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AUDIENCE Riccardo Maranghi
 

In questa retrospettiva di questo numero ho deciso di parlare di un gruppo che sarà probabilmente già noto a chi si interessa della musica anni settanta in generale, ma forse un po' meno per coloro che ascoltano strettamente progressive, visto che assai di rado ho avuto occasione di vederlo inserito nell'ambito del genere. Si tratta degli AUDIENCE, ensemble formatosi a Londra sul finire dei Sessanta attorno alle figure di Howard Werth e Keith Gemmel...

Il gruppo non è infatti strettamente classificabile come progressive, stanti le numerose influenze che vanno a generare l'originale mistura dello stile-AUDIENCE, e soprattutto visto che di connotati sinfonici tale stile ne presenta ben pochi. Se si vuol individuare un punto di partenza del discorso di Werth e soci, questo è da ricercarsi nel folk, un folk che è comunque rielaborato in una chiave tale da non risultare affatto spiacevole anche per il più purista dei prog-fan. La voglia di sperimentazione, di percorrere strade nuove che imperversava nell'Inghilterra di fine anni '60-primi 70 porta gli AUDIENCE a tentare riuscite commistioni tra più generi, e nei loro dischi si ritrova difatti po' di tutto: dal folk al jazz, dal madrigale al blues. Proprio per questo, limitandosi ai nomi noti a tutti, forse il gruppo che più si avvicina in spirito agli AUDIENCE sono i JETHRO TULL di dischi come "Stand-up!" o "Benefit" (vuoi anche per una certa somiglianza nell'uso del flauto), i quali, appunto, all'epoca non erano certo etichettabili come progressive.
Reduci dall'esperienza giovanile con la Lloyd Alexander's Blues Band, i già menzionati Werth (chitarra acustica, banjo e voce) e Gemmel (sax, clarinetto, flauto ed altri strumenti a fiato) reclutano nel 1968 il bassista Trevor Williams ed il batterista Tony Connor, dando così vita al nucleo fondamentale del gruppo. L'intensa attività live nel circuito dei college e dei piccoli club consente al nome AUDIENCE di acquisire una certa notorietà, e permette ai quattro di strappare un primo contratto con la Polydor, per la quale esce nel 1969 il disco d'esordio, omonimo.
Soprassediamo sugli aspetti collezionistici, che hanno portato questo LP ad essere tra quelli del gruppo in assoluto il più ricercato (se non vado errato la prima edizione venne ritirata dal commercio), e concentriamoci invece sull'aspetto prettamente musicale. Dodici brani in 40 minuti... le suite di KING CRIMSON o YES sono ben lontane.
Come dicevo il punto di partenza più plausibile può essere rintracciato nel folk, anche se si avverte comunque una pressante esigenza di riproporre tale stile in chiave rock, in linea con una tendenza abbastanza comune in quegli anni. Tra tutti i dischi degli AUDIENCE, questo può essere ad ogni modo definito come il più educato: raramente le composizioni riescono ad andare sopra le righe, raramente il gruppo rischia qualcosa lasciandosi prendere la mano dalla musica, e la breve durata di tutti i brani ne è la prova. La chitarra (quasi sempre acustica) di Werth ed i fiati di Gemmel, senza dimenticare il fondamentale contributo fornito dalla originale voce del cantante, sono i pilastri su cui si basa tutto il disco; qua e là vengono introdotti organi o archi tanto per movimentare un po' il tutto, ma la loro presenza non è poi così importante. Nonostante la semplicità, il vinile risulta assai piacevole, e brani come l'iniziale "Banquet", "Poet", "Heaven was an island" (più spostata verso il blues), "Leave it unsaid" o "House on the hill" (che, come vedremo, sarà poi ripresa dalla band in occasione del terzo disco), fanno ben sperare per una successiva evoluzione dello stile.
Evoluzione che assumerà il nome di "Friends' friend's friend", secondo album pubblicato nel 1970 per la Charisma, etichetta alla quale gli AUDIENCE erano passati dopo esser stati notati da Tony Stratton-Smith durante un concerto come spalla ai LED ZEPPELIN al Lyceum di Londra. I brani passano da dodici a otto, e già questo è indice di una maggiore complessità delle composizioni. Pur restando strettamente legati alla matrice folk (gli AUDIENCE rimarranno sempre un complesso essenzialmente acustico), i brani tendono a dilatarsi e ad acquistare in articolazione, così come avviene in "Raid", nel quale il sax ricorda il David Jackson dei VDGG o in "Priestess", entrambi firmati dalla coppia Gemmel-Connor. L'altra anima del gruppo, quella formata da Werth e Williams, rimane invece saldamente ancorata allo schema di canzone, producendo comunque composizioni assai piacevoli quali "Nothing you do", "It brings a tear", "Right on their side" o la title-track, mentre non esaltano il country-rock di "Belladonna Moonshine" e lo strumentale "Ebony variations".
Anche i testi, declamati da una voce di Werth che ha nel frattempo ulteriormente acquistato in originalità, si connettono alla tradizione folkloristica inglese, assumendo in talune occasioni connotati dark come nelle già citate "Priestess" o "Raid", rispettivamente oscura descrizione di un sacrificio rituale e sanguinosa cronaca di un'incursione vichinga in terra anglosassone.
