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PESNIARY Jessica Attene
 

Introduzione e note preliminari


Sebbene in Unione Sovietica non esistesse il termine "Progressive Rock" possiamo comunque trovare delle forme musicali, fra le produzioni degli anni Settanta, che rientrano per le loro caratteristiche nel nostro genere di riferimento. Non è semplice avvicinarsi a questo mondo, affascinante ma di difficile esplorazione, sia per il fatto che la mancanza di certe etichette per la segnalazione dei generi musicali non facilita affatto l'identificazione delle opere musicali di nostro interesse, sia per l'uso di un alfabeto diverso dal nostro che impedisce ai più persino il riconoscimento dei dischi. Inoltre capitava spesso che uno stesso album venisse stampato con copertine completamente diverse fra un'edizione e l'altra oppure che album diversi avessero un titolo comune che corrispondeva, in molte occasioni, al nome stesso del gruppo. L'azione di censura e controllo cui erano sottoposti gli artisti sovietici faceva in modo che soltanto le produzioni accettate ed approvate dalle autorità potessero essere pubblicate dall'etichetta di stato: oltre al mondo "ufficiale" esiste quindi tutto un vastissimo mondo sommerso da scoprire fatto di registrazioni clandestine e lavori inediti. Poi c'è il punto dolente delle ristampe che i nostri amici russi producono in maniera più che disordinata, senza rispettare spesso la struttura del vinile originale e magari con una qualità sonora scadente. Una delle poche eccezioni è stata l'etichetta Boheme che ha riportato alla luce grandi capolavori del prog sovietico nel rispetto delle opere originali e con una qualità sonora apprezzabile. Non a caso l'album dei Pesniary maggiormente conosciuto ed apprezzato al mondo è proprio l'opera rock "Gusliar", ristampata su CD dalla Boheme stessa. Non bisogna comunque scoraggiarsi perché, superato qualche piccolo ostacolo iniziale, potremo godere di un mondo sonoro fantastico: con non troppa fatica e una spesa non esosa, nei mercatini e nelle aste online potrete reperire i vinili originali dei gruppi sovietici ed apprezzare delle opere meravigliose, particolari e diverse rispetto a quelle occidentali.

I Pesniary sono stati forse il gruppo musicale più amato e conosciuto di tutta l'Unione Sovietica: furono i primi ad ottenere il disco d'oro per aver realizzato dieci LP, i cosiddetti "giganti", che hanno venduto più di dodici milioni di copie. Il loro grande successo raggiunse tutte le repubbliche socialiste, nonostante la scelta coraggiosa di cantare in bielorusso, preferendo il proprio idioma nazionale al russo, il cui utilizzo veniva fortemente incoraggiato dalle autorità che reprimevano ed ostacolavano chi sceglieva di cantare in una lingua diversa. Furono anche il primo gruppo sovietico ad esibirsi negli Stati Uniti, onore concesso prima di allora solo ai musicisti classici e ai ballerini del Bolshoy.
La loro biografia è molto complessa a causa dei continui cambi di formazione (attorno al gruppo, nell'arco della sua carriera trentennale, sono ruotati più di cinquanta musicisti!) ma soprattutto per il fatto che, accanto alle pubblicazioni ufficiali su vinile esiste una considerevole mole di materiale, rimasto ancora inedito, che la band all'epoca destinava esclusivamente alle esibizioni teatrali.
Per le loro prime produzioni i Pesniary attingono al patrimonio folkloristico bielorusso, recuperandone i motivi popolari ed i versi. Il loro desiderio era quello di creare composizioni che rimanessero per sempre nel cuore della gente ed il patrimonio folkloristico, come lo stesso leader del gruppo Mulyavin osserva, non scompare mai dalla storia di una nazione! Le loro comunque non erano delle banali riproposizioni ma il materiale tradizionale veniva utilizzato come spunto per creare delle composizioni originali dal taglio moderno in cui si fondono fragranze antiche e arrangiamenti caratterizzati da una complessa commistione stilistica. Il favoloso sincretismo culturale e stilistico che si respira nella musica del gruppo, e che diventerà con gli anni sempre più complesso e stratificato, si concretizza attraverso la commistione di generi diversi che oscillano dal folk al jazz, fino al rock e alla musica classica e anche attraverso l'utilizzo di strumenti dalle caratteristiche assai diverse, da quelli elettrici a quelli della tradizione popolare (come la graziosa lira ucraina o il bayan), fino a quelli classici come il violino, i legni e gli ottoni.

