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ALAN BOWN Stretching out Island 1971 UK
 

Quando alla fine degli anni ‘70 trovai casualmente il vinile di questo lavoro fui colpito, come spesso accade, dalla strana copertina, specie l’interno. I componenti del gruppo a dorso nudo, pinzati da mollette che gli stiracchiavano la pelle. Non conoscevo nessuno dei componenti, ma conoscevo bene il produttore, Mel Collins, per le sue grandi partecipazioni King Crimson e Camel. Il costo era ridicolo e la copertina, tagliata in un angolo, dimostrava già allora il fuori catalogo e lo scarso interesse al di fuori del collezionismo. Spesi le 1.900 Lire (il vinile “normale” allora costava intorno alle 6.000 Lire) e lo portai a casa. Anzi confesso, visto il prezzo, di averne comprate tre copie e di avere regalato le altre due. "Stretching Out" è il quarto ed ultimo lavoro di Alan Bown, gruppo nato nella seconda metà degli anni ’60 come The Alan Bown Set e passato nel corso di pochi anni dal beat pop al pop psichedelico al soul jazz per approdare in via ultima ad un jazz rock molto intriso nel progressive. Il cambiamento è avvenuto in concomitanza con i vari cambi di etichetta e sintomatici sono gli ultimi due passaggi prima in Deram e poi in Island, ed è quest’ultima che ha consentito la pubblicazione dei due lavori più significativi del gruppo “Listen” 1970 e “Stretching Out” 1971. Di grande classe e capacità tecnica gli strumentisti in primis il titolare della baracca, Alan Bown fiatista di stampo jazz, riempitivo, molto presente, dotato di un tocco raffinato, si unirà successivamente con i Jonesy. Gordon Neville, cantante dotato e pulito, una voce particolare e molto duttile, con diverse collaborazione all’attivo tra cui tre album eighties con Rick Wakeman, Beggars Opera e Elton John. John Helliwell poi con I Supertramp. Vic Sweeney drummer sullo stile di Jim Capaldi, poi con la band di Kevin Coyne. Jeff Bannister tastiere e flauto poi fondatore di Eyed and Laughing e The O Band, tecnica e gusto alla John Lord. Tony Catchpole un chitarrista preparato, ma finito nel dimenticatoio dopo aver fallito il provino per I Suntreaders (i futuri Brand X). Completano il gruppo Adrew Brown al basso e John Anthony al Clarinetto. I sei brani che compongono il lavoro in analisi risultano molto radicati nel loro tempo, e riportano a sonorità tipiche di gruppi del periodo. Opener è il brano “Messenger” che si avvia come un blues con alcuni strappi funky, la parte centrale è tastieristica con grandi richiami ai Deep Purple e ai Traffic. Il finale si stempera con un Hammond in controtempo un po’ Island dei Crimson. Il secondo brano, “Find a Melody” uno dei migliori dell’album, è a tinte più soffuse, una bella melodia si stende sulle note del piano a coda per aprire il crescendo della ritmica e sfogare in assolo di fiati e chitarra. In bilico tra la ballata, il richiamo jazzistico e quello folk è il terzo brano “Up Above My Hobby Horse's Head”. “Turning Point” sull’altra facciata, apre con atmosfere alla “Jesus Christ Superstar” è il brano più lungo del disco con quasi 10 minuti di cambi ti tempo e di atmosfera. Un bell’assolo di sax nella mid-section, molto jazzato e tendente al RIO. Il finale riprende il tema dell’inizio. Lenta e molto melodica la successiva “Build Me A Stage”. Pianoforte, flauto, voce e sax di fondo e chitarra semiacustica, per quello che è il gioiello del disco. Molto dinamico e variato l’ultimo brano e title track dell’album. Richiami ai tempi della psichedelica, fusion di stili e assoli nella maniera jazz-rock. Non tralascerei di citare anche alcuni riferimenti ai Balck Widow. La quasi totale irreperibilità del disco, nonostante sia stato stampato in CD volume unico assieme a “Listen”, ne fanno una reliquia di pochi ed è un vero peccato perché il lavoro non ha avuto la fortuna meritata. La ricerca sul web dà risultati molto modesti, non esistono recensioni, nessun catologo lo riporta come disponibile. Neppure sulle aste è reperibile. Concludendo un valido prodotto, semisconosciuto e bistrattato … ma non ho mai capito il perché.

Roberto Vanali

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