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ERWING, ROBERT Betongänglar autoprod. 1982 SVE
 

Anche in Svezia gli anni Ottanta, impietosi, finiscono per chiudere lo scenario del grande palcoscenico del prog sinfonico ma non manca chi, come Robert Erwing, si guarda alle spalle recuperando alcune atmosfere caratteristiche e dando vita ad un prodotto nostalgico ma allo stesso tempo fruibile per un pubblico che via via si stava abituando a soluzioni sempre più disimpegnate. Il tastierista e cantante di Göteborg recupera la forma della suite collocando, nel lato A del suo unico album, un lungo brano di 16 minuti e 50, quasi totalmente strumentale. La partitura si divide in 6 movimenti e lo stile musicale recupera alcune graziose caratteristiche del prog sinfonico dei Kaipa che in quegli anni si tuffavano a capofitto nel marasma della disco pop con il contemporaneo "Nattdjurstid". Le sequenze sonore, ordinatamente suddivise in grossi blocchi che si susseguono in maniera non proprio fluida, si sviluppano con estrema lentezza, in maniera pacata, riproponendo alcune atmosfere caratteristiche per la Svezia degli anni '70 ma evitando clamorosamente arrangiamenti troppo complessi ed impegnativi. Fra i riferimenti più evidenti che emergono nelle distinte parti della suite riconosciamo, di volta in volta, i già citati Kaipa, i Camel, che si stagliano in maniera elegante su ritmiche dominate da un basso disco dance in primissimo piano, e ancora i Pink Floyd più melodici, con inconfondibili tocchi di chitarra solista. E' comunque certo che Erwing non si vergogna affatto a tirare fuori sul più bello soluzioni più smaccatamente canzonettare, sfoggiando per di più la sua voce tremula e stentata, a tratti insopportabile, aspetto questo che predomina nel resto dell'album, a partire dalla canzonaccia "Kim" che chiude con i suoi risicati tre minuti il lato A, calando il sipario sull'unico pezzo di un certo valore che possiamo ascoltare in questo album.
Il lato B è organizzato in 6 brevi tracce di qualità non eccezionale. "Flyttfåglar " è fra gli episodi più piacevoli: si tratta di un ibrido che unisce i ritmi cadenzati disco pop del basso e della batteria ad un Moog spaziale con una chitarra elettrica spigliata. Il tastierista Göran Ihrfelt e lo stesso Robert dispongono di un discreto parco strumenti, con Hammond, Rhodes e Mellotron, che forse però non viene sempre sfruttato al meglio. Purtroppo in "Hösten är här", una triste canzone di addio all'estate, tanto amata dal popolo scandinavo, Erwing non può proprio fare a meno di cantare e il brano appare oltretutto piuttosto banale, anche se sfoggia delle graziose parti di pianoforte. "Theme Stockholms Förorter " torna su territori più marcatamente sinfonici con temi tastieristici malinconici e classicheggianti a dar vita ad una ballad dai toni commossi e dal cantato non troppo invadente. Possiamo sorvolare benissimo su "Barnets Tid ", con il suo semplice accompagnamento di chitarra acustica; può invece valere la pena di ascoltare "Ut på Leden ", uno strumentale dominato da melodie semplici ma gradevoli. "Långedrag " si basa ancora su temi classicheggianti di piano e tastiere ma è comunque costruita in maniera schematica e ripetitiva, con gli stessi elementi che ciclicamente si susseguono sullo sfondo evocativo del Mellotron fino alla dissolvenza finale.

Non disponiamo di particolari notizie biografiche su Erwing e gli altri membri della band (Leif Lengstrand al basso, Stefan Örström alla batteria, Tomas Arhén alla chitarra oltre al già citato Ihrfelt) non sembrano comparire in altre formazioni svedesi dell'epoca. La sola traccia concreta che il gruppo ci ha lasciato è rappresentata proprio da questo unico album: una testimonianza tutto sommato interessante sulle tendenze dell'epoca della musica Prog.

Jessica Attene

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