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BACIO DELLA MEDUSA (IL) Valentino Butti
 

A giugno di quest’anno è uscito “Seme*” il quarto album in studio del gruppo umbro. Abbiamo incontrato la band per parlare della nuova pubblicazione e di molto altro…


Buongiorno ragazzi…. oltre 15 anni di BDM… praticamente sempre con la stessa formazione o quasi…. un gioco di dinamiche ormai consolidato…

Diego Petrini: Ciao a tutti i lettori di Arlequins. Sì Valentino, ormai sono 17 anni di attività del BDM con questa formazione.
Credo che lo stile tipico di ogni musicista sia fondamentale per il sound di una band poichè fornisce una sorta di marchio di riconoscimento per l’ascoltatore, a mio parere alla base di ogni gruppo valido; oltre al legame musicale sussiste un grande rapporto umano di amicizia che ci lega da molto tempo e che per noi è fondamentale, sia ai fini della collaborazione creativa che al mantenimento degli equilibri di un gruppo composito come il nostro.
Per quanto riguarda Seme* è entrato stabile nella line-up il chitarrista Simone Matteucci il quale ha contribuito a una modernizzazione del suono della band anche sotto il profilo tecnico.

“Seme*”, la vostra ultima fatica discografica (uscito in versione CD, LP e MC addirittura…), evidenzia sin dalla copertina qualche novità…

Eva Morelli: Dopo la trilogia S/T, Discesa e Deus Lo Vult, le cui copertine sono state magistralmente realizzate da Federico Caprai in una sorta di unico concept pittorico sviluppato nel tempo, Seme* ci ha portati ad una esigenza di immediatezza e di radicalizzazione grafica che andasse di pari passo con i contenuti e lo spirito stesso dell’album. E così, ispirati dal titolo dell’album e dalle splendide copertine Cramps, ecco che la nostra scelta si è indirizzata verso il seme di un fagiolo autoctono del nostro lago, la fagiolina del Trasimeno che, fotografato in macro, esce iconico dall’oscurità e si fa così ambasciatore dei mille significati dell’immaginario collettivo: seme come origine, motivo o causa, seme dell’idea, seme della rivoluzione…

Cosa è cambiato (se è cambiato qualcosa) nel vostro approccio compositivo nel corso di tutti questi anni?

D.P.: Direi che è cambiato molto. Non ci piace ricalcare i cliché che abbiamo già percorso in passato e questo ci porta inevitabilmente ad attuare una ricerca approfondita sui più disparati generi musicali e sul suono, anche se l’atto creativo primordiale musica-liriche resta sempre il medesimo. Inoltre credo che, producendo musica concettuale, la composizione debba essere coerente con le tematiche affrontata nei brani. Anche gli anni che scorrono portano inevitabilmente a dei cambiamenti nella sfera emotiva e, visto che per me è un grande errore dei nostri tempi separare la musica dalla vita, il cambiamento nel comporre diviene quindi un fatto automatico. Tuttavia cerchiamo sempre di mantenere viva la matrice stilistica del BDM che ci permette di conservare il nostro stile intatto e ben riconoscibile.

Parliamo un po’ di “Seme*”: la sua genesi, i suoi testi, le musiche, la registrazione, la batteria… elettronica…

D. P.: Seme* ha una storia molto lunga che parte dai primi anni del nuovo millennio, e da questo deriva anche la frase “Fatti custode del Seme” che sta a rappresentare sia la lunga gestazione dell’album che l’importanza di conservare l’idea creativa (e in genere tutte le cose…) fino a quando i frutti sono maturi.
Infatti, con Simone Cecchini, sin dall’inizio pensavamo di creare un social-album venato da varie influenze di genere musicale; questo ci ha permesso di spaziare in diversi territori sonori e di affrontare nuove tematiche che parlassero delle contemporaneità dell’uomo del XXI secolo e delle sue problematiche, dal cambiamento radicale di sistema (in “Seme”), all’emarginazione sociale (in “5 e 1/4”) fino alla presa di coscienza e abbandono (in “Sveglia!” e “Sudamerica”), al nuovo amore dell’uomo per l’intelligenza artificiale (in “Animatronica Platonica”), fino a momenti più riflessivi dell’animo umano (“La Sonda”, “Sentiero di Luce” e “Animaemotica”). In tutto ciò ovviamente musica e liriche sono andate a braccetto nella rappresentazione delle immagini.
Per quanto riguarda sia le composizioni (volutamente molto varie e estremamente coerenti tra loro) che gli arrangiamenti, rivisti in sala prove con cura certosina, siamo riusciti a cambiare il nostro sound verso la modernità sonora senza però trascurare il nostro stile (la timbrica vocale e la chitarra acustica di Simone, le melodie di flauto traverso e sax di Eva, l’inciso di chitarra di S. Brozzetti e il potente jazz bass di Federico…), marchio di fabbrica di ogni band che si rispetti. Anche l’entrata del nuovo chitarrista Simone Matteucci ci ha permesso di esplorare nuove sonorità e di espandere i nostri orizzonti verso il metal, l’hip pop e la musica jazz (es. “Uthopia… il non luogo”) anche durante le registrazioni in studio, divenute più rapide e maggiormente incisive.
Mi sono molto divertito sia con l’utilizzo della drum-machine che con i campionamenti in “Animatronica” e in “Animaemotica”: in questi brani ho cercato di creare un suono ritmico asettico (per dire) come a voler negare un qualsiasi contatto emozionale tra la macchina (droide) e l’uomo. Inoltre l’utilizzo dei sintetizzatori a discapito del classico organo secondo me ha evoluto ulteriormente il suono globale del BDM scostandosi dalla vecchia arcadia per abbracciare il “futurismo”.

