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TRUE MYTH True myth Warner Bros 1979 CAN
 

Il progressive rock comprende al suo interno, forse più di altri generi musicali, una miriade di stili diversi, molteplici sfaccettature sonore talvolta anche molto diverse fra loro. Ascoltando infatti questo disco risulta assai difficile trovare un comune denominatore tale da includerlo in qualche filone del prog ed è pertanto arduo descriverlo paragonandolo con qualche opera magari conosciuta ai più. Dopo alcuni anni passati ad esibirsi in club locali Tom TREMUTH grande pianista-tastierista, decide di mettere a frutto gli studi fatti presso il Fanshawe College dell'Ontano e del Conservatorio Reale di Toronto, raccogliendo intorno a se un schiera di validi musicisti conosciuti sui banchi di scuola: Tony COOK chitarre, Steve McKENNA al basso, Brian BOLIGER batteria e Steve CUMMING voce. L'occasione per i TRUE MYTH (il cui nome viene probabilmente ricavato da un gioco di parole fatto con il cognome del leader) è rappresentata dal contratto che la WEA propone al gruppo il 19 marzo del 1979. Il debutto discografico è realizzato dopo poco tempo utilizzando un rivoluzionario sistema di registrazione che permette ancor oggi di ascoltare con enorme piacere le evoluzioni sonore create da questo formidabile quintetto. L'iniziale "Reach for the heavens" vi trascina subito dentro le impetuose progressioni di pianoforte create dal mitico TREMUTH vero fulcro centrale del gruppo, non solo a livello compositivo. Si tratta di una melodia dinamica, entusiasmante, trascinante. Veramente espressiva risulta essere per il contesto la voce di CUMMINGS che sottolinea le venature jazz della composizione, tradotte in un contesto decisamente rock. Forse più vicina ai canoni classici del prog è "Time and time again", brano che apre il secondo lato del disco, dove TREMUTH abbandona il piano per passare al mellotron ed al sintetizzatore conferendo alla composizione uno stile vagamente anglosassone; mentre di carattere decisamente sinfonico (nel senso vero del termine) è lo strumentale "Space promenade" dove emerge l'importante contributo dato alla band da alcuni musicisti esterni. Quello che comunque mi colpisce più del disco sono le eccezionali capacità di esecuzione messe in luce da tutta la band ma soprattutto dall'onnipresente TREMUTH. Ascoltate le evoluzioni di "In the mist" che rispecchiano appieno l'erudita cultura musicale dell'ensemble di derivazione decisamente classica. Ma se da un lato l'enorme tecnica costituisce un pregio, da un lato può anche determinare qualche momento di tecnicismo fine a se stesso che raffredda lievemente l'entusiasmo creato dalle ottime capacità compositive della band. Un disco che consiglierei di ascoltare a tutti coloro che ritengono inutile l'apporto musicale dei gruppi minori, ritenendo che il loro insuccesso commerciale sia dovuto alla mancanza di scarsa personalità o tecnica piuttosto che ad una profonda insensibilità musicale delle masse. Un disco da riscoprire ma soprattutto da ristampare viste le esose cifre che si devono sborsare per procurarselo.

Giovanni Baldi

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