In questa retrospettiva, per facilitare il recupero e l'identificazione degli album, abbiamo scelto di riportare il numero di catalogo degli LP e l'immagine di tutte le copertine appartenenti alle diverse edizioni (considerate che in alcuni casi due album diversi potevano avere una copertina identica, quindi controllate sempre il numero di catalogo). Per chi non conosce il cirillico, accanto a ogni canzone è indicato il numero della traccia. I primi quattro album non hanno in realtà un nome ma noi abbiamo seguito l'usanza adottata anche da altri autori di dare loro un titolo convenzionale, abbiamo scelto per la precisione la nomenclatura del sito pesniary.com.


Le origini del gruppo: i Lyavony



La data ufficiale di nascita del gruppo, allora chiamato Lyavony, è considerata il primo Settembre del 1969, nel momento in cui la Società Filarmonica di Minsk diede loro l'autorizzazione statale ad essere denominati "vocal-instrumental ensemble" (VIA), denominazione ufficiale con cui venivano definiti tutti i gruppi musicali che avevano nella loro formazione un cantante ed un certo numero di musicisti e che non indicava quindi l'appartenenza ad alcun preciso genere. Le autorità statali infatti bandivano tutte quelle definizioni che potessero creare agganci di qualsiasi tipo con la musica occidentale "rivoluzionaria" e ovviamente, in quest'ottica, erano bandite le parole "rock", "beat"… per non parlare di "progressive"! La registrazione ufficiale era altresì un passo importante, dal momento che i locali per suonare, le sale di incisione e l'etichetta discografica Melodiya, erano sotto il monopolio dello stato e solo i gruppi riconosciuti potevano accedere a questi servizi. La direzione della band (bisogna precisare che era obbligatorio allora individuare un direttore d'orchestra) fu affidata ufficialmente a Vladimir Mulyavin (nato a Sverdlovsk, in Russia ed emigrato successivamente, dopo i suoi studi musicali, a Minsk) che ricoprirà questo ruolo ininterrottamente fino al primo scioglimento del 1998. Il musicista aveva avuto i primi contatti con gli altri membri fondatori, nessuno dei quali, curioso a dirsi, bielorusso di nascita, già nei primi anni Sessanta, e per la precisione nel 1965, durante il servizio militare nel distretto della Bielorussia. Gli obblighi di leva duravano allora diversi anni e questo permise ai musicisti di stringere amicizia e di fare progetti. Il primissimo nucleo era costituito quindi da Leonid Tyshko (basso), Valery Yashkin (organo e bayan), Vladislav Misevich (flauto, sassofono e tromba) e Alexander Demeshko (batteria). A questi si aggiunge, all'atto ufficiale di nascita dei Lyavony, nel 1969, il fratello maggiore di Vladimir Mulyavin, Valery (chitarra, tromba, voce). Nel 1967 i musicisti erano già attivi sotto il moniker Orbita-67 come accompagnatori del cantante Nelli Boguslavskoy; il nome Lyavony verrà utilizzato per la prima volta l'anno successivo nel contesto di uno spettacolo di varietà chiamato appunto "Lyavonikha", dal nome di una danza popolare bielorussa. Fra i primissimi pezzi del loro repertorio, troviamo le cover delle canzoni degli amatissimi Beatles, riproposte con testi in russo. Queste esibizioni facevano molto presa sul pubblico, ma le ambizioni del gruppo erano diverse.

I Lyavony pubblicarono soltanto un flexi per la Melodiya che conteneva la famosa canzone "Ty mne viasnoyu prysnilasya" (Hai sognato di me in primavera), anche se il nome del gruppo indicato sulla copertina era, non si sa bene per quale motivo, Lyavonikha.

Il gruppo fu lanciato al grande pubblico in occasione della IV edizione del festival delle repubbliche sovietiche a Mosca, nell'Ottobre del 1970, in cui ottenne il secondo posto, a pari merito con il cantante Lev Leshenko e l'ensemble georgiano Dielo. In pratica si trattò di una vittoria a tutti gli effetti, dal momento che il primo posto non fu assegnato a nessuno (!!!). La Società Filarmonica di Minsk non aiutò il gruppo in questa avventura, né fornì loro gli strumenti musicali, ma l'incoraggiamento arrivò addirittura da parte del Ministro della Cultura che dichiarò che la partecipazione ad una manifestazione di prestigio non avrebbe fatto altro che accrescere il buon nome della Società. Proprio in occasione del festival avvenne il cambiamento di nome suggerito da Tyshko e approvato dal Ministero della Cultura stesso: i Lyavony d'ora in poi saranno chiamati Pesniary (Песняры - canzonieri).

