Home

 
HOENIG, MICHAEL Departure from the northern wasteland Kuckuk 1978 GER
 

Il nome di Michael Hoenig, probabilmente, dirà poco a molti appassionati. Il tastierista tedesco militò tra il 1967 ed il 1973 con gli elettroacustici Agitation Free. Si trattava di una delle tante esperienze di avanguardia berlinese di quegli anni – nel gruppo, una sorta di comune aperta, militava anche il futuro Tangerine Dream Christoph Franke – in bilico tra sonorità underground, free rock (come voleva suggerire la stessa sigla), echi di musica orientale (principalmente turca e libanese). Gli Agitation Free si sciolsero dopo appena due dischi, che lasciarono qualche tenue ricordo solo nella mente degli amanti della psichedelia più esotica. Hoenig, che ne era stato il keyboards player, dapprima entrò alla corte del maestro elettronico Klaus Schulze, con il quale pubblicò in duo i seminali “Picture Music” (1974) e “Timewind” (1975), quest’ultimo una sinfonia barocca, ispirata alla vita di Richard Wagner. Nel 1975, sostituì anche temporaneamente Peter Baumann nelle date dei Tangerine Dream in Australia. Purtroppo, a tutt’oggi, non esiste una documentazione live ufficiale di quella storica tournée. Infine, prima di scomparire del tutto dalle scene, Hoenig registrò, tra il 1976 e il 1977, il suo album di debutto. Intitolato suggestivamente “Departure from the Northern Wasteland”, il long playing uscì nel 1978 per la piccola etichetta Kuckuck. Mixato a Colonia dal grande Conny Plank, guru del kraut rock di allora (Neu, Kraftwerk, Harmonia, La Dusseldorf, Cluster, Streetmark, Lilienthal tra gli altri), il disco rimane nel tempo come un vero e proprio inno ai sintetizzatori. Sono loro, nemmeno a dirlo, i protagonisti pressoché assoluti dell’album. Hoenig, tuttavia, non monopolizza mai le trame melodiche. Lo prova il fatto stesso che si fa coadiuvare, per le linee armoniche dell’ultimo brano, dal secondo tastierista Micky Duwe e dai fraseggi di chitarra di Lutz Ulbrich. L’uso non invadente del moog richiama inoltre alla mente Brian Eno. La facciata A è interamente occupata dalla suite che dà il titolo al disco. Qui Hoenig, nei ventuno minuti di durata, pare più interessato a intrecciare e ricamare suoni che a bombardare l’ascoltatore con un dispiegamento pomposo di tastiere elettroniche. “Departure from the Northern Wasteland” entra in punta di piedi e dipinge, una nota dopo l’altra, un paesaggio vario e mutevole, ora limpido e lunare, ora più sperimentale e frammentario. Non possono ovviamente mancare riferimenti alla scuola elettronica tedesca. In effetti, vari passaggi tradiscono la passata militanza musicale con Schulze e i TD. Hoenig rielabora comunque tali influenze in maniera creativa e abbastanza originale, finendo col somigliare soltanto a se stesso. “Hanging Garden Transfer” inanella una lunga sequenza di sensazioni elettroniche nuovamente visionarie e di ritmiche reiterate all’infinito. Gli effetti analogici, infine, danno quel tocco cosmico in più. L’onirica “Voices of Where” lascia ancora spazio a larghi ed immobili tappeti di synth, con dilatazioni suadenti e di ampio respiro. La traccia conclusiva, “Sun and Moon”, mostra un’urgenza più rock, evidenziando anche una notevole maturità nel mescolare ricerca sonora e ritmo in quattro quarti. Non scompare peraltro neanche qui la propensione a dipingere atmosfere spaziali, a fianco della scelta di soluzioni timbriche fredde quando non glaciali, suggerite dall’uso stesso delle macchine elettroniche. Si chiude così un album splendido– che nulla ha di easy, nonostante i commenti di certa critica malevola – molto geometrico ed intellettuale. Un album che resta, anche, l’epitaffio di una carriera altrimenti promettente. I cultori del rock tastieristico non se lo lascino sfuggire.

Davide Arecco

Italian
English