Jimmy Spitaleri è veramente un grande personaggio, caratterialmente carismatico esattamente come la sua voce. Il suo è un pensiero puro, la forza di un musicista al quale non è mai passato per la testa di provare a fare qualcosa che non gli sembrasse una cosa sua. La gioia per quest'intervista è stata resa maggiore grazie alla scoperta dell'alter ego di Jimmy, il tastierista Enrico Olivieri, una persona che, oltre che squisita e forbitissima, è anche estremamente positiva, ed il perché è piuttosto facile immaginarselo. I due si integrano a vicenda alla perfezione: Jimmy limpido ed istintivo, Enrico riflessivo ed ordinato. La matrice comune di questi due artisti si deve riassumere in una sola parola: METAMORFOSI. Jimmy ed Enrico sono stati e ANCORA SONO le Metamorfosi e la loro voglia di ripresentarsi è espressa in modo quasi rabbioso, con un occhio a questa renaissance del movimento prog (essi ne sono perfettamente a conoscenza... capito discografici nostrani?) ma anche con il (giusto) menefreghismo verso quello che potrebbe essere il riscontro dei loro sforzi per troppo tempo accantonati. Hanno appena registrato un nuovo brano, raccogliendo l'invito del comune amico Guido Bellachioma, per la sua antologia Progressivamente in uscita ad aprile, una canzone dal titolo Mururoa veramente splendida, correndo sul filo del suono 70s, ma con l'uso (moderato) della tecnologia moderna.
Ma leggete ora che cosa hanno da dire e capirete meglio la loro storia e, perché no, anche le loro aspettative future:
EO: Prima che Jimmy ed io ci incontrassimo non esisteva il progetto Metamorfosi; la mia storia e quella degli altri componenti era quella classica dei gruppi di quegli anni: beat negli anni '60 (esattamente dal Ì966 al 70) e addirittura molte messe in chiesa. D'altronde, sai, molto spesso le uniche sale disponibili per provare te le fornivano proprio i preti, era una realtà comune a molti gruppi. Quando conoscemmo Jimmy ci chiamavamo Frammenti e facevamo quello che poi è stato espresso nel nostro primo disco.
Parlando con Jimmy, mi è sembrato quasi che egli volesse saltare direttamente a parlare di Inferno come se il vostro primo disco non fosse mai uscito, mi sbaglio?
JS: Come ti abbiamo detto prima, l'incontro tra me ed Enrico ha generato il progetto (che per me dura tuttora) Metamorfosi, una parola che rende ancora attuale il nostro pensiero, perché è sinonimo di cambiamento, di evoluzione, sempre però tenendo conto del nostro bagaglio culturale e musicale, e per nostro intendo la tradizione classica italiana. E' per questo che ti ho sempre detto che, secondo me, i gruppi italiani dovrebbero cantare nella nostra lingua, a me sembra veramente inconcepibile l'idea di dover cantare in inglese. Ora, quando nacque il progetto Metamorfosi, il gruppo non era ancora ben strutturato, subivamo in un certo senso il retaggio delle esperienze precedenti, sia come sound che come componenti. Inferno è stato invece il nostro progetto definitivo, un'ottima amalgama sonora, ed infatti credo, non a torto, che questo sia il disco che ha consegnato il nome METAMORFOSI alla storia del rock italiano.
Qui fermiamo Jimmy, altrimenti la minaccia di saltare tutti i preamboli e il parlare solo di Inferno diverrebbe nuovamente realtà. La Vedette, vostra etichetta discografica di allora, vi ha adeguatamente supportato?
EO: Noi eravamo un gruppo che cercava quanto più possibile di suonare dal vivo e devo dire che la Vedette ci supportò all'inizio in maniera adeguata, ma credo che fosse più che altro la persona che ci faceva da manager ad aiutarci maggiormente in tal senso. Comunque la Vedette non era poi un'etichetta così poco importante: aveva pochi nomi ma tra questi, ad esempio, c'erano i Pooh.
Leggendo interviste ai gruppi degli anni '70, emerge talvolta il ricordo di una certa rivalità tra loro, forse anche una certa invidia per i più bravi tecnicamente. Quali sono i vostri ricordi e le vostre esperienze in merito?
EO: Sinceramente i miei ricordi sono positivi, abbiamo suonato spesso con altri gruppi e tutto è sempre filato liscio. In particolare ricordo un tour di una decina di giorni in compagnia dei Garybaldi, RRR, Flea, ecc. ed è sempre andato tutto bene tra noi, sia umanamente che tecnicamente. Eppure 10 giorni sono tanti! JS: Beh, qualche problema alle volte c'è stato; mi ricordo di mixer stranamente manomessi per farci suonare peggio, ma lasciamo perdere. Noi comunque non abbiamo mai nutrito invidia per alcun gruppo e in nessuna situazione.
Allora non si usava certo la parola progressivo per definire questa musica, il termine che usiamo oggi; a voi fa sorridere questa definizione?
JS: No. assolutamente, anzi... a noi calza alla perfezione perché, come ti ho spiegato prima, METAMORFOSI per noi ha proprio questo significato, quello di cambiare progredendo.
EO: Certo, mi ricordo tutte le definizioni create ai tempi: pop sinfonico, pop classicheggiante, eccetera. Non si sapeva come chiamarla, era comunque musica pop.
Per i malati di esterofilia, oggi come allora: si è sempre accusato molti gruppi italiani degli anni '70, con voi tra le poche eccezioni positive, di plagiare o comunque di rifarsi troppo ai modelli esteri maggiormente in voga. La critica musicale spesso è stata feroce nei confronti dei gruppi ai quali poi il tempo ha comunque reso parzialmente giustizia (Balletto di Bronzo, Semiramis, Jumbo, QVL, ecc...). Non pensate, e forse con la mia domanda accenno già la risposta, che ciò sia stato veramente esagerato?
EO: Hai ragione, allora i giudizi di alcuni giornali, uno in particolare (Ciao2001), erano veramente fondamentali. I loro giudizi e le loro recensioni potevano decidere in buona parte la tua sorte.
JS: Noi, per fortuna, abbiamo sempre avuto buona stampa, ma anch'io concordo con il tuo parere. Ci tengo però a dire che ho sempre preferito i gruppi che, pur partendo da influenze riconoscibili (è normalissimo), hanno cercato di unire a ciò la tradizione popolare e classica del nostro paese. In effetti la PFM, unendo la musica classica o anche la tarantella napoletana alla propria musica, ha ottenuto proprio con quei brani i maggiori entusiasmi sia del pubblico italiano che di quello estero.
JS: Anche su Inferno c'è la tarantella! Oltretutto, Massimo, volevo anche dire che, tornando al discorso del cantato, negli Stati Uniti ci hanno riferito di un grande successo del nostro disco anche e soprattutto perché cantato in italiano. Agli americani piace che la musica di ogni paese, italiano o turco che sia, venga proposta in lingua madre. Ricordatelo perché ho visto nuovi gruppi, molto buoni, cantare in inglese e la cosa non mi ha convinto (si riferisce al concerto al Palladium di Roma de! 9/4/95 con Gallant Farm, Arcadelt ed Ezra Winston, tutti rigorosamente anglosassoni - ndA).
Adesso vorrei la classica chicca, una cosa cioè che fa sempre piacere leggere, insomma un aneddoto, una cosa che va raccontata: ne avrete tante, ce ne dite una?
EO: Jimmy, posso?
JS (rassegnato): Vai, vai pure.
EO (ridendo): Nel 1973 abbiamo suonato uno dei nostri migliori concerti al Palasport di Roma davanti a 15.000 persone (Festival dell'Avanguardia e nuove tendenze -ndA) e mi ricordo che, a differenza degli altri gruppi che suonarono circa 15 minuti, a noi fu concesso di fare praticamente Inferno per intero. Alla fine il set prevedeva il sacrificio di Jimmy sulla sedia elettrica, portato via da un sacerdote, un uomo in smoking e un militare, significanti il potere nel mondo. La sedia, velata dietro una tenda, era stata piazzata ad una certa altezza, per cui Jimmy non ci arrivò mai, si perse nei bagni del Palasport tentando di arrivarci. Nel frattempo noi stavamo allungando il passaggio musicale in sua attesa e, alla fine, con il pubblico ugualmente soddisfatto perché ignaro, terminammo il concerto illuminando la sedia elettrica vuota.
JS: Nel frattempo io, resomi conto di essermi perso, ero stramazzato al suolo stanchissimo, dopo quasi un'ora di concerto.
Dunque, questo era il '73, quindi tessiamo nuovamente un filo cronologico e parliamo finalmente di Inferno.
EO: La sua gestazione tecnica è stata strana, in pratica sei mesi per prepararlo e tre giorni per registrarlo.
Presa diretta, quindi?
JS: Si, l'abbiamo registrato in diretta. Eravamo talmente carichi che è venuto subito bene. E' chiaro che un musicista non si fermerebbe mai e cambierebbe sempre tutto; mi ricordo che il primo ascolto del prodotto finito ci lasciò perplessi. Col passar del tempo mi resi però conto sempre più di aver fatto una delle cose migliori del rock italiano. Oltretutto il messaggio del nostro disco è attualissimo! Si, la forza vera di Inferno sono i testi che parlano di mafia, droga, corruzione; niente è cambiato, insomma, è tutto riferibilissimo ad oggi.
Enrico, è d'uopo la domanda tecnica: che tastiere usavi?
EO: Come organo avevo il vorrei-ma-non-posso: il Pari (anche denominato Hammond dei poveri, per chi non lo sapesse); poi una Crumar per i suoni di piano, clavicembalo, ecc. ed infine una vera chicca: il sintetizzatore era un prototipo realizzato da Mario Maggi (agli appassionati di elettronica e di strumenti musicali non risulterà sconosciuto questo nome) e costruito in tre
esemplari: il primo lo usai io, gli altri due furono usati dalla PFM e dai Pooh. Tra l'altro Mario ha poi costruito un synth divenuto famoso: il Synthex. In studio poi usai anche il VCS3 ed un organo a canne del '700.
La copertina di Inferno è, a mio giudizio, una delle più belle mai realizzate e oggettivamente molto evocativa. Come è uscita fuori?
EO: Per caso, negli archivi della nostra etichetta. Era stato deciso di utilizzare qualcosa di Adelchi e quando vedemmo quel disegno capimmo che era fatto apposta per descrivere il nostro Inferno.
Domanda scontata e classica, resa ancor più indispensabile considerato il fatto che la vostra apparizione nel mondo musicale è stata più che altro come il passaggio di una meteora: che fine avete fatto dopo il 2°disco?
JS: La fine delle Metamorfosi la associo ad un periodo disastroso un po' per tutta la scena, salvo pochi come la PFM ed il Banco. La nascita dei cantautori è stata per me l'autentica nostra rovina, perché le case discografiche hanno ritenuto più opportuno supportare soltanto una persona, piuttosto che cinque-sei.
EO: Io invece credo semplicemente che questo genere era finito, un po' come succede in tutti i cicli, anche commerciali, se vuoi. Era finito un ciclo, per cui l'interesse economico era venuto meno. E' rimasto poi un movimento che, come dicevi tu, è stato seguito da pochi appassionati ma che a livello di fenomeno di massa si è esaurito e quindi le case cercavano altre fette di mercato, una cosa credo normale.
JS: Peccato, solo da noi è così, perché se vai negli Stati Uniti esiste un pubblico per tutti i generi musicali, dal folk al jazz. Un cantante nasce e muore sempre con un suo pubblico consolidato.
Tornando a voi in particolare, le cause del vostro scioglimento quindi sono state molteplici, per quanto posso intuire.
JS: Sì, ci sono stati problemi personali, di budget, ma soprattutto di spettacoli perché stava per finire questo momento magico dei concerti degli anni 70.
EO: Soprattutto la crisi dei concerti, perché per noi quella era la vita, d'altronde dopo aver fatto il disco, cosa fai, stai a casa ad aspettare? Devi seguitare a viverla la cosa, a maturare, a crescere.
Una domanda ora fondamentale: vi siete sciolti senza aver messo in cantiere niente, oppure avevate già progettato qualcosa, magari il seguito di Inferno?
JS: Il progetto c'era, come già sai, ed è stato messo in provetta (23 anni! - ndA).
EO: Parliamone senza remore, non ti preoccupare. Il progetto c'era e d'altronde è abbastanza ovvio immaginarlo: la Divina Commedia non è fatta solo dall'Inferno. Si era saltato a mo' di protestanti il Purgatorio che non ci piaceva granché, forse musicalmente non ci stimolava, ma sul quale vorremmo ritornare, ora che abbiamo deciso di portarla a termine. All'epoca il progetto era il Paradiso, l'opposto quindi, con una visione soggettiva anche diversificata, il Paradiso come l'Eden o, come lo vede Jimmy, il Paradiso con il Dio duro, statuario e con il bastone in mano; il risultato di lunghe chiacchierate tra me e Jimmy, come abbiamo sempre fatto prima di scrivere qualcosa.
Con lo scioglimento del gruppo, cosa avete fatto separatamente: innanzi tutto, gli altri componenti sono spariti?
JS: Io non li ho più sentiti.
EO: Gianluca il batterista ha proseguito soprattutto nei club di musica sudamericana, ma fa anche il pilota di aerei ed è maestro di karaté. Roberto il bassista era già da allora il più moderato fra di noi ed infatti fa l'impiegato al comune e vive tranquillo a Ladispoli.
JS: Roberto era un po' l'archivista del gruppo: collezionava tutti gli articoli e le foto su di noi.
EO: Io invece ho proseguito perché nel momento in cui questa grossa cosa - perché per noi era una grossa cosa -era finita non mi era certo rimasto un buona sapore in bocca per cui, per dirla terra-terra, visto che dovevo far la puttana, tanto valeva farla per bene in modo da poter comunque risollevare le sorti in attesa di ricominciare, Ho lavorato tre anni in teatro con Toni
Cucchiara in Caino e Abele, una grossa tournée, e suonavo, mi ricordo, con l'oggi popolare maestro televisivo Gianni Mazza, girando l'Italia.
Successivamente ho lavorato sempre a teatro con Renato Rascel per altri due anni, sempre come tastierista. Devo anche citare una strana esperienza fatta come direttore di banda durante il militare e nata per caso: per evitare le guardie ho iniziato a suonare il bombardino facendo finta di saperlo suonare, dopodiché hanno scoperto che facevo il musicista e mi sono trovato a dirigere e ad arrangiare per una banda. Un'esperienza che oggi ritengo utilissima perché,a spese dello Stato, ho imparato a fare gli arrangiamenti per fiati!
Inoltre, già durante il militare, facevo le prime serate come tastierista aggiunto negli Alunni del Sole con i quali suono ancora oggi, quindi 17 anni come Alunno aggiunto. Vedo la sorpresa nei tuoi occhi, ma tieni conto che per me è un divertimento, facciamo serate, la musica dei fratelli Morelli è piacevole ed io li conosco da talmente tanto tempo... JS: Per quello che mi riguarda, dopo lo scioglimento c'è stato in me un senso di vuoto, di nausea terrificante, ho lasciato perdere per qualche anno e sono andato negli Stati Uniti. Poi nel 1977 ho ricevuto una proposta e ho realizzato un album in cui mi chiamavo Thor, non è stato un compromesso, è stata una mia scelta.
Successivamente ho fatto un altro album, Uomo irregolare, che ritengo essere un bel disco, con un'ottima produzione anche a livello vocale, ho usato la voce diversamente rispetto al passato, ci sono state collaborazioni di spicco come Walter Calloni e Mauro Pagani ed è stato registrato al castello di Carimate. Mi ricordo la presentazione dell'album, fatta a Riccione al meeting della Fonit Cetra, che lo distribuiva: erano impazziti, volevano farmi fare televisione, addirittura uno special di un'ora su Rai Uno. Invece poi successe che la Fonit andò in causa, non so per quali motivi, con la Ciao Records per parecchi miliardi e ciò bloccò il mio disco dopo aver venduto 5000 copie in un mese e fini così, come anche un disco di Vecchioni e uno di Leali.
Parliamo dei nuovi progetti; sono affiorati qua e là nel corso della chiacchierata ed è ora di parlarne meglio. Vent'anni fa si vendevano molti più dischi di oggi: Inferno vendette 15.000 copie e fu un discreto successo; se ne vendesse altrettante oggi andrebbe in classifica. Cosa vi aspettate dal pubblico e dal mercato discografico?
JS: Oggi i ragazzi non sono messi in grado di conoscere questa musica, c'è come una barriera, un muro che va abbattuto. Basterebbe che i giovani ascoltassero queste cose: ho conosciuto un gruppo di 10-15 ragazzi che ascoltando la nostra musica ora compra solo queste cose. Sono molto importanti tutti gli anelli della catena, radio, televisione e soprattutto i giornali, che ci sia un'apertura da parte dei giornalisti della carta stampata. Comunque non si può mai dire, perché sento nell'aria un certo movimento anche se non riesco ad identificarlo bene.
EO: Del resto stiamo assistendo alle ristampe di molti prodotti dell'epoca, per cui ciò può essere anche un fatto commerciale, ma se vogliamo anche culturale, l'esigenza da parte della gente di ascoltare musica valida dopo il vuoto degli anni '80 in cui la musica ha avuto in prevalenza, credo, poco spessore, e con ciò intendo dire poca preparazione, poca attenzione al fatto strettamente musicale e molto risalto invece all'apparire, allo scintillare. C'è forse nuovamente la voglia di riascoltare la musica con attenzione, senza relegarla ad un fatto di mera compagnia di ascolto o di filodiffusione, per intenderci. Con molta probabilità, se ci fosse tra noi che abbiamo fatto queste cose all'epoca, una volontà di associazionismo, un riunirsi fra i gruppi preminenti e creare un qualcosa che possa promuovere questo genere di musica, credo che ci sia terreno fertile per fare qualcosa di buono. Sai, allora non ci siamo mai sentiti integrati in un movimento e questo è anche un po' triste, ma è la nuda e cruda verità. Parlando dei nostri progetti dunque c'è il programma di completare il progetto iniziato con inferno: non so se usciremo prima con il Paradiso, ma credo comunque di sì, poi successivamente aggiungeremo questo benedetto Purgatorio, fatto sta che io mi sono comprato una Divina Commedia grossa così (gesto con le mani indicante tomo unità di misura Treccani - ndA). D'altronde anche prima di risentirci con una certa frequenza come negli ultimi mesi, io e Jimmy abbiamo avuto lo stesso feeling su questo progetto da tanto tempo accantonato; io personalmente già ero partito a scrivere delle cose e casualmente, ma fino a un certo punto, le nostre strade si sono nuovamente incrociate. Ora dobbiamo lavorare su un pacco di spartiti del 1973 da me composti nei momenti di buco dello spettacolo Caino e Abele, che sono la partitura orchestrata dell'ultimo cielo del Paradiso. Chiaramente ho cominciato dalla fine, mi piaceva molto anche se l'orchestrazione letta oggi mi fa un po' sorridere; quindi io sono andato avanti per conto mio, Jimmy per conto suo ed ora credo sia molto bello mettere insieme tutto e farne un discorso unitario: lavorarci sopra sarà molto divertente. Una cosa è sicura: il progressive è progressive anche nel '95, quindi non andremo a ricercare quel suono di moog perché fa vendere o perché richiama l'epoca, sarà quindi una cosa fatta con gli strumenti odierni, una cosa che è vicina a tutti noi oggi e non una cosa nostalgica. Un'ottima idea del nostro odierno pensiero musicale potrete presto ascoltarla col brano Mururoa che verrà incluso sull'antologia curata da Guido Bellachioma, un brano nato non per caso, anzi piuttosto ricercato, nel quale il povero Jimmy ha a che fare con una prima parte senza precisi riferimenti armonici ma che, dopo una rapida assimilazione, ha interpretato come suo solito (e che interpretazione... il finale è da brividi!!! - ndA).
JS: METAMORFOSI vuol dire evoluzione, cambiamento, ma tutto ciò rispettando sempre quelle che sono le nostre radici, senza mai abbandonarle. Paradiso sarà comunque un disco del 2000 e non del 70 ed anche Mururoa, pur essendo molto diverso da ciò che proporremo con l'album concept, è espressione di questo modo di concepire la nostra musica. Io posso solo dire che per me progressive vuol dire musica piacevole, che ti fa star bene dentro, e non un gran casino o il puro esercizio tecnicistico senz'anima. Noi suonavamo quello che ci piaceva, quindi non credo che la nostra musica sia molto differente da allora, è il nostro istinto, senza barriere e senza preconcetti. Anche quando ascolto non ho preclusioni, sento tutto quello che mi piace e vaglio, raramente però incamero perché non voglio farmi condizionare.
Un'ultima domanda, quasi scontata la risposta, ma tant'è: vi fa piacere la nascita di nuove riviste e fanzine intorno a questo movimento?
JS: E' molto importante e ci fa molto piacere. Per noi è la linfa vitale che ci spinge a creare. Io ti ripeto che è come abbattere il muro di Berlino, dove poi la gente corre dall'altra parte a vedere cosa c'è. Ho sentore che nell'aria ci sia questa possibilità. Magari!
EO: Guarda che anche negli anni 70 era così. Bisogna pensare che il progressive è una musica che non avrà mai la prerogativa di poter rappresentare un fenomeno di massa, mi stupirei del contrario, quindi è normale secondo me una certa selezione, un certo elitarismo. Il diffondere il più possibile questo tipo di musica è fondamentale per la sua crescita, mentre per noi è importante fare quello che ci piace fare. E con questa frase spengo il registratore lasciando Enrico e Jimmy intenti già a parlare di pezzi inediti e di spartiti ritrovati in attesa di lavorazione.
Non sappiamo se sarà Purgatorio o Paradiso, ma di sicuro sappiamo di aver ritrovato due anime nei meandri della Musica. Buona fortuna METAMORFOSI!
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