Abbiamo intervistato Norman Phay, tastierista e compositore dei Vietgrove, un progetto musicale di grande raffinatezza che si inserisce fra le scoperte più interessanti nel panorama inglese underground del progressive rock sinfonico.
Colgo l'occasione per mandare i più cordiali auguri a Norman ed alla sua famiglia.
Per cominciare, perchè non ci racconti la storia del vostro gruppo? I Vietgrove sono in attività sin dalla fine degli anni ottanta, anche se è stato il tuo nome a dare una continuità alla band; inoltre fra "Orbis Tertius" e "The Little Apocrypha" è trascorso un bel po' di tempo...
Ho incominciato ha fare musica elettronica nei primi anni ottanta, quando mi piaceva ascoltare e scovare dischi in cui i suoni dei sintetizzatori erano importanti. Ho amato così tanto quei suoni semplici, caldi, ma decisamente affascinanti, così ogni disco che conteneva una grande quantità di suoni elettronici mi avrebbe fatto felice. Di solito ascoltavo dischi degli Human League, Klaus Schulze, Gong, Hawkwind, oppure dei Rush, Orchestral Manoeuvres in the Dark, Throbbing Gristle, Genesis, tutto per me era lo stesso. Era tutto eccitante perchè era principalmente musica elettronica.
C'era un negozio di dischi vicino, che era gestito da hippies, ed io scoprivo tutti quegli album californiani di elettronica, l'immagine di una nebulosa sulla copertina e dei ragazzi con i capelli lunghi davanti ad un synth Serge o Buchlar sul retro di copertina, lo trovavo proprio eccitante! In questo periodo, credo, ero completamente ossessionato dai sintetizzatori.
In questo periodo, mia sorella Helen andava ancora a scuola ed un giorno tornò a casa dicendomi che l'insegnante di disegno stava vendendo il suo synth. Avevamo unito i nostri risparmi ed avevamo scoperto che potevamo permettercelo, così comprammo questo piccolo sintetizzatore monofonico Roland, insieme ad un synth Casio, ancor più minuscolo, in grado effettivamente di suonare degli accordi. Mia sorella se ne disinteressò piuttosto velocemente, così ho dovuto risarcirla per la sua parte di denaro! Tuttavia ne è valsa la pena, per tutto il tempo suonavo insieme ai miei dischi oppure premevo un tasto del synth e schiacciavo i cursori su e giù, cercando di elaborare i suoni che facevano i sintetizzatori. Dopo aver compreso il modo di suonare e programmare il synth mi son comprato, usato, il Korg string machine ed un piccolo sequencer Roland, ed è stata per me una scoperta perchè mi sono reso conto che avrei potuto scrivere la mia musica. Sino adesso è successo così, tento di scrivere musica sempre migliore semplicemente perchè mi rende felice. Ho incontrato Mark nei primi anni '90, quando tentavamo di formare un gruppo progressive. Appena è accaduto, non abbiamo potuto trovare altre persone adatte, così Mark è diventato parte dei Vietgrove, povero ragazzo. In tutta onesta, è stata la cosa migliore che poteva succedere, Mark è un eccellente chitarrista e la musica che scriviamo insieme è molto migliore di quella che scrivo per conto mio.
Con "The Little Apocrypha" avete creato un'opera piuttosto ambiziosa ed interessante, interamente strumentale, dalle composizioni piuttosto estese; come nella migliore tradizione del progressive romantico e sinfonico, ascoltando la vostra musica sembra di essere proiettati in una dimensione irreale ed onirica... mi piacerebbe sapere quali sono stati le vostre maggiori influenze, sia in campo musicale che in quello letterario. Titoli come "La casa Sul Lago Della Luna" e "Villa Flora" lasciano intendere un certo interesse verso l'Italia...