Nel primo round furono proposte tre canzoni: "Trubachy" (trombettieri), "Khatyn", una ballad scritta appositamente per il gruppo da Igor Luchenok e “Temnaya Noch” (notte scura, un classico della canzone sovietica di Bogoslovskiy che potrete ascoltare nel CD della Moroz Records "Liavony" che racchiude alcune delle primissime canzoni del gruppo, compresi alcuni inediti, interessanti ma di qualità sonora insoddisfacente), accolta dal pubblico con uno scroscio di applausi. La canzone, tragica e oscura, parla della guerra vissuta non nei suoi aspetti eroici ma sul piano umano della sofferenza che si concretizza nella separazione e nella perdita delle persone care: nella steppa fredda si odono, nel buio della notte, solo i proiettili e l'oscurità separa il soldato dalla sua amata che piange in silenzio; la morte non è terribile perché permetterà agli innamorati di incontrarsi di nuovo. Nel secondo round furono proposti altri tre pezzi: "Ty mne viasnoyu prysnilasya" (ho sognato di te in primavera) e "Oy rana na Ivana" (Oh! una ferita a Ivan! - una canzone popolare bielorussa), sono le prime canzoni vere e proprie del repertorio dei Pesniary e compariranno nell'album di debutto della band. Il primo di questi pezzi verrà scelto proprio come traccia di apertura e verrà convenzionalmente utilizzato per designare questo LP (visto che i primi album dei Pesniary sono tutti senza un vero e proprio titolo sulle copertine). Come pezzo di chiusura dell'esibizione fu proposta "Ave Mariya", con il testo basato sui versi del poeta bielorusso Maxim Tank.

Il successo fu strepitoso e l'entusiasmo scatenato era tale che il gruppo da allora in poi in poi era costretto ad eseguire ogni canzone almeno due volte ed i concerti si protraevano così per il doppio del tempo previsto.


I Pesniary al debutto discografico



Nel gruppo ora militava anche un virtuoso del violino, Valentin Badjarov, un nuovo cantante, Leonid Bortkevich e Valery Gurdizyani al trombone che comunque lascerà la band poco tempo dopo in maniera curiosa, attaccando un bigliettino di commiato alla porta della sala prove e non facendosi più vedere. Leonid cantava in un gruppo folk di nome Zolotie Yablaki (mele d'oro) e fu invitato ad unirsi ai Pesniary subito dopo il festival. Ispirato dalla bella voce del nuovo cantante, Mulyavin compose nell'arco di una nottata la canzone "Aleksandrina" che apparirà nell'album di debutto e sarà eseguita dopo pochi giorni nella celebre Sala delle Colonne della Casa delle Unioni a Mosca.

Nel 1971 i Pesniary vennero convocati per rappresentare l'Unione Sovietica al festival della gioventù di Sopot. In questo periodo composero diverse nuove canzoni, parte delle quali, come "Is daliokhik Is Kraioiy" (che potete ascoltare sempre nel CD della Moroz Records intitolato "Lyavony", traccia 4), non vennero mai pubblicate mentre altre finirono nel long playing di debutto. Alcuni di questi pezzi furono interpretati in occasione di un filmato in bianco e nero, "I Pesniary", trasmesso dalla TV nazionale. La pellicola ci mostra delle coreografie gradevoli ma naif, dal sapore anni Sessanta ed un gruppo con look e atteggiamenti che richiamano smaccatamente i Beatles, anche se con un pizzico d'ironia. La sua visione, reperibilità permettendo, è consigliata in quanto il filmato contiene degli inediti interessanti, fra cui uno cantato, cosa questa più unica che rara, dal batterista Alexander Demeshko.

