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LINDH, BJÖRN J:SON Sissel Metronome 1973 SVE
 

Parlare di Björn J:Son Lindh significa parlare di uno dei musicisti più significativi e raffinati dell’intera scena Progg svedese. La sua cultura accademica, J:Son esce dalla Reale Accademia di Musica, non gli impedisce di ampliare i propri confini artistici e di integrarsi pienamente nel contesto di un movimento, quello del Progg, che è sì musicale ma che in Svezia assume delle forti connotazioni politiche e culturali. Il suo spirito artistico, che incarna l’esigenza di spezzare le consuetudini musicali di allora attraverso la strada della sperimentazione e della contaminazione, emerge in maniera prepotente nella sua prima band, quella degli Atlantic Ocean, gruppo seminale nel quale militava, sotto mentite spoglie, anche l’americano Greg Fitzpatrick (che ricordiamo fra l’altro per il meraviglioso album dei Samla Mammas Manna “Snorungarnas Symfoni”). Il loro unico album, il rarissimo “Tranquillity Bay” (uscito nel 1970 per l’etichetta finlandese Love Records), rappresenta per diversi motivi una specie di pietra miliare del Progg; ma l’importanza degli Atlantic Ocean non si limita a questo dal momento che furono fra i protagonisti, ma anche fra gli organizzatori, della prima edizione di Gärdet, il celebre festival che si tenne senza il regolare permesso delle autorità nella periferia di Stoccolma nel Giugno del 1970 e che accoglieva artisti provenienti da tutta la Svezia fuori dal circuito delle major, fornendo un grosso palcoscenico di debutto per alcune delle grosse promesse che diverranno fondamentali per l’intero movimento.
Dallo split degli Atlantic Ocean nacquero i grandiosi e fondamentali Fläsket Brinner mentre Björn J:Son Lindh formò, assieme al batterista Janne Bandel e al cantante e chitarrista Hawkey Franzén, conosciuto in carcere dove si trovava per aver rifiutato di adempiere agli obblighi di leva, i Jason’s Fleece. Il loro unico ed omonimo album uscito nel 1970, un misto di prog-jazz e funk, vedeva anche la partecipazione del grande Jojje Wadenius dei Made In Sweden al basso. Da qui in poi J:Son inizia una lunga carriera solista, fatta di innumerevoli collaborazioni che lo rendono fra i musicisti svedesi più attivi in questo senso, e contrassegnata da una lunga serie di album in studio, alcuni dei quali verranno stampati anche negli USA.
Nel debutto, “Ramadan”del 1971, J:Son suona solo il flauto mentre alle tastiere troviamo Bobo Stensson dei Fläsket Brinner. Negli album successivi la sua sfera di azione si amplia e lo troviamo anche dietro alle tastiere e ai synth, come avviene in questo “Sissel” che rappresenta il suo quarto sforzo da solista. Soprattutto nei primi lavori solistici emerge un grande gusto compositivo che unisce uno stile sofisticato e jazz oriented alla delicata commistione con elementi folk, anche lontani dalla tradizione Svedese. In questo senso è emblematica la collaborazione con il celebre percussionista turco Okay Temiz che suona nella meravigliosa “Surto’s Pyle’as”. Questa traccia, la seconda del lato A di “Sissel”, collocata dopo un’apertura funky/soft jazz che si svolge su ritmiche morbide guidate da un flauto lieve (“Bull Dog”), sorprende per la sua raffinata complessità e per l’inconsueto richiamo a temi musicali del folklore macedone, che acquistano una luce del tutto particolare grazie ad un’interpretazione fresca ed avvincente. E’ però nella rilettura della tradizione svedese che Björn dà il meglio di sé e “Storpolska”, la lunga traccia che chiude il lato A di “Sissel” ne è un esempio lampante. Il brano si apre con il semplice ed esile suono del flauto di legno che intesse il disegno melodico portante ma presto il sound si gonfia come un fiume in piena e gli arrangiamenti diventano complessi ed affascinanti. Lo stile ricorda molto quello dei cugini Fläsket Brinner, con uno splendido lavoro di Jan Bandel al vibrafono ed il flauto di J:Son che improvvisa e si apre un varco in maniera furibonda fra gli altri strumenti. Le melodie tradizionali, sostenute da una meravigliosa base di Mellotron, emergono di quando in quando, come uno splendido cameo, mentre il pezzo si espande progressivamente, con i suoi impasti folk-jazz. Impressionante è anche la performance di Lennart Åberg al sax soprano che duetta con la sei corde incandescente di Jan Schaffer, un grande della musica svedese, mentre raffinate orchestrazioni sinfoniche emergono magicamente sullo sfondo in un turbinio di colori e sensazioni di sicuro effetto.
Il lato B è speculare a quello di apertura, comprendendo anch’esso tre pezzi in totale interamente strumentali, di cui il primo, “Your Own House” rappresenta quello più disimpegnato che prelude alla lunga title track che rappresenta al tempo stesso il brano più impegnativo e complesso dell’intero album. L’architettura si fa qui più complessa fino a sfiorare l’avant rock. Chi ha un minimo di confidenza col jazz prog svedese del periodo non faticherà a trovare interessanti punti di riferimento con band come Egba, soprattutto per quanto riguarda l’articolato e vibrante uso di percussioni dal sapore quasi tribale ad opera di Jan Tolf, oppure come i Kornet ma ci troviamo comunque su livelli più elevati, grazie all’impronta decisamente personale che J:Son riesce ad imprimere al suo sound. La traccia di chiusura, la cover di “Games People Play” di Joe South, ha il ruolo di sciogliere tutta la tensione accumulata durante l’ascolto di un pezzo impegnativo e complesso. Si tratta di un brano romantico dal sapore soft folk che lascia sensazioni piacevoli e rilassanti e non aggiunge nulla ad un album pregevole, seppure comprensivo di qualche riempitivo non esaltante.
Sicuramente vale la pena avventurarsi alla scoperta del vasto repertorio musicale di questo artista anche se, dobbiamo dirlo, con l’andare del tempo gli album diventano sempre meno interessanti e sempre più improntati al funk. Questo “Sissel” è sicuramente un album da ascoltare ed esplorare, considerando anche che si tratta di uno di quelli, nella discografia di questo musicista, che si può reperire più facilmente a cifre ragionevoli.

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Jessica Attene

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