Nella musica quello che mi ha particolarmente ispirato sono stati dischi dei Popol Vuh, specialmente "Das Hoheleid Salomos", i primi quattro album degli Spirit, i classici dei Byrds, specialmente "The Notorious Byrds Brothers", Todd Rundgren's Utopia, il modo come Simon House suona il mellotron ed il violino nei dischi degli Hawkwind, i dischi di Shirley e Dolly Collins, in particolare quello dove Dolly arrangia la musica per un ensemble di musica antica, i Magazine, il disco di Tim Blake "Blake's New Jerusalem", The Enid, Vaughan Williams, Shostakovitch, Messaien, Delius, e così via. Quello che mi piace, in molta di questa musica, è la capacità di creare un senso di luogo, dal quale, intendo dire, la musica evoca certi tipi di atmosfere, al di là dell'essere una buona rock band oppure dalla storia che i testi stanno raccontando.
Inoltre, con i libri che leggo, tendo ad apprezzare quei romanzi che portano il lettore verso strani luoghi; mondi non molto lontani, però decisamente diversi dal mondo normale. Il mio scrittore preferito è Jorge Louis Borges, mi piaciono anche Alasdair Gray, Stanislaw Lem, Michel Faber, quel tipo di roba. Non la pura fantascienza e neache la fantasy, ma nientemeno che lo strano ed il bizzarro. Un'altra cosa che mi piace leggere è il romanzo gotico, dal 1700 sino ai primi del 1800. Specialmente Ann Radcliffe. Sono davvero libri terribili, però al loro meglio creano atmosfere davvero particolari. In questi libri l'Italia, sen non sbaglio, è l'ambientazione comune. Come detto, i due titoli citati provengono dai libri più moderni che ho letto: La Casa sul Lago della Luna di Francesca Duranti ed Il Morbo Kitahara di Christoph Ransmayr. Il primo dei due è di gran lunga il migliore, ma niente di quello che ha scritto Francesca Duranti sembra, per il momento, essere in stampa qui da noi. Nel brano omonimo che ho scritto, ho provato a cogliere alcune delle atmosfere del libro.
Essere musicisti e suonare un particolare tipo di musica come la vostra è da interpretare come un puro e semplice atto d'amore verso le grandi bands del passato oppure dietro alle vostre misteriose composizioni si cela un chiaro messaggio ed una volontà da trasmettere agli ascoltatori?
Cosa ne pensi di una rinascita del prog-rock sinfonico e romantico in termine d'attenzione dei media e di vendite? Sarà mai possibile???
Ciò che stiamo tentando di trasportare nella nostra musica, credo, è quella sensazione di viaggiare verso un luogo, senza una meta precisa. Questo spiega perchè le nostre composizioni sono lineari, non amo girare attorno la musica e sentire la solita cosa continuamente ripetuta. Solitamente, con la musica che ascolto, che ha una metrica del tipo "verso/coro/verso", trovo frustrante ascoltare pezzi che ho già sentito prima e spesso tendo a saltare i brani verso la fine, anche se è roba che mi piace. Mentre ora scrivo, sto ascoltando "A Wizard, A True Star" di Todd Rundgren, e per me, è un disco perfettamente scritto. Tutte le canzoni sono magnifiche, brevi, hai un verso, un coro, un altro verso, un assolo, e sei alla canzone successiva. Immagino che questo modo di vedere le cose voglia significare che io stia per smetterla di scrivere ed ascoltare progressive. Non voglio procedere per a/b/a/b/a/b/a/b, ma per a/b/c/d/e/f/g/h/i/j, se capisci quello che intendo dire.
Mi riesce piuttosto difficile immaginare un revival significativo per la musica progressive, oppure in qualsiasi altra forma musicale underground di culto. Mi dispiace. E' piuttosto interessante come in Gran Bretagna, molto recentemente, sia decisamente meno sentito il marchio negativo che il progressive si portato dietro, tanto che se qualcuno confessa la propria predilezione verso il progressive non vogliono ricevere critiche pesanti per questo. Però, allo stesso tempo, penso che la musica progressive sia, per sua natura, un mercato piccolo, da culto, e che le major discografiche siano molto più organizzate per sostenere il mercato musicale di massa e nient'altro. Inoltre, le etichette discografiche stanno acquistando sempre più mezzi d'informazione di massa come le riviste, stazioni radio e simili, ed in tal modo ritengo che qualsiasi arte al di fuori del mainstream sia perfettamente esclusa dall'intera scena, il che è una vergogna e sicuramente non è come dovrebbe essere.
D'altra parte, ci sono ovviamente dei grossi cambiamenti nel modo di trasmissione della musica verso gli ascoltatori e l'egemonia delle major non dovrebbe durare a lungo. Ci deve essere un sistema perchè questo succeda, un sistema che riesca ad essere in grado di produrre musica al di fuori del formato fisico dell'album. Ci penso spesso, ma che io sia maledetto se conosco il modo di realizzarlo. E' come un puzzle.
Quale tipo di strumentazione avete utilizzato per il vostro ultimo cd? In diversi momenti i suoni sembrano evocare i fasti delle "antiche" sonorità degli anni '70... anche se, forse, dovreste avvalorarvi di una batteria umana e magari, se possibile, aggiustare qualcosina in sede di registrazione.
Ho utilizzato un mucchio di vecchie tastiere e moduli digitali, per la maggior parte della fine degli anni ottanta-primi anni novanta, soprattutto l'Ensoniq SQ-r, il Korg Wavestation, il Yamaha SY77 ed il Kawai K5. Amo molto gli strumenti che provengono da quel periodo, le generazioni di strumenti che venivano prima sono state soltano unità di sample-replay, come l'E-mu Proteus oppure il Korg M1, poichè sembra che fossero state tutte progettate per fare, in qualche modo, ciascuno qualcosa di differente. Sono tutti strumenti piuttosto insoliti, e se hai il tempo per imparare a programmarli, puoi tirarci fuori dei bei suoni. Le batterie provengono da una vecchia drum-machine Roland. Quand'era nuova era il meglio, ma adesso ce ne sono di migliori che ti consentono di controllare l'apertura e la chiusura dello hi-hats attraverso un pedale ed altre cose del genere. Probabilmente dovrei risparmiare un po' di soldi e comprare qualcosa di meglio. Mi diverto molto a programmare la batteria, è una delle cose che preferisco. Piuttosto che dare risalto alla loro natura meccanica, tento di programmarle in modo che possano suonare come un vero batterista. Non voglio davvero coinvolgere un vero batterista, perchè suonare la nostra roba sarebbe terribilmente noioso per loro, per circa 2/3 del tempo se ne starebbero seduti senza fare niente! Ho pensato di comprarmi qualche percussione a mano, un tamburino, un dholak, qualche bongo... Spero di migliorare in fase di registrazione, mentre andremo in studio! Delle persone ci hanno detto che il suono dell'album non è abbastanza caldo!
Infine ci piacerebbe sapere cosa ci riserverete per il futuro... noi aspettiamo grandi progressi dai Vietgrove!
In questo momento siamo impegnati a registrare. Di solito ho delle idee generali sul tipo di suono che ricerco; con quest'album e con il precedente l'idea era di combinare il suono della chitarra elettrica Rickenbacker a dodici corde con il suono violento del sequencer e con accordi elettronici dal suono spaziale. Non ha funzionato, quelle soluzioni non descrivono del tutto bene la musica. In più mi sono distratto quando ho comprato un modulo per synth dotato di un suono di pianoforte acustico molto buono ed ho incominciato a scriverci sopra, però ha funzionato tanto da farmi approfondire questo tipo di suono, ho fatto un bel pò di musica che mi piace molto e che mi ha davvero soddisfatto. Ora sto iniziando a sviluppare nella mia testa l'idea di combinare suoni molto duri, apertamente elettronici, quasi alla maniera di Subotnick, con chitarre acustiche. Quello che sento nella mia testa è un suono molto intenso e meraviglioso, quindi cercherò di riuscire a dirigermi in quella direzione e vedere dove conduce.
Tenteremo anche di suonare dal vivo, dove è possibile. Eravamo arrivati al punto di diventare molto bravi, però ci siamo fermati per registrare "The Little Apocrypha", da allora mia moglie ed io abbiamo avuto un figlio, e così via, improvvisamente sono trascorsi anni da quando abbiamo suonato per l'ultima volta. Questo è DAVVERO frustrante, non commetteremo più l'errore di smettere di suonare ancora.
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