I negozi di dischi ricevettero con ben sei mesi di anticipo le ordinazioni del debutto, stampato nel 1971 ("Ty mne viasnoyu prysnilasya" - Melodiya, 33CM-02651-52), che scomparve dagli scaffali praticamente a distanza di poche ore dalla sua pubblicazione. Come accennato, la traccia di apertura era la bella e sentimentale "Ty mne viasnoyu prysnilasya", una ballad che ispira un senso di profonda malinconia, interpretata dalla voce dimessa di Mulyavin, con cori di violini strappalacrime e un morbido sottofondo di Hammond. Si tratta sicuramente del pezzo più cupo dell'album che invece è in prevalenza costruito su motivi tradizionali allegri e spensierati. Le prime canzoni del repertorio dei Pesniary risentono di certe influenze beat che vengono però stemperate nel contesto dei grandi motivi della tradizione popolare. Ne deriva uno stile unico e particolarissimo anche se l'impatto di queste canzoni è immediato e piuttosto semplice se paragonato alla produzione successiva. Possiamo comunque apprezzare alcuni degli elementi esemplificativi dello stile del gruppo, come gli splendidi e ricchi intrecci corali. Sotto questo profilo, "Oy rana na Ivana" (Oh! una ferita a Ivan!, traccia 4) è stupenda con il suo incipit fatto di cori a cappella imponenti cui fa seguito un'intro di violino in stile Kansas. Il pezzo fa gioco proprio sulla dinamica delle parti vocali e in particolare sulla ripetizione dell'esclamazione contenuta nel titolo, che viene ripetuta con tante variazioni a più voci praticamente in tutte le strofe.

Il processo creativo che portava alla nascita delle nuove canzoni, come spiega Tyshko in un'intervista dell'epoca, era molto diverso: alcune erano frutto di ricerche approfondite ma altre nascevano quasi immediatamente, in maniera naturale, come nel caso di "Kasi yas konyushinu" (Jas ha falciato i trifogli, traccia 2), venuta fuori dopo appena tre sedute in sala prove o come la divertente "Skripyaz mae lapzi" (I miei sandali buoni scricchiolano, traccia 6) che sfoggia uno spirito quasi comico, con la lira ucraina (uno strumento simile alla ghironda) che ricorda lo scricchiolio dei sandali e delle ritmiche beat decisamente movimentate. Nel corso dei concerti poi, queste canzoni assumevano nuove stratificazioni melodiche con ampio spazio per le improvvisazioni che coinvolgevano tutti i musicisti e le composizioni non erano mai l'una uguale all'altra.
"A u poli viarba" (Un salice nel campo, traccia 3) è costruita su arrangiamenti semplici facendo gioco quasi unicamente sulle parti vocali, ripetitive, che si sviluppano in crescendo, allacciate da vigorosi intermezzi di organo. Qualcosa di più avvicinabile a quello che i polacchi chiamavano big beat lo possiamo trovare in "Idziom-Paidziom vdol bulizi" (camminiamo lungo la strada, traccia 7) con ritmiche dominate da basso e Hammond, ed intermezzi corali che giungono a spezzare l'andamento vivace. Fra i pezzi più movimentati troviamo la graziosa "Rushniki" (traccia 5) cantata a due voci da Mulyavin e dal flautista Vladislav Misevich, una canzone molto energica con parti vocali incisive. L'album si chiude con la spensierata "Belaya Rus ty maya" (Bielorussia sei mia, traccia 9), una specie di inno alla Bielorussia con musica composta da Mulyavin. Una menzione a parte va dedicata alla splendida e romantica "Aleksandrina" (Alessandrina, traccia 8), in cui il ruolo di cantante solista viene interpretato magistralmente dalla voce modulata e carezzevole di Leonid Bortkevich. In questo primo album la voce solista è soprattutto quella di Mulyavin, ma con l'andare del tempo questo ruolo verrà ripartito anche fra gli altri cantanti.








Presto le risorse vocali della band si vengono a potenziare: sul finire del 1971 Mulyavin invitò ad entrare nei Pesniary il cantante Anatoly Kasheparov del gruppo Sinie Ghitary (chitarre blu), possessore di una voce unica, ai limiti del falsetto. La sua ugola sa essere potente e rabbiosa, in contrasto netto con l'aspetto fisico del giovane, minuto, pallido di carnagione e dai lineamenti fini, ma allo stesso tempo è in grado di salire rapidamente di qualche ottava, divenendo acuta e quasi simile ad una corda tesa di violino o a un Theremin. Le sue qualità si possono apprezzare nella splendida "Spadchina" (LP "Olesia") in cui condivide il ruolo di solista con lo stesso Mulyavin.
Il core vocale della band, vera e propria punta di diamante della musica dei Pesniary, è a questo punto costituito da Vladimir Mulyavin, Leonid Bortkevich e da Anatoly Kasheparov. Anche se Leonid si dedicava anche alla tromba e Anatoly il Bayan (la famosa fisarmonica a pistoni russa), Vladimir chiedeva sempre loro di concentrarsi sempre e di curare le parti cantate: proprio gli intrecci vocali rendevano lo stile dei Pesniary unico ed inimitabile.

