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SEBASTIAN HARDIE Alberto Nucci
 

Loro erano a Los Angeles per il PROGFEST ed io pure, avevamo anche lo stesso albergo: come potevo lasciarmi scappare un'occasione come questa, dopo aver ascoltato e riascoltato i loro dischi, consapevole che, come per tanti, troppi, splendidi gruppi, non avrei avuto mai la possibilità di vederli dal vivo? La mattina del primo giorno del festival novembrino, l'appuntamento è al ristorante dell'albergo: tra un toast imburrato e l'altro, un secchio di caffè americano e l'altro, la chiacchierata nasce spontanea. Da una parte io e il mio amico texano John Paul, dall'altra il gruppo al completo, con l'esclusione di Mario Millo. Quel che segue è solo una sintesi di quasi un'ora di un'amichevole conversazione, non solo su argomenti musicali. La palma di chiacchierone è appannaggio senz'altro di Alex Plavsic (batterista): sua la maggior parte delle risposte qui riportate.


Come mai avete deciso di rimettervi assieme?

Un giorno ho trovato un messaggio sulla segreteria telefonica da parte di un certo Greg Walker che cercava il batterista dei Sebastian Hardie e sperava d'avere il numero giusto. Nel messaggio c'era inoltre una breve spiegazione di ciò che stava organizzando. Ascoltai incredulo il messaggio e continuai a pensarci sopra per varie ore; il giorno dopo trovai un altro messaggio. Mi convinsi che Walker faceva veramente sul serio e decisi di richiamarlo, avvertendo inoltre tutti gli altri membri del gruppo. Quando lo richiamai gli spiegai doverosamente che in realtà il gruppo non suonava assieme da anni, pur non avendo abbandonato la scena musicale del tutto. Purtroppo, data la piccolezza del mercato australiano, non ci era possibile sopravvivere come gruppo. Tenere in piedi i Sebastian Hardie suonando dal vivo era economicamente un rischio, così dissi a Walker: chissà, forse l'anno prossimo. Ma Greg insistette spiegando che uno dei gruppi prescelti aveva cancellato la propria partecipazione, e così, su due piedi, dissi di sì a nome di tutto il gruppo. Ci siamo dunque riuniti, organizzato la strumentazione e l'equipaggiamento tecnico, siamo entrati in sala prove ed eccoci qua! Ovviamente siamo un pochino nervosi: un conto è esercitarsi nell'anonimato della sala prove, un altro conto dover affrontare la tensione nervosa del palco.

Facciamo un salto nel passato: che cosa è successo quando vi siete sciolti la prima volta?

Mah, sai, certi gruppi vanno in vacanza per un anno, noi ci siamo presi una vacanza lunga vent'anni.

E che vacanza! Siete sempre rimasti sulla scena musicale?

Io (sempre A. Plavsic -ndr) continuai a suonare la batteria con vari gruppi, Peter ha lavorato prima alla Polygram e poi per la BMG, assumendo il grado di direttore artistico. Negli anni '80 io e Peter siamo entrati nel settore vendite aprendo un paio di negozi a Sydney. Inoltre abbiamo prodotto musica per film, pubblicità e cartoni animati. Mario continuò a suonare con vari gruppi anche lui, con i Windchase e da solo, dopodiché iniziò a lavorare per la televisione, cosa che fa tuttora, e dato che il suo lavoro comporta impegni contrattuali piuttosto serrati, venire qui gli è stato molto difficile, avendo infatti appena firmato un contratto per un programma televisivo che dura 40 settimane.

Per quanto tempo vi siete esercitati a suonare il vecchio materiale?

Solo sull'aereo (-grandi risate-)! Seriamente, considerando tutti gli impegni, ci sono volute sei settimane. A volte abbiamo suonato per due giorni di seguito per poi lasciare qualche giorno di spazio: ogni seduta veniva registrata su nastro, riascoltata e discussa. Non avendo suonato per parecchio tempo, c'è voluta parecchia fatica, ma siamo felici ed onorati d'esser stati invitati. E' incredibile che, al di fuori dell'Australia, ci sia qualcuno che si ricordi di noi dopo tutto questo tempo.

Conoscete altri gruppi australiani... gli Aragon, ad esempio?

Aragon? Sono di Melbourne... abbiamo solo sentito il nome, suonano ancora? Ai nostri tempi c'erano parecchi gruppi prog nella nostra scuola, ma solo noi emergemmo, forse perché c'è troppa poca gente in Australia. Ci ricordiamo degli Ayers Rock, che però erano più diretti verso il jazz rock.

Da dove viene il nome Sebastian Hardie?

(- grandi risate -) Tutti pongono questa domanda! Ai tempi della scuola, eravamo la Sebastian Hardie Blues Band: allora s'usava formare un gruppo con un nome vero e proprio. Un'usanza forse più tipica degli anni '60 che 70. Ci piacque il nome venuto fuori così, per caso.

Non è facile descrivere la vostra musica, in quanto mancano dei forti punti d'aggancio, i Floyd e forse i Camel; in sostanza il vostro era un suono tipicamente anni '70. Quali sono le vostre fonti d'influenza e come descrivereste la vostra musica?

Influenze... Ma un po' di tutto, i Focus più di tutti. Noi siamo soprattutto un gruppo che suona musica strumentale e amiamo molto suonare linee melodiche forti e precise. Nel 1975 facemmo da spalla ai Focus in Australia. Noi avevamo appena finito di registrare grazie al management dei Focus che voleva un gruppo di spalla e scelse noi. Potemmo presentare l'album ad un pubblico vasto ed essendo i Focus la nostra maggiore influenza, ritenemmo che il pubblico potesse assorbire facilmente il nostro stile. E infatti tutto funzionò alla perfezione. Dopo sei settimane l'album era in classifica e vincemmo un disco d'oro; un evento fuori dal comune per un gruppo come il nostro e, soprattutto, senza il supporto radiofonico. Ritornando alle influenze: ascoltiamo molto gli Yes: Tales from Topographic Oceans. Abbiamo anche fatto da spalla a Santana; anche lui ci ha influenzato, come ha influenzato i Windchase. Se vogliamo, l'influenza di Santana si sente soprattutto nel secondo album. Tra gli anni '60 e 70 così tanta ottima musica è stata composta, basta solo pensare a Zappa e a tutti i musicisti che hanno suonato con lui, e poi hanno formato gruppi per conto proprio.

Quali sono le vostre intenzioni per il futuro?

Al momento vogliamo solo uscire dal PROGFEST indenni! Abbiamo un nuovo progetto pronto per l'anno prossimo in cui presenteremo una nuova direzione. Di più ci è impossibile dire, poiché i Sebastian Hardie si muovono d'istinto, senza grandi strategie... d'altronde abbiamo già registrato 3 LP in questo modo. Finiamo dunque il PROGFEST e poi si vedrà: le prove di studio ci hanno ispirato la voglia di continuare, anche se siamo 40enni vogliamo suonare. Se Clapton e gli Stones vanno ancora avanti, perché non noi? L'età non conta...

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