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RITUAL Luca Rodella
 

Il primo embrionale raggruppamento dei Ritual si è avuto nei BROED (pane), sestetto dedito alla sperimentazione, alla fusione di vari (e distanti) generi musicali che giunse, come vertice dell'attività, a comporre un pezzo di 45 minuti (Going Far a Walk), mai comunque edito ufficialmente.
Dopo 4 anni di attività, nel 92, venne lo scioglimento ed i tre attuali strumentisti si unirono a Patrik Lundstroem (anche attualmente impegnato in altre band non prog riscuotendo non poco successo dalle sue parti). La nuova identità Ritual risultò sin dalle origini completamente differente (del periodo Broed rimane infatti solamente "Seasong for the Moominpappa") e si è nel corso degli anni perfezionata fino a portare i Ritual a definire la loro attuale produzione come un incontro creativo fra la musica progressiva degli anni 70, il nuovo prog dei giorni nostri ed il folk.
La proposta è radiosa, una musica solare, che sprigiona gioia e serenità; come amano affermare ...è espressione di una qualche relazione sacra fra l'uomo e la natura. E' molto lontana dalle più note posizioni svedesi, non ci sono i mellotron degli Anglagard, l'Hammond dei Landberk o il martellante basso degli Anekdoten e, quando si è chiesto al tastierista se non fossero preoccupati, in fase di composizione, del fatto che la mancanza di tastiere analogiche che contraddistinguono il suono dei principali gruppi svedesi avrebbero potuto spiazzare qualche acquirente, Jon ha risposto deciso No, in quanto non credo che il Mellotron stia bene nella musica dei Ritual; personalmente non mi sono mai interessato allo strumento, so esattamente come funziona ma il suo suono non esercita particolari attrattive su di me e non mi piace neppure troppo.
Se si considera che non appena tu premi il tasto di una di queste tastiere chi ascolta ti ha già inquadrato: suono anni 70, gruppo stile anni 70, tutto anni 70... non voglio rimanere imbrigliato in questo. Voglio provare nuove vìe, nuovi suoni, ancheutilizzare vecchi sintetizzatori ma trovare qualcosa di diverso! Quando gli si fa però notare come nella loro musica si possono comunque trovare elementi derivanti in eguale misura dagli anni 90 come dagli anni 70 ammette E' vero, e più precisamente ciò che deriva dagli anni 90 sono i campionamenti, i suoni e tutte queste cose, dagli anni 70 proviene invece l'attitudine. La musica progressiva è qualcosa di nuovo, non sono gli anni 70... Bjork secondo me è un'artista progressiva!
L'attitudine, l'approccio alla musica rock degli anni 70 è sicuramente la migliore, ma se la puoi migliorare con dei migliori campionamenti, dei migliori suoni di piano o violino penso sia il caso di farlo... questo credo significhi far prog ora. Sinceramente non sopporto la musica che annoia, dischi che dopo due ascolti hanno già detto tutto; secondo me ogni volta che fai girare un disco dovresti trovarci qualcosa di nuovo e per raggiungere questo obbiettivo abbiamo fatto delle scelte particolari. Ogni canzone è ad esempio differente dall'altra e un ascolto superficiale del disco potrebbe farlo apparire disordinato, confuso... di questo si, avevamo paura ma credo abbiamo trovato l'ordine perfetto per i pezzi ed infatti non ci sono stati problemi per gli ascoltatori.
La proposta è in effetti molto eterogenea: spaziano da un prog che ha negli Yes il riferimento per la linea vocale, nei Gentle Giant il modello per gli arrangiamenti e negli Echolyn un paragone per la luminosità degli svolgimenti ad un folk alla Planxty o vicino ai gruppi tradizionali Scandinavi per quanto concerne gli svolgimenti acustici. E gli strumenti acustici caratterizzano non poco il suono del gruppo; quando, additando un hammered dulcimer che occupa il palco, si chiede da dove ne derivi l'interesse, interviene il bassista (nonché, appunto, suonatore di tutti questi) che esordisce orgoglioso: "Sono io che li ho portati, oltre a suonare con i Ritual, mi diletto infatti con altri ensemble folk; credo sì siano inseriti nell'armonia del suono Ritual molto naturalmente ed ora la presenza di queste sonorità è adesso una caratteristica fondamentale del gruppo, che ci identifica in modo molto forte.
Viene spontaneo chiedere al batterista se trovi difficoltà a conciliare l'approccio più aggressivo che dedica a certi pezzi alla necessità di un differente atteggiamento in occasione dei pezzi più acustici e folk. Johan sbuffa: Il difficile è correre dietro a Patrik che continua a cambiare le cose improvvisando! Scherzi a parte, la batteria è uno strumento acustico, quindi si mischia bene con gli altri strumenti che usiamo nei momenti più folk. Ovviamente quando suono pezzi come Solitary Man cerco di utilizzarla come uno strumento che dia un contributo decisivo creando suono, non limitandosi ad accompagnare gli altri, mentre quando facciamo i pezzi più melodici tipo "The way of things", cerco di entrare nella melodia con una approccio più dolce, cerco di far trasportare il suo suono della batteria dall'armonia generale. Ormai viene spontaneo.
Un nuovo brillante tassello si è unito allo splendido mosaico della musica svedese; in attesa di altre gemme notiamo come il loro esordio abbia già venduto il doppio di quanto Musea prevedeva di vendere in un intero anno... Ed attendere fiduciosi il nuovo lavoro che, per quello che si è sentito nei pezzi proposti durante i tre concerti tenuti a Roma, Como e Vicenza, promette faville: quattro o cinque pezzi sono già pronti.
"Apriamo i concerti con un pezzo inedito... ma questo è inedito tutte le sere visto che lo improvvisiamo di volta in volta! E' una specie di riscaldamento, per cui non andrà su disco; gli altri due che abbiamo fatto ("Lobby" e "Do you want to see the sun" n.d.a.) ci saranno invece sicuramente, assieme ad altri pezzi che ci aspettano a casa per essere rifiniti. Usciremo entro un anno.

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