Alla fine del 1972 entra nella band Vladimir Nikolayev, del gruppo Noviy Electron (nuovo elettrone), che suona trombone, sassofono e tastiere. In realtà questo musicista ronzava attorno ai Pesniary già da un paio di anni, nella speranza di poterne entrare a far parte, finalmente gli fu promesso che sarebbe entrato nella band, dopo tante insistenze e raccomandazioni, solo se avrebbe imparato presto a suonare il trombone, dal momento che sapeva suonare solo il sax. L'ingresso nella band avvenne comunque a causa della temporanea defezione del tastierista Valery Yashkin, in quel momento ricoverato in ospedale per un incidente: Mulyavin si ricordò del ragazzo di Vologda che aveva imparato a suonare il trombone in appena tre mesi, se se la fosse cavata anche con le tastiere il posto sarebbe stato suo, dal momento che il gruppo avrebbe dovuto partecipare a breve ad un festival a Minsk ed era senza tastierista. Si dice che il volenteroso Vladimir, per dimostrare la sua creatività, collegò un wah-wah all'organo elettrico, impressionando molto Mulyavin con i suoi particolari effetti sonori.

Sul finire del 1972 se ne va dal gruppo Valentin Badjarov che fu rimpiazzato da un altro violinista: Victor Cheslaw Poplawsky, anch'egli proveniente dall'ex gruppo di Leonid, Zolotie Yablaki. Nello stesso periodo si aggiunge al curriculum della band la vittoria alla gara televisiva "canzone dell'anno". A questo periodo risalgono tra l'altro quasi tutte le canzoni che poi entreranno a far parte del secondo Long Playing "Olesia" e che vengono ora stampate come singoli e mini album.


L'ascesa della band ed il secondo LP



All'inizio del 1973 entra nella band il virtuoso pianista Anatoly Gilevich che dà il suo contributo nella creazione dell'arrangiamento della canzone "Krik Ptizi" (pianto dell'uccello, basato sui versi del poeta ucraino Yuri Rybchinskiy) che verrà pubblicata nell'album del 1978 "Vologda", brano fra i più complessi del repertorio della band dall'impatto jazz con forti ottoni (in tre suonano i fiati in questo pezzo) e una parte conclusiva di piano da brividi e dei synth sul finale che sembrano urla di gabbiani. L'ascesa professionale della band è vertiginosa: vengono registrate in questo periodo le vittorie al festival delle repubbliche sovietiche di Mosca e al festival di Minsk, il gruppo si colloca ora al primo posto nelle classifiche di vendita di tutta l'Unione Sovietica, polverizzando letteralmente tutti gli altri gruppi allora in attività. Si dice che la vittoria al festival di Mosca giunse in maniera del tutto inaspettata: la band abbandonò la manifestazione, poco soddisfatta, alla volta di della Polonia, dove li attendeva un altro festival, e apprese l'esito della gara dai giornali nei giorni successivi.

I grandi successi del gruppo sono però oscurati da un tragico avvenimento: nell'estate del 1973 a Yalta muore Valery Mulyavin ed ancora oggi non sono note le circostanze precise dell'evento, anche se si parla di un incidente. La band era in Crimea per un festival ed il corpo del giovane fu rinvenuto senza vita sulla spiaggia del Mar Nero, qualcuno dice che sia stato ucciso, altri che è semplicemente annegato, i fan dei Pesniary portarono dei fiori sul luogo della disgrazia. Il gruppo fu comunque obbligato ad esibirsi: si dice che Vladimir ed il resto della band fossero letteralmente in lacrime ma l'abbraccio del pubblico fu enorme, per l'occasione i gruppi musicali della vicina Sochi cancellarono i loro concerti per unirsi ai Pesniary. La canzone di apertura era come al solito "Belaya Rus ty maya" (Bielorussia sei mia), ma già dalle prime strofe Vladimir si allontanò dal microfono e continuò il concerto suonando fino in fondo, in disparte, la chitarra, senza cantare.

