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BLUE MOTION Blue motion autoprod. 1980 (CD The Laser's Edge 1992) SVI
 

Mattino, la sveglia non è ancora suonata eppure non sono completamente addormentato e non sono neppure completamente sveglio. Il sonno del dormiveglia è ricco di immagine ipnagogiche, quelle che da appena sveglio si riescono a ricordare, ma per un lasso di tempo brevissimo, prima di essere completamente lucido e vederle cancellare, come in una lavagna magica. Un treno e una galleria, in un fluire lento e quasi irreale: il treno non è sufficientemente veloce e la galleria non è sufficientemente larga, tanto che le lamiere stridono nell'imbotto nelle murature. Freud avrebbe senz'altro da dire qualcosa sull'erotismo di questa immagine. Il tutto è accompagnato da poche note. Quattro note che si ripeto all'infinito e che, quando la mente si avvicina più alla sveglia che all'addormentamento, cominciano a fissarsi e ridondare nella mente. Quattro note che ho già sentito e che provo a mettere su un ideale pentagramma: ecco la tonica, ecco la terza minore (di certo è un bemolle), ecco la quinta ed ecco un'altra nota che odora di settima: è un fa diesis minore settima, quello che riempie le note dei righi. Ma quanta musica che ascolto possiede quell'accordo? Quasi tutta? Probabile. Le note continuano a martellare la mente. Pesanti, sempre più marcate e non mi chiariscono l’autore, non riesco a ricordare dove le ho sentite, a quale disco possano appartenere. Un qualsiasi esperto scacchista se sentisse citare: “Mossa 27 Df6, Cf5“ penserebbe subito alla partita storica tra Fisher e Spassky. Perché invece “Fa#m7” dà meno certezze?

Ora sono sveglio, mi alzo e penso che quelle quattro note tra breve saranno svanite nei pensieri di una giornata come le altre. Diluite assieme ad altre passate in radio, al CD nel lettore della macchina, al bip del cartellino e chissà con quale altro suono. Dopo due ore, in ufficio, le note tornano. Ma la lucidità riesce a farmele abbinarle a quelle seguenti, qualche istante di ragionamento e finalmente tutto è chiaro: Blue Motion.

One shot band, i Blue Motion si formarono in Svizzera da una costola dei Circus, intorno alla metà del 1980. Forse dire “si formarono” è un po’ azzardato in realtà il disco in questione nacque semplicemente da una collaborazione extragruppo tra il batterista Fritz Hauser e il tastierista Andreas Grieder, che già da qualche tempo componeva e sperimentava a quattro mani con Stephan Ammann, visionario tastierista dalla tecnica mostruosa e dalle idee fresche. Ad ogni modo nell’ottobre del 1980 uscì il disco omonimo, per 45 minuti di rivoluzioni tastieristiche. Su ritmiche poderose e spesso complesse, ruotavano organi, pianoforti e vibrafono in un esercizio che, senza scadere nell’autocompiacimento, consentiva di fare inchino alla maestria tecnica del trio, senza esclusioni di sorta. Due brani lunghi (12 e 15 minuti) erano contornati da una serie di brevi spot, alcuni di mezzo minuto, dove alternativamente o in ensemble i tre scaricavano i vagoni di note in un fare sublime che non di rado poneva i suoni in una zona di transizione tra la musica sinfonica e sperimentale del ‘900, soprattutto Stravinsky e Bartók e il rock emersoniano. In aggiunta a queste già belle premesse, un tocco di elettronica minimalista e un acceso gusto jazz, a creare momenti stranamente vicini anche a forme zeuhliane, con anomale linee di basso gestite dall’ARP Quadra, in un reiterato accanimento del tema ritmico e una sequenza di assolo trascinanti. Un risultato con pochi riferimenti analoghi, sia per la singolare formazione, sia i risultati effettivi. Qualche cosa vagamente vicino potrebbe essere reperito nei francesi Clearlight. Resta il fatto che i brani del disco contengono magia solida, di quella che riesci a toccare a percepire in ogni nota, sia nelle lunghe “Stromboli” e Stonehenge”, sia nella breve quanto intricata “31/8” o nei due frammenti chiamati “Motions”, fino alla finale ed incredibile “Slow Motion”, dimostrazione di quanto anche l’elettronica possa avere anima e cuore immenso. Nella musica, tutto ruota attorno una decisa voglia di sorprendere, senza lasciare nulla al caso e senza sbrodolarsi ingenuamente addosso. Certamente uno dei migliori dischi svizzeri e, più in generale, un disco imperdibile di gioia fortemente progressiva, nella sua accezione più ampia e positiva.

Tornando al sogno narrato all’inizio, quelle quattro note hanno generato un che di erotico, come la musica che rappresenta questo disco. Plin-plan_plon. Plen … e poi tanto, tanto altro, ecco a voi i Blue Motion.

Roberto Vanali

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