In una precedente intervista (di 10 anni fa…) evidenziavate le difficoltà incontrate per esibirvi dal vivo. Negli ultimi tempi -giugno-luglio 2018- siete riusciti ad inanellare qualche data. Oltre alla riproposizione dell’ultimo album, quali altri pezzi presentate? Come sono stati i riscontri in ambienti molto diversi come Milano e la vostra Umbria? Avete qualche altra data in programma nell’immediato futuro, magari all’estero, ulteriore sbocco per la vostra proposta?

Simone Cecchini: Sicuramente negli ultimi dieci anni le possibilità di suonare dal vivo per chi propone musica originale sono diminuite ulteriormente. Inversamente proporzionale invece è stato l’aumento della richiesta da parte dei gestori dei locali e del pubblico di Tribute Band o Cover Band. Non vogliamo assolutamente sminuire o criticare i musicisti che oggi giorno abbandonano la propria via creativa prestandosi a questo tentativo di clonazione di personaggi già affermati ma in questo modo è inevitabile che le occasioni per chi propone musica d’autore si siano ridotte ai minimi termini. Sia in Italia che all’estero ci sono Festival capaci di dar voce a chi ancora propone musica originale ed anche dei locali che non si sono arresi al fenomeno delle Tribute Band.
Per quanto riguarda le esibizioni del “Bacio” la risposta è sempre buona, i nostri Fan sono sempre in crescita e stiamo scoprendo tanti appassionati anche tra le nuove generazioni. Credo che si tratti di cultura in generale, di educazione all’ascolto… se ci fossero più occasioni per chi fa musica un po’ più ricercata di farsi ascoltare, ci sarebbero di certo più persone preparate a un ascolto approfondito, meno passivo e meno superficiale.
D. P.: Concordo con Simone e sostengo da molto tempo che le tribute band possano esistere, ma non come unico fenomeno live possibile perché così si crea un grave equivoco; questo fenomeno è presente sistematicamente ormai da anni anche nei social media, nella televisione pubblica e nella radio. Troppo spesso siamo costretti ad ascoltare solo e quasi esclusivamente musica da sottofondo per centro commerciale priva di contenuti e domande…
Per quanto riguarda le prossime date live abbiamo in programma per l’ autunno dei bei concerti che saranno comunicati a breve!

Vi siete sempre presi pause piuttosto lunghe tra un album e l’altro. Una scelta voluta in attesa della giusta scintilla creativa? Sarà lunga l’attesa di un successore di “Seme*”, dunque? Oppure avete già del materiale sul quale lavorare?

S. C.: Le pause del BDM tra un album e l’altro sono diventate un marchio di fabbrica della Band, tuttavia vorremmo metterci subito al lavoro per dare al pubblico qualcosa di nuovo in tempi brevi. Non siamo mai stati smaniosi nel voler a tutti i costi scrivere. Ritengo che a volte sia preferibile attendere l’ispirazione piuttosto che andarla a cercare freneticamente.

Qualche anno fa, era il 2012, con “La trasfigurazione” alcuni di voi hanno dato vita al progetto Ornithos e più recentemente, nel 2016, Simone ha partecipato al progetto Fufluns con “Spaventapasseri”. Due lavori di qualità, piuttosto diversi (ma anche con qualche analogia) rispetto alla proposta de “Il Bacio”. Pensate di dare un seguito a questi album?

S. C.: Sia il progetto Ornithos che quello dei Fufluns sono state delle importanti occasioni di contaminazione e crescita per i componenti del “Bacio” e di canalizzazione di tutte quelle spinte creative che non erano stilisticamente compatibili con quanto proposto dal BDM.
Per quanto mi riguarda i Fufluns mi hanno davvero fatto maturare, sia dal punto di vista artistico che umano. Grazie ad Alfio (Costa), che è un po’ più grande di me, ho potuto smussare certi aspetti spigolosi del mio carattere e sicuramente lavorare con altri musicisti mi ha permesso di mettermi alla prova su nuove metodologie di stesura dei testi. Per il futuro posso anticiparti che abbiamo già qualcosa in cantiere al quale stiamo lavorando. Ovviamente le tempistiche sono dettate dalle distanze che ci separano e dai numerosi impegni che abbiamo con le nostre Band di provenienza.
D. P.: Per quanto riguarda gli Ornithos stiamo preparando una sorpresa per i nostri fan che uscirà per il mercato digitale; in più sto personalmente lavorando alla stesura e all’arrangiamento del mio primo album solista.

Vi ringraziamo molto per la disponibilità dimostrata e a presto con Il Bacio Della Medusa!

Grazie a te Valentino e un abbraccio rock a tutti i nostri fan!



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