Nell'autunno dello stesso anno il gruppo ottiene un'altra vittoria, questa volta al decimo festival mondiale della gioventù e degli studenti che ebbe luogo a Berlino Ovest. Il gruppo pensò di non partecipare, inizialmente, per il recente lutto, ma si convinsero infine che il viaggio avrebbe fatto bene a Vladimir. Ci furono problemi per il rilascio del passaporto estero, così, dopo tante peripezie a Vladimir Nikolayev fu rilasciato un visto. Ma in macchina, togliendolo dalla tasca, si accorse che apparteneva a tal Mariya Biyesh, cantante della Moldavia. Così durante tutta la manifestazione, per i tedeschi il nostro Valery era diventato semplicemente "Mariya": per fortuna c'erano allora lo scrittore Eric Maria Remark e l'attore Klaus Maria Brandauer, così la gente non si fece molte domande sul quel musicista dal nome di donna. Come per ogni altra manifestazione all'estero, persino nel territorio del Patto di Varsavia, la band era accompagnata da un agente del KGB che li sorvegliava strettamente. Furono eseguite in tale occasione due canzoni: "Ballada o komsomolskom bilete" (ballata per un biglietto per il Komsomol, una ballad dai suoni oscuri con imponenti parti corali che sarà pubblicata su singolo nel 1980) e "Ballada o chetiriok salozhnikakh" (ballata dei quattro ostaggi) ed il riconoscimento fu doppio perché fu assegnato ai Pesniary anche un premio speciale per la canzone politica contemporanea.

Nel 1974 il gruppo si esibì a Düsseldorf nel contesto di una esposizione tecnologica… scoprendo che in Bielorussia venivano fabbricati televisori a colori provvisti di telecomando di cui invece non avevano mai neanche immaginato l'esistenza nel loro paese! Curioso e stimolante fu l'impatto con il mondo del capitalismo: un mondo tappezzato di manifesti pubblicitari, in cui i treni sono divisi in classi e gli alberghi sono provvisti di sauna e in cui la gente è libera di fare manifestazioni di protesta senza che la polizia intervenga per disperderli. Nello stesso anno era previsto un concerto in Giappone: al loro posto infatti furono inviati il cantante Victor Vuyachich ed il celebre compositore Igor Luchenok, quest'ultimo portò dal viaggio, con grande orgoglio, un album di un celebre, folle e fantomatico tastierista coreano di nome "Chuvakh" che i Pesniary, con grande sconcerto dell'amico Igor che fu a lungo deriso, identificarono nel musicista americano Chick Corea! Al posto della tournee giapponese il gruppo di Mulyavin si avventurò in una serie di concerti in Kirghizistan ove furono accolti dal locale Ministro della Cultura che organizzò per loro un pic-nic fra le montagne. In questa occasione, durante le tappe a Frunze (il vecchio nome della capitale Kirghiza) e Alma Ata fu preparata la canzone "Perapyolachka" (che poi sarà inclusa nel vinile del 1977). All'inizio era stata pensata come una semplice canzone per coro ma poi uscì fuori un pezzo dai motivi musicali suggestivi e misteriosi grazie al contributo di tutti i musicisti che avevano ampio spazio per improvvisare. Dopo Alma Ata era in programma un concerto a Baikonur, il celebre cosmodromo sovietico, e Vladimir costrinse la band a provare anche di notte perchè la canzone fosse pronta per l'occasione. Il gruppo rimase esterrefatto e shockato nel vedere che esisteva un monumento a forma di razzo con attorno le figure dei primissimi astronauti morti durante i primi tentativi di lancio nello spazio, addirittura precedenti a Yuri Gagarin che tutt'oggi, nel 2006, è considerato il primo astronauta della storia!!! Fu sconsigliato alla band di visitare alcune zone per non venire a conoscenza di segreti scomodi.

Il nuovo album in studio stampato nel 1974, Olesia (Melodiya - 33C60-04655-56), contiene nuovamente diverse melodie tradizionali: "I Tudhi gara i siudhi gara" (Lì una montagna, qua una montagna, traccia 4) è una canzone popolare molto antica che il gruppo non ripescò da vecchie antologie folk ma apprese direttamente dalla voce di anziane contadine che conservavano quelle melodie come ricordo di infanzia. