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GRACE Blind Manifest 1981 SVE
 

Fra i gruppi di prog sinfonico che la Svezia ha generato negli anni Ottanta, vanno sicuramente ricordati i Grace. Le notizie biografiche che possediamo sul loro conto purtroppo non vanno oltre i nomi dei musicisti, che non vedremo fra l'altro impegnati in altri gruppi Prog locali negli anni a venire né vantano particolari collaborazioni negli anni che precedono la pubblicazione di questo loro unico lavoro. Le foto dei sei giovanotti campeggiano nella copertina interna: ecco un primo piano del bassista e cantante Bernt Ek, Dick Greuz e Jan Morin che imbracciano le loro chitarre, Janne Lundberg dietro le pelli con una buffa maglietta a righe ed infine i due tastieristi, con pettinature a caschetto abbastanza simili, mentre carezzano i loro strumenti: Hammond, MiniMoog e sintetizzatori vari. A suggellare questo LP ecco una elegantissima copertina con un delicato garofano rosso e le scritte in oro. In maniera altrettanto elegante ed ordinata le composizioni sono 4 per lato, tutte di durata abbastanza contenuta, dai tre minuti circa di "Staden" ai quasi sei minuti di "Glädjens rus". La miscela sonora proposta dai Grace è una gradevole compenetrazione fra la musica dei Kansas ed il Prog sinfonico alla Kaipa: ne deriva un insieme sonoro abbastanza particolare per la Svezia di quei tempi. Composizioni ariose, con eleganti barocchismi pomp, mai eccessivi a dire il vero, e quella gaiezza e spensieratezza tipica del gruppo di Lundin. Un ottimo spartiacque fra la musica impegnata e colta degli anni Settanta ed il disimpegno tipico delle composizioni del decennio successivo.

Il pezzo di apertura "Paradiset" (il Paradiso) ha una struttura abbastanza semplice, appare spigliato e leggero ed è costruito in gran parte su riff melodici e cadenzati di chitarra, con tastiere adagiate sullo sfondo a dare una sensazione di profondità spaziale senza intromettersi troppo. Il cantato è abbastanza energico e in svedese ed emerge uno spirito improntato al divertimento e all'intrattenimento. In "Blind" si respirano atmosfere anni Ottanta abbastanza caratteristiche ma la musica resta comunque elegante, dal sapore tipicamente americano e vagamente pomp. In questo contesto viene incastonato un intermezzo graziosissimo che inequivocabilmente ricorda i Kaipa di "Inget Nytt Under Solen", con linee melodiche e caratteristiche di chitarra e tastiere che presto si sviluppano in crescendo, lanciandosi verso l'accelerata parte conclusiva. "Glädjens rus " (sbornia di gioia) è fra i pezzi da ricordare, con intermezzi giocosi e classicheggianti di chitarra e tastiere in stile Kansas e reminescenze che ci riportano nello specifico a "Masque" (l'album che sembra globalmente essere più affine alla musica dei Grace), anche se le atmosfere in questo caso sono sempre solari e distese. "Leva eller dö " (vivi o muori) chiude il lato A in maniera spensierata e leggera, nonostante il titolo un po' cinico, e si mette in evidenza per la parte finale in cui si intrecciano Hammond, MiniMoog e synth in maniera briosa ed incalzante, con tanto di assolo di chitarra elettrica.
In "En dag i skolan" (Un giorno a scuola) le tastiere prendono il sopravvento, costruendo una melodia tipicamente anni Ottanta che ricorda molto gli Ultravox. Il lato B si muove un po' in discesa, offrendo l'aspetto più immediato della band ed il secondo pezzo, "Staden" (la città), si basa su sequenze hard rock piuttosto dirette, impunturate comunque da interessanti e semplicissime sequenze di tastiere, proprio come accade nelle tracce più disimpegnate dei Kansas. "Summer Dreams" è l'unica traccia cantata in inglese anche se l'accento rimane decisamente nordico. Anche in questo caso il gruppo riesce ad inserire nell'ambito di una canzone, tutto sommato scontata, sequenze interessanti di Hammond e chitarra. In chiusura è stato collocato il pezzo più oscuro dell'album, "Örnen" (l'aquila): il cantato è malinconico e dimesso e gli strumenti sullo sfondo creano uno scenario quasi tragico. Come al solito è molto gradevole la costruzione melodica delle parti di chitarra, con improvvise e solari aperture sinfoniche che irrompono proprio quando sembra che il brano cominci a diventare un po' troppo monotono. Il finale è come un raggio di sole che si fa strada fra le nuvole nere, arioso, elegante e semplice, come nello stile di questa band.
L'album purtroppo non è stato ancora ristampato ma con un pizzico di fortuna si può trovare senza spendere cifre assurde.

Jessica Attene

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