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CARPANI, ALEX Valentino Butti
 

“4 Destinies” è il terzo album di Alex Carpani, dopo i buoni riscontri avuti con “Waterline” e soprattutto con “The sanctuary”. Abbiamo approfittato dell'uscita del nuovo lavoro per fare due chiacchiere con l'artista.


Ciao Alex e benvenuto su “Arlequins”. “4 Destinies” è il tuo terzo album prog e, come i precedenti, è un concept album. Vuoi parlarci delle tematiche presenti in questa tua ultima fatica? E le differenze musicali rispetto ai due precedenti lavori.

La tematica principale è quella del destino, ovvero dei molteplici possibili destini che si possono incontrare nella propria vita e delle scelte che porteranno a percorrere un destino piuttosto che un altro.
Musicalmente “4 Destinies” è forse più maturo rispetto ai due album precedenti, con una maggiore attenzione alla produzione ed un sound sicuramente più moderno, anche se si riconoscono le mie caratteristiche principali, come le tastiere in primo piano, i momenti sinfonici, le armonie ed i ritmi complessi.

In “Waterline” ti avvalevi della presenza alla voce di Aldo Tagliapietra e di numerosi ospiti a dare “colore” alla tua musica. A partire da “The sanctuary” invece ti sei fatto carico anche delle parti vocali e hai una vera e propria band alle tue spalle (che ha subito comunque qualche cambiamento in “4 Destinies”). Ci vuoi spiegare i perché di questa scelta?

”Waterline” è stato prodotto interamente dall'etichetta USA Cypherarts e non ho avuto praticamente il controllo della produzione, mentre in “The Sanctuary” e in “4 Destinies” sì, quindi ho potuto scegliere con chi collaborare.
Negli ultimi due album, poi, ha collaborato direttamente anche l'ACB e questo è stato fondamentale perché ha sancito l'importanza che i musicisti che collaborano con me hanno in tutto ciò che faccio. Ettore Salati è con me dall'inizio, dal 2006 e ormai ci capiamo al volo senza bisogno nemmeno di parlare, nemmeno sul palco quando suoniamo. Dal 2011 c'è Giambattista Giorgi al basso, un bassista dal talento straordinario, mentre da quest'anno abbiamo una grande vocalist, Joe Sal, al secolo Giorgio Salati, fratello di Ettore. Alla batteria, dal 2012, con noi c'è Alessandro Di Caprio, arrivato dopo numerosi cambi.

Sempre ricordando gli artisti che ti hanno accompagnato in questi anni. Nei primi due album le copertine erano di Paul Whitehead, un nome storico del progressive mondiale per aver prodotto, tra le altre, alcune copertine per i Genesis. Come è nata la collaborazione con l'artista britannico?

L'ho conosciuto a Los Angeles nel 2004 quando andai là ad incontrare il mio produttore di allora, Dan Shapiro, prima della pubblicazione di “Waterline”. Tutto il merito è stato di Aldo Tagliapietra, che mi ha messo in contatto con loro dopo aver sentito il demo di “Waterline”.
Con Paul la collaborazione per i primi due album è stata interessante e stimolante e, addirittura, lui realizzava le copertine prima ancora che io finissi gli album. In conseguenza di questo, i titoli dei brani e, a volte, anche i testi, mi venivano suggeriti da ciò che Paul aveva dipinto sulla tela. E' un bell'esempio di work in progress...

Nell'ultimo lavoro invece utilizzi come copertina “L'etrusco”, un opera dell'artista Michelangelo Pistoletto. Ci vuoi spiegare il perché di questa scelta?

La fotografia che ritrae quest'opera, con tutte le riflessioni della luce e dell'immagine provocate dai numerosi vetri della stanza, mi pareva perfetta per rappresentare il concept alla base del disco. Scattai questa fotografia nel 2009 al museo di arte moderna di Fort Worth, in Texas e non avrei mai immaginato di utilizzarla un giorno come copertina di un mio disco...

Non possiamo fare a meno di notare la presenza nella tua band di David Jackson...

Certo, David è un amico, oltre che un artista con cui collaboro ormai da due anni. Abbiamo fatto tanti concerti insieme in tutto il mondo e ogni volta è un gran divertimento, sia per noi della band, sia per lui. E' un entusiasta, un ragazzino e un professionista incredibile. Nel disco ha dato un contributo magnifico, essenziale.

Come è cambiato (se è cambiato) in questi ultimi anni il tuo modo di scrivere? Salta subito all'occhio che le composizioni di “4 Destinies” superano ampiamente i 10 minuti, mentre in precedenza erano molto più brevi, ma la lunghezza dei brani è comunque un fattore secondario...

Ogni album rappresenta un passo avanti, almeno per me. Non amo ripetere gli stessi percorsi, quindi sperimento sempre nuove direzioni, pur mantenendo le mie caratteristiche e peculiarità. In “Waterline” c'era un'atmosfera 'pastello' con diversi momenti jazz-rock, in “Sanctuary” c'era una musica potente, sinfonica, ultra-tecnica e, in generale, il tutto era monolitico. In “4 Destinies” ho lasciato molto più spazio alle parole ed al cantato e ci sono meno virtuosismi. Diciamo che il tutto assomiglia più ad una forma-canzone dilatata in forma di suite.

Le liriche dell'album sono (anche all'interno di uno stesso brano) sia in inglese che in italiano. Ci vuoi spiegare il motivo?

E' la mia anima cosmopolita. Sono italiano, ma anche francese, sono nato in Svizzera, amo la musica anglosassone, quindi questo mix mi consente di esprimere le mie varie 'anime', oltre ad essere internazionale ed italiano allo stesso tempo.

Facciamo qualche passo indietro. Parlaci un po' della tua formazione musicale e non solo...

Ho iniziato a suonare all'età di sei anni ed ho avuto una formazione classica, anche se non accademica. Ho studiato l'organo elettronico, il pianoforte, il solfeggio, l'armonia. Mi sono laureato al DAMS di Bologna in musicologia e mi sono diplomato al CET di Mogol in musica da film. Ho fatto anche corsi e master di specializzazione in sound engineering, informatica musicale, ecc.

...ed inoltre dei tuoi progetti in ambiti musicali diversi dal prog.

Tutta la produzione antecedente al 2007 è autoprodotta e spazia in vari generi: dalla musica elettronica all'electro-jazz, dalla musica unita alla poesia al drum'n'bass, dalla musica sinfonica alla musica new age, dalla musica per audiovisivi alla musica per il teatro. Spero un giorno di poter pubblicare alcune delle cose di quel periodo. In tutto sono ben 34 album dal 1990...

Conosci la scena progressive italiana? C'è qualche gruppo od artista che stimi particolarmente? Cosa manca a questo “genere” musicale per farsi conoscere maggiormente? Solo il contesto “storico” o la situazione è più complessa...?

Mi piacciono molto i Moongarden del mio amico e collaboratore Cristiano Roversi, così come i Mangala Vallis di Gigi Cavalli Cocchi, altro collaboratore. Ascolto anche le nuove produzioni recenti, anche se non ho molto tempo per l'ascolto purtroppo.
Le problematiche sono sempre le solite: ciò che non è riconducibile a logiche di marketing musicale e non rientra in certi canoni commerciali ben definiti, non arriva al grande pubblico e rimane in un'area molto circoscritta. A questo si aggiunge il fatto che la musica ricercata è sempre più destinata ad un pubblico ricercato, complice anche la de-culturizzazione in corso sia qui da noi che all'estero.

La tua proposta si rifà invece più alla scena britannica e poco ha da spartire con il movimento “pop” italiano degli anni 70 come magari avviene per altre band...

Sì, è vero. Anche concettualmente mi muovo più in quell'universo. Il fatto di essere nato all'estero e di avere sangue misto ha sicuramente contato nella mia formazione. Però mi sto togliendo parecchie soddisfazioni in questo momento, collaborando con Aldo Tagliapietra, Bernardo Lanzetti e Lino Vairetti nel mio progetto VOX in PROGress. E' emozionante suonare con loro il prog italiano degli anni '70.

L'annoso problema dei concerti e degli spazi dove suonare musica di qualità credo colpisca anche la Alex Carpani Band, ma forse in misura minore. Sono ormai parecchie le tue date in Italia e all'estero e crescono ad ogni nuovo album. Ci parli della tua esperienza in proposito (spazi, visibilità, pubblico...)?

Quest'anno festeggeremo i 100 concerti. Abbiamo suonato in 20 Paesi, in 3 continenti, partecipando ai maggiori festival prog internazionali, quindi non ci possiamo certo lamentare. Tutto questo, però, è faticoso e richiede molto lavoro di preparazione, organizzazione e promozione, quindi occorre sempre darsi da fare perché non ti vengono a cercare a casa... Inoltre c'è molta concorrenza e occorre essere determinati e tenaci.

“4 Destinies“ è uscito da poco, quindi forse sei occupato nella sua promozione, ma stai comunque elaborando qualche nuova idea per il prossimo album?

Il prossimo album è già scritto, almeno a livello di musica. Mancano i testi che scriverò quest'estate quando avrò una pausa dai concerti e dal resto. Vorrei iniziare la produzione l'anno prossimo, lavorando con molta calma e senza l'assillo di dover chiudere il progetto entro una certa data. Non so quando uscirà, forse nel 2016, comunque sarà un album molto diverso dai precedenti, che segnerà una svolta nella mia produzione.

Hai suonato un po' dappertutto in questi ultimi anni e ti sei tolto parecchie soddisfazioni. Ti rimane un rimpianto, un “poteva essere ma non è stato”, un luogo dove ti piacerebbe suonare la tua musica, un sogno nel cassetto?

Vorrei suonare negli USA, dove abbiamo fatto un solo concerto nel 2008. Vorrei suonare anche al festival di Lorelei, in Germania. Più che 'sogni' sono obiettivi a medio termine, che spero di riuscire a raggiungere. Poi ci sono artisti con cui mi piacerebbe collaborare, ma di cui non posso fare i nomi perché ci sono contatti in corso.

Grazie mille Alex per la tua disponibilità e a presto.

Grazie a voi per l'opportunità e complimenti per Arlequins, che seguo sempre con attenzione.


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