Home

 
GURUH GIPSY Guruh Gipsy Pramaqua 1977 INDN
 

Ecco che mi sento già nelle orecchie le voci dei soliti detrattori che insinuano cose tipo: "adesso anche il prog indonesiano…" oppure "certi album sembrano belli solo perché sono esotici" e ancora "ma quanto se la tira il recensore con queste band sconosciute provenienti da paesi impronunciabili". Basta: è ora che i comuni detrattori inizino a tacere e si inchinino di fronte ad un disco di questa fattura che non solo è una perla del prog orientale, ma anche uno degli album di prog sinfonico più belli mai realizzati sul nostro pianeta. Prendete un minuto a caso del lato A, uno a caso dico, e ditemi se la musica vi lascia indifferenti oppure se vi desta un piacevole ed ammirato senso di stupore. La musica qui contenuta è non solo piacevole e coinvolgente ma anche originale o forse addirittura unica nel suo genere. Vi traspare un gusto per la tradizione musicale europea, con riferimenti spiccati alla musica classica e soluzioni ampiamente adottate dai classici del prog sinfonico britannico, che si fonde in maniera più che perfetta alla tradizione musicale di Bali. Il connubio fra culture così distanti appare perfetto e si realizza grazie all'armonizzazione dei diversi sistemi musicali e all'uso sia di strumenti musicali per noi consueti (MiniMoog, chitarra, piano, organo, batteria) che di strumenti tradizionali come il gamelan, che in realtà è un complesso insieme di elementi assemblati per suonare assieme ad una certa maniera e comprendente xilofoni, ideofoni, cordofoni, gong ma anche voce e flauti di bambù. La compenetrazione di culture musicali diverse avviene qui in maniera elegante ed armoniosa a formare un insieme coerente ed unico.

La registrazione dell'album ha impegnato il gruppo dal Luglio del 1975 al Novembre del 1976, attraverso un processo complesso in cui le sedute di incisione si alternavano a fasi di composizione, studio e prove. L'equipaggiamento di cui disponevano era quello allora più avanzato disponibile in Indonesia e si avvaleva di un registratore a 16 tracce. Inoltre alla band vera e propria, composta da 5 elementi e guidata dal fondatore, nonché figlio dell'allora presidente indonesiano, Guruh Soekarno Putra (gamelan e testi), si affiancava un insieme di ospiti al flauto, violoncello, clarinetto, contrabbasso, violino, più un'orchestra di musicisti tradizionali balinesi. Ecco, da questa descrizione potreste immaginare chissà quale frittatona, in realtà il risultato è armonioso, quasi semplice nella sua bellezza ed esaltante per la profondità degli arrangiamenti sperimentati. Non si tratta di un disco astruso o marziano, anzi, non faticherete a trovare similitudini persino col prog nostrano. Ascoltando la bellissima traccia di apertura, "Indonesia Maharddika", un lungo brano epico di oltre quindici minuti, troverete riferimenti a Yes, Genesis, EL&P e persino a PFM e Maxophone oltre che alla musica classica, come nella miglior tradizione del prog sinfonico occidentale. Vistose sono le parti di Moog e tastiere attraverso le quali si insinuano i mille suoni del gamelan. Il cantato ricorda vagamente quello di Stefan Danielak dei Grobschnitt ma le liriche sono in lingua locale e l'effetto complessivo è bello e spiazzante. Il mood è festoso e gioioso e le linee melodiche sono sempre piacevoli e ben delineate, nonostante l'incredibile ricchezza delle sonorità e la vasta varietà degli strumenti impiegati. Bellissimo è il finale in crescendo in cui questo pezzo sembra quasi sublimarsi, fra cori quasi angelici e la musica che sfuma gradualmente su una potente base di organo e i mille ricami di Moog. Il lato A intero è quello che conserva un'immagine globale più affine ai gusti occidentali, nonostante le varie componenti balinesi fortemente compenetrate in esso e ben percepibili. "Chopin Larung" (ispirato da "Fantasie impromptue" di Chopin) è un pezzo oscuro ed aggraziato, guidato da un pianoforte classicheggiante, suonato con enfasi e grande tecnica, che sembra quasi perdersi fra le percussioni misteriose ed inquietanti del gamelan. L'ambientazione è spettrale e l'ascolto avviene quasi sul filo della tensione, facendo immaginare paesaggi alla Giger. Il lato A si chiude con "Barong Gundah" un pezzo aggressivo e complesso, dall'andamento sinuoso, come il dorso ondeggiante di un grosso dragone colorato. In questo pezzo prevale l'aspetto percussivo, con intrecci strabilianti fra le tastiere vivaci e rigogliose ed il gamelan. Non stupiscono più di tanto i riferimenti alla musica prog occidentale se si pensa che i Gipsy, la band che, incorporando nella sua formazione il geniale Guruh Soekarno, diede origine alla formazione che realizzò questo album, fra le altre attività musicali facevano anche cover di Genesis, King Crimson ed EL&P. Si tratta quindi di un repertorio per loro familiare che sembrano quasi aver sminuzzato e riassemblato in questo contesto musicale nuovo.

Il lato B contiene pezzi più profondamente influenzati dal folklore balinese. Fra questi spicca sicuramente "Geger Gelgel", brano di dodici minuti circa, interpretato da un totale di 25 elementi (i 5 Guruh Gipsy più i venti componenti di un complesso di gamelan balinese). La registrazione è avvenuta in presa diretta e senza soivraincisioni ed il risultato è impressionante. Si mischiano impressioni rock, psichedeliche e sinfoniche ad un fitto sottobosco di percussioni intrecciate in maniera complessa ed eccitante. L'album si chiude con un breve pezzo lento con parti vocali che oscillano fra suggestioni balinesi e un mood occidentaleggiante un po' alla John Wetton. Nella stampa su cassetta e nella più recente edizione su vinile (un bootleg per la precisione, come confermato da un membro della band) curata dall'etichetta tedesca Shadoks viene indicata come bonus track "Sekar Ginotan", un pezzo praticamente per gamelan di musica tradizionale balinese. L'album fu stampato in origine su cassetta in 5.000 copie, in una edizione di lusso con un libro allegato di 32 pagine che comprendeva descrizioni dettagliate sulle canzoni e sul processo creativo che aveva portato alla loro realizzazione. La copertina riporta un'immagine formata da dieci lettere balinesi antiche che significano: "nel vuoto appare la verità più vera". La storia dei Guruh Gipsy si conclude con questo unico album, capolavoro senza tempo, scrigno prezioso di favole e magia, perla orientale del prog.

Jessica Attene

Italian
English