Il disco è accolto con pareri entusiastici da parte della critica, il grande pubblico stenta però ad accorgersi di esso, a dispetto della buona risposta ottenuta dal gruppo al festival di Plumton. Nonostante ciò gli AUDIENCE non si danno per vinti, e dopo esser passati sotto l'abile guida del produttore Gus Dudgeon (da Gemmel stesso definito come "il quinto membro del gruppo") pubblicano sul finire dell'estate del 1971 "The house on the hill". La copertina del famoso studio Hipgnosis (ricordate "The lamb lies down on broadway"?), tratta da un film degli anni quaranta, rende bene l'idea dell'atmosfera antiquata che pervade tutto il disco, connettendosi idealmente col testo della title-track, storia di fantasmi e case maledette che sottolinea come il gruppo continui a livello di liriche ad ispirarsi alla tradizione anglosassone. Il metodo di composizione basato sulle due coppie Werth-Williams e Gemmel-Connor utilizzato in "Friend's, friend's friend", che aveva portato tale disco a mostrare due anime per certi versi differenti, viene in parte abbandonato, e il risultato è un'opera più compatta e meglio amalgamata. "Jackdaw" - brano di oltre sette minuti in cui il sax di Gemmel prende il sopravvento in un continuo susseguirsi di situazioni musicali talvolta basate sull'improvvisazione -, "The house on the hill" - riveduta e corretta in chiave progressiva rispetto alla versione del disco omonimo - e una travolgente versione di "I put a spell on you" di J. Hawkins, sono i momenti migliori di album che è senza dubbio alcuno definibile come l'apice creativo della musica degli AUDIENCE, un album che non sfigurerebbe in nessuna collezione discografica. Le cinque restanti tracce puntano palesemente alla melodia orecchiabile, con risultati talvolta buoni ("Eye to eye", "I had a dream"), talvolta meno buoni ("You're not smiling", "Nancy").
Discorso a parte per lo strumentale "Raviolé", ottimo intermezzo basato sulla chitarra acustica di Werth che si avvale della collaborazione degli archi della London Symphony Orchestra, all'epoca uno dei brani più famosi del gruppo.
La critica non risparmia gli elogi, ed anche il pubblico stavolta riserva una buona accoglienza alla band, così come dimostra la trionfale tournée statunitense del 1971 accanto ai FACES. Nonostante il successo commerciale paia esser giunto, Gemmel, probabilmente a causa di contrasti con la visione musicale di un Werth sempre più leader del gruppo, abbandona per entrare negli STACKRIDGE durante la fase di preparazione del quarto album. "Lunch", pubblicato nel 1972, vede cosi la partecipazione di Patrick Neuberg al sax e Nick Judd alle tastiere. Stavolta la critica non si esprime con toni molto entusiastici, affermando che il "pasto succulento" annunciato dal titolo sarebbe rimasto probabilmente sullo stomaco agli estimatori della band... e l'ascolto del disco non può far altro che dargli ragione. "Lunch" è infatti un disco in cui latitano sia l'ispirazione che il recupero folkloristico che avevano costituito l'impronta principale della musica degli AUDIENCE, con la perdita di Gemmel è inoltre scomparsa l'anima più progressiva della band, come dimostrano gli interventi del sax che si fanno spesso banali. Questo quarto lavoro si concentra quindi sulle composizioni più brevi e commerciali, senza però raggiungere nella maggior parte dei casi il livello di quelle contenute nei due album precedenti. Qualcosa si salva, ma brani come "Seven sore
bruises", "Hula girl" o "Barracuda Den" deludono nonostante le ottime interpretazioni vocali di Werth. A dispetto di ciò, "Lunch" è l'unico disco degli AUDIENCE che riesce ad entrare anche nelle charts nostrane, stazionando per un paio di settimane attorno alla ventesima posizione. Le idee e l'entusiasmo non sono però più quelli di una volta, e all'indomani dell'uscita del quarto album il gruppo decide di tirare giù il sipario. Werth riceve una famosa offerta da parte di Ray Manzareck, che lo vuole nei DOORS in sostituzione dello scomparso Jim Morrison, offerta che però non va in porto.
La Charisma decide di pubblicare l'anno successivo "You can't beat them", compilation contenente i discreti "Elixir of youth" e "Indian summer", due brani non presenti nei quattro dischi ufficiali, mentre Werth ricompare nel 1975 con il suo primo disco solista "King Brilliant". La partecipazione alla colonna sonora del film "Bronco Bullfrog" è l'ultima occasione per i membri del gruppo per ritrovarsi assieme... ma la favola è già finita da un pezzo.
Qui si chiude la storia degli AUDIENCE, un gruppo che come annunciavo in partenza non posso consigliare senza riserve ad ogni appassionato di progressive, ma che ha comunque scritto con la sua opera migliore un importante capitolo nella storia del rock inglese. "The house on the hill" è quindi un disco assai consigliato, mentre gli altri vengono di conseguenza.

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