Home

 
CANAMII Concept WEA 1977 SAF
 

Il Sud Africa è stata una terra ricca di interessanti gruppi underground che si formavano sull'ondata dell'espansione della scena Prog e più in generale di forme di rock più sperimentale, giungendo in breve allo scioglimento, magari dopo aver lasciato appena una testimonianza su vinile. La mancanza di un vero e proprio mercato e il disinteresse dei media non hanno fatto in modo che questo ricco patrimonio potesse essere esportato. Ecco quindi che questi Canamii si inseriscono nel panorama dell'epoca: la band raccoglieva alcuni musicisti di talento come Phillip Nel, tastierista, produttore, compositore ed ingegnere del suono (ex Tank), la cantante Claire Whittaker (che divide il suo ruolo con Tim Kensella) i chitarristi Paul Woodley e Mickey Woitynek (ex Rag Dolls e Lastique). Completano la formazione il batterista Hermann Eugster (anche lui ex Rag Dolls e Lastique) ed il bassista Ashley Kelly.

La copertina è molto suggestiva e ritrae il volto di un anziano con una folta chioma che spunta da un massiccio sassoso, i cui capelli si vanno a fondere con le fronde di alberi. Sia il logo della band che i tratti del disegno ci lasciano pensare inequivocabilmente agli Yes, anche se i richiami sonori alla band di Howe sono spesso impalpabili. I richiami al prog sinfonico sono molteplici ma in questo album sembra aleggiare una certa aria di involuzione del progressive stesso che viene stemperato in più occasioni in ritmi danzerecci di facile presa. Accanto a queste soluzioni forse un po' scontate, troviamo richiami più forti alla musica classica, come nella breve "Toccata" che sembra una rivisitazione grezza di Tarkus. Le composizioni, 12 in tutto, sono tutte brevi e raggiungono al massimo i 4 minuti. Lo stile è abbastanza variegato: la traccia di apertura "Afrock" si consuma fra tamburi tribali e Moog in un insieme che simbolicamente vuole unire il nero continente con la nostra Europa. Fra la chitarra elettrica ed il basso sincopato scopriamo già dal secondo pezzo, "The Phantom Player", il volto più mainstreem e festaiolo della band. Dominante (in questo pezzo come nel resto dell'album) è la voce di Claire, dal registro acuto ma dalla tecnica un po' grossolana: sembra quasi che canti scandendo le sillabe... un po' come i bambini dello Zecchino d'oro per intenderci, anche se questo paragone è decisamente azzardato. La canzone finisce in maniera poco elegante con una dissolvenza ma questo è il bello dell'ingenuità che spesso si può riscontrare in produzioni così artigianali. L'album oscilla fra tentazioni ballabili e delicati ed arguti richiami alla musica classica, come nella successiva "Spiral", cantata questa volta da Tim in una formula che ricorda vagamente gli Uriah Heep incrociati con la Gloria Gaynor di "I Will Survive". Insomma per la maggior parte della sua estensione l'album è occupato da canzoncine, per lo più orecchiabili, che contengono comunque qualche spunto interessante. Lo spirito più sperimentale della band emerge nella conclusiva "TRI" dalle suggestioni cosmiche ed elettroniche. Purtroppo anche in questo caso la durata del pezzo è breve, appena 3 minuti, e del lato più avventuriero del gruppo a questo punto rimane ben poco.

Insomma, sembra evidente che non si tratti di una realtà del tutto originale, comunque rappresenta lo spunto per cercare di conoscere un interessante scenario che ha animato, nei decenni scorsi, un Paese da noi così lontano.

Jessica Attene

Italian
English