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BIBBO', PIERPAOLO Nicola Sulas
 

A dodici anni dalla precedente intervista, torniamo a parlare di musica con Pierpaolo Bibbò. L’occasione è la pubblicazione del nuovo album, “Razza umana”, il quarto della sua carriera solista.


Ciao Pierpaolo,puoi parlarci di “Razza umana” e della sua realizzazione?

“Razza umana” è per me un album molto speciale, figlio di un periodo della mia vita, e di quella di tanti altri esseri umani, piuttosto “particolare”.Il filo conduttore dell'intero lavoro è, nonostante il titolo, “IL TEMPO” e il suo scorrere inesorabile. La razza umana occupa solo un brevissimo segmento nella lunga linea rappresentata dai 4.700.000.000 di anni che il nostro sistema solare, secondo gli scienziati,ha di vita. Non per niente l'album inizia con un brano intitolato “Eravamo giovani” e si conclude con un altro dal titolo “L'estinzione”.
La registrazione, iniziata nella primavera 2019, si è conclusa un anno dopo in pieno periodo di lockdown, non senza difficoltà. In particolar modo, a lavoro praticamente pronto per il mixdown, ho dovuto attendere alcuni mesi per poter registrare la traccia, per me fondamentale, contenente il violino di Luca Agnello in “Il Dio tempo”, dal momento che lui si trovava all'estero.
Notevoli anche le difficoltà, superate solo nel novembre 2020, incontrate per registrare il duetto vocale con Massimiliano Congia nel brano “Il cantastorie, e preciso che questa canzone è stata composta appositamente per essere cantata insieme a lui.

Ho notato una sorta di filo conduttore nei tuoi tre album recenti. È una cosa voluta?

Sia a livello musicale che tematico esiste indubbiamente questo filo conduttore, soprattutto nell'introspezione che, credo, accomuni molti dei miei testi. Senza che vi sia una volontà esplicita, questo ipotetico filo credo sia una componente insita nelmio pensiero.

Pensi che esista una forte connessione anche con “Diapason”?

Ne sono convinto. Quando, dopo trentadue anni dalla sua pubblicazione, decisi, non senza dubbi e vari ripensamenti, di avventurarmi in una nuova produzione (“Genemesi”), ripresi ideologicamente il discorso iniziato con Diapason. Alcune composizioni dell'album pubblicato nel 2012 risalivano addirittura al 1974.
Devo renderti merito del fatto che, dopo un'intervista che mi facesti nel lontano 2009, decisi di terminare “Genemesi”, rompendo ogni indugio.

Come vedi dal punto di vista creativo la diversità di mezzi utilizzati per Diapason e quelli tecnologici deglialbum recenti? Pensi che la possibilità di avere uno studio di registrazione all'interno del computer facilitando enormemente il processo di realizzazione tecnica abbia un'influenza fondamentale nella creatività?

Quando realizzai Diapason disponevo di un registratore 4 tracce, un mixer a 8 canali e poche altre cose. Anche gli strumenti musicali a disposizione erano pochi e di qualità non eccelsa. Dal momento che le tracce a disposizione erano solo 4, si rendeva necessario l'uso dei premixaggi, senza possibilità di tornare indietro in caso di errore. Insomma, fu una vera e propria impresa che, insieme all'amico musicista Adriano De Murtas,
che suonò le tastiere in ogni brano, portammo a termine con molta fatica e spirito di collaborazione.Lavorammo fianco a fianco, tutti i giorni, per oltre nove mesi.Allora, per i motivi che ho spiegato, tutto andava pianificato a tavolino prima di iniziare a registrare.
Oggi, con centinaia di tracce, strumenti virtuali e reali, ogni tipo di effetto a disposizione e possibilità di poter modificare in qualsiasi momento ogni aspetto del progetto, tutto sembra più facile. Ho detto “sembra” perché, in alcuni casi, l'abbondanza di opzioni può rivelarsi un'arma a doppio taglio, creando la cosiddetta “paralisi da indecisione”.
Ad ogni modo non tornerei indietro per niente al mondo. Oggi gran parte del processo creativo avviene proprio in studio. Capita pure che questa fase ti porti su sentieri sconosciuti e, alla fine, il risultato si discosti anche di molto dall'idea di partenza.Comunque, indubbiamente, avere il proprio studio di registrazione permette di lavorare con i giusti ritmi, senza pressioni o condizionamenti di sorta.

In tutti i tuoi dischi sono presenti alcuni temi ricorrenti come la religione e il ricordo del passato.Come mai ti interessano tanto queste tematiche?

L'argomento “religioni” ha sempre esercitato su di me un fascino particolare. Mi colpisce la necessità, a volte ossessiva, dell'essere umano di voler credere che ci sia un'entità che governa l'universo e le nostre vite.
Dalle divinità delle antiche culture al Dio onnipotente delle religioni monoteistiche, ciò che accomuna le varie fedi è il concetto che l'uomo sia stato creato a sua immagine e somiglianza. Col tempo però, ho maturato la convinzione che sia l'esatto opposto.Spesso mi capita di definirmi, fra il serio e il faceto, “ateo non praticante”, il che, credo,sintetizza il mio pensiero più di mille parole.
Il mio rapporto col passato è invece più di natura narrativa che nostalgica. Mi piaceconsiderarmi un osservatore e narratore, a volte anche emotivamente coinvolto, dello scorreredel tempo.

Che riscontri di critica e vendite hai avuto questi ultimi anni? I tuoi album recenti hanno creato nuovamente interesse in Diapason?

Premetto che con questo genere musicale non si realizzano grandi volumi di vendita, ameno che non siano album di band famose.
La M.P.& Records e la G.T. Music Distribution, che hanno pubblicato i miei ultimi tre album, hanno messo particolare impegno nella produzione di “Razza umana”.Ciò si è tradotto in una veste grafica particolarmente curata sotto ogni aspetto.
La buona notizia è che nella prima settimana di marzo l'album si è collocato al 191° postodella “ iTunes Top 200 Releases Japan Rock Chart”. Il mercato discografico giapponese, per fortuna, è particolarmente benevolo nei confronti del progressive nostrano. Molto attenti anche i mercati dei paesi nordici e, incredibilmente, anche quello inglese, che apprezza il progressive italiano soprattutto se cantato (udite, udite!) in lingua originale.
Non so dirti se i miei nuovi lavori abbiano o meno risvegliato l'interesse in “Diapason”, dal momento che questo album è praticamente introvabile sia su vinile che su CD.

Penso che Diapason meriti una ristampa in vinile. Non hai ricevuto proposte a riguardo?

Purtroppo non so darti una risposta a questo quesito.I diritti di copyright appartengono a “La Strega Records” che per prima ha pubblicato il vinile nel 1980. Non so se la “Mellow Records”, che ha stampato il CD nel 1994, abbia acquisito i diritti e, soprattutto, se abbia interesse a ristamparlo.
Purtroppo come ho già detto, i pochi vinili che ancora si trovano in rete hanno prezzi che scoraggiano i più e mi risulta che i CD siano “sold out”.

Come vedi la tua attività musicale nel corso di tutti questi anni? E hai altri progetti per il futuro, sia in campo progressivo che non progressivo?

Posso ritenermi soddisfatto, considerato che “Diapason” poteva essere il mio primo e ultimo album da solista. Invece, grazie a una serie di fortunate circostanze, sono arrivati“GENEMESI”, “VIA LATTEA” e “RAZZA UMANA”. Per questo sono molto grato a Vannuccio Zanella della M.P. & Records per avermi dato la possibilità di pubblicare i miei ultimi tre album.
Per il futuro vedremo. Ora sono in fase di reset, dal momento che ogni nuovo lavoro mi prosciuga mentalmente e ho bisogno di un po' di tempo per decidere se imbarcarmi in una nuova avventura discografica.

In questi anni non hai sviluppato un’attività live parallela alla realizzazione degli album. Pensi che ci sia interesse e che sia possibile tecnicamente proporre dal vivo uno spettacolo basato sulle tueproduzioni progressive?

Arriviamo al punto dolente. Per un cantautore progressive, ovviamente, diventa più difficile rispetto a una band creare la situazione giusta per promuovere la propria musica.
Diciamo anche che per me non è particolarmente importante ricreare dal vivo le stesse sonorità del disco. Nel 2018, ad esempio, ho presentato “Via Lattea” con una formazione composta da duechitarre acustiche e un violino.
Comunque se dovessero presentarsi le giuste opportunità...


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