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TROISIEME RIVE Banlieues Production Disques Iris 1978 FRA
 

I Troisième Rive nascono da un’idea del poeta originario di Montbéliard Alex Abouladzé che chiese all’amico, cantante e chitarrista, Maurice Boguet di mettere in musica i suoi versi. Il gruppo prende il suo nome proprio da una delle poesie dell’artista, morto suicida nel 1978, appena uscito dall’ospedale. Alex aveva un personalità molto introversa e fragile, segnata dall’uso di sostanze allucinogene e la malinconia dei suoi versi si riflette tutta nella musica mesta e delicata dei Troisième Rive che si basa su melodie folk tipiche della regione della Franche-Comté, ma è pervasa allo stesso tempo anche da fragranze non tipicamente francesi e da squisite contaminazioni sinfoniche. A dominare sono le liriche, cantate dalla voce dimessa, cupa e ruvida di Maurice, mentre la musica è una splendida scenografia, particolareggiata negli arrangiamenti ma dalle forme molto tenui e sfumate. La strumentazione impiegata è abbastanza ricca anche se prevalgono gli strumenti acustici, con la tuba, la fisarmonica di Daniel Martin, il mandolino di Jean-Christian Spenle, lo xilofono di Jacques Martin e ovviamente le chitarre acustiche di Maurice Boguet.
Proprio la fisarmonica arricchisce il sound della traccia di apertura, la title track, che ha un andamento lento, quasi da marcia, e una indefinita sensazione di gaiezza data anche da vaghe atmosfere celtiche che emergono soprattutto nella parte conclusiva. La successiva “Le petit jeu” ha delle bellissime influenze Genesisiane che ci riportano in parte a “Trespass”, soprattutto per quel che riguarda i morbidi arpeggi della chitarra, ma anche per le parti vocali, e in parte a “Nursery Cryme”. “Amalia” è forse il pezzo più ritmato dell’album e presenta delle belle dinamiche con morbidi intrecci di piano, chitarra e mandolino. Molto belli sono anche i disegni della chitarra elettrica che interviene qua e là a fare da contrappunto senza appesantire lo spartito che appare sempre delicato e costruito su graziose tematiche folk danzanti. Il lato A si chiude con “La ballade de chevaux noirs”, una ballata dominata da una chitarra acustica delicata, cantata a più voci che somiglia a qualcosa di Cat Stevens del periodo “Father and Son”.
Due sole sono le tracce sul lato B, la prima, “Légende”, di oltre 10 minuti e la seconda, “Château”, di 6 minuti. Troviamo qui due pezzi sinfonici dai tratti Genesisiani che presentano riferimenti anche verso i canadesi Harmonium, sempre dominati da atmosfere acustiche, che rappresentano il vertice di questo breve album (34 minuti in tutto). Il primo di questi brani è decisamente più ricco e variegato rispetto al secondo in cui eccezionalmente le fasi strumentali sono preponderanti rispetto alle liriche.
Nel complesso questo disco è delizioso e fruibile, grazie anche alla bellezza dei versi che rappresentano un insieme unico con la musica, particolareggiata ma sempre di stampo cantautoriale. La reperibilità del disco è discreta anche se i prezzi non sono sempre bassissimi. Perseverando riuscirete sicuramente a trovare un giusto compromesso di acquisto e a fare vostro questo delizioso disco, consigliato a tutti gli amanti del prog-folk ma anche a chi apprezza un tipo di prog semiacustico che fa leva sul sentimento e sulla melodia. I Troisième Rive non pubblicheranno nessun altro album con questo nome ma la stessa line-up la ritroviamo nel disco solista di Maurice Boguet uscito nel 1982 ed intitolato “Ballades pour nous”. Boguet continuerà a pubblicare alcuni album con il nome Boris Mégot.

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Jessica Attene

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