brani-medley tratti da “Felona e Sorona” album dal quale Marton era assente? (Ricordiamo che partecipò solo a Smogmagica)

Mauro:Certo, Tolo partecipò solo a “Smogmagica” nel lontano 1975, ma ricordiamo che c’è stato un suo recente e significativo riavvicinamento alla musica delle Orme, tornando sul palco (in occasione del ProgExibition di Roma nel 2010 e in altre successive apparizioni) con due dei musicisti che ne hanno fatto la storia come Aldo Tagliapietra e Tony Pagliuca. La costruzione del ponte lunare verso Tolo è opera (d’arte, aggiungo) del nostro amico Tino (che abbiamo ringraziato nel book), senza dubbio uno dei cultori del pianeta Orme più competenti sulla terra. Si trattava comunque di fare un tentativo senza alcuna garanzia, visto che Tolo, col suo indiscusso talento, si muove prevalentemente in altri ambiti rock rispetto al progressive. Collocare la sua chitarra proprio in brani dove era assente ci è parsa la strada migliore per proporre una rivisitazione più possibile personalizzata (essendo convinti che la bellezza e il feeling dell’originale possono essere riprodotti solo riascoltando… l’originale). Gli saremo sempre grati per aver deliziato con la sua inimitabile chitarra la nostra rilettura di questi brani tratti da uno dei massimi capolavori del progressive italiano.

Come intendete pubblicizzare l'album (magari qualche concerto all'interno di una rassegna più ampia...) ed avete in cantiere già qualche brano nuovo per un possibile successore alla vostra recente release?

Mauro:La pubblicizzazione del disco si basa primariamente sulla presenza in rete (attraverso interviste, recensioni, webzine ecc; abbiamo realizzato il videotrailer e il video-promo di Evasione di un idea, inseriti nello spazio Youtube di Lizard Records) e, ovviamente, sulla distribuzione discografica. Loris, con cui ci muoviamo in piena sintonia, sta facendo un ottimo lavoro in tal senso.. E’chiaro però che questa modalità non ci soddisfa per nulla.. La nostra dispersione geografica e le differenze delle situazioni di vita (Stefano è musicista di professione, l’unico della line-up attuale, mentre per noi tre lunari storici la musica è una passione pervasiva ma viviamo di altro) ci hanno fatto prendere atto, obtorto collo, di non poter salire le scalette del palco insieme. Ma si sa che le salite più impervie sono anche quelle più stimolanti (e la realizzazione del disco dopo oltre trent’anni ce ne ha dato prova) e quindi staremo a vedere… che tempo farà in montagna. Ed è aperto il cantiere dei lavori per il successore di “Aurora Lunare” avendo già composto diverse nuove tracce ed avendo in mente di riprendere degli inediti.

Conoscete la scena prog italiana ed estera di questi anni e cosa ne pensate? Ci sono parecchie band di giovanissimi che si rifanno, con personalità, anche a gruppi del passato e mi pare comunque un buon segno... Certo non ci sono i “numeri” dei primi anni '70, ma è bello che anche i più giovani si avvicinino, anche partendo da back ground diversi, a questa meravigliosa musica...

Mauro:Qua devo impormi la brevità altrimenti, facendo spesso i conti con la mia “bulimia musicale”, rischio di perdermi in parole ed etichette: e si sa che nella musica, troppe parole finiscono per confondere e le classificazioni servono, quando va bene, a comprendersi un po’ meglio e a riordinare i CD negli scaffali. Vado al sodo ed evito ogni tentazione generalizzante con un frammento emozionale: dalla contentezza che provo nell’osservare, ai concerti dei Marillion o dei Dream Theater (per citare due grandi band internazionali viste di recente, ma lo stesso si nota con band italiane storiche come PFM, Banco e Orme), molti giovani(ssimi) recitare a memoria il cantato e seguire nota per nota lo scorrere del brano. Sento spesso dire che sono semplicemente i figli dei progster che ascoltavano i dischi dei genitori: non credo sia solo questo. Mi guarderei bene dall’inquadrare intere generazioni in precise tipologie che annullano la varietà delle differenze e dei gusti individuali nella ingannevole retorica del “nuovo che avanza”: quando una band riesce ad aprire delle brecce nell’animo umano di giovani e meno giovani, dischiudendo orizzonti di significati, immagini, vissuti, è davvero rilevante la carta d’identità di chi sta sul palco o nelle poltroncine (o in piedi a seconda dei cas ehmm ehmm)? Occorre però superare quella sorta di apatia indotta dai mainstream mediatici, interessati esclusivamente ai consumi di massa ed assumere un ruolo attivo: e oggi, nell’era digitale e della comunicazione (dove, paradossalmente, si rischia di comunicare tanto sul nulla, ma questo è un altro discorso e manderebbe a monte il mio proposito di essere breve), è mille volte più facile individuare le realtà musicali che più li (ci) interessano e li (ci) rappresentano (parliamo di giovani band, giusto?) per costruire il proprio percorso artistico. Senza tuttavia dimenticare la lezione di Giano.

Grazie per la vostra disponibilità e a presto allora...

Grazie all’Arlecchino progressivo per lo spazio concessoci e un saluto progressivo a tutti i suoi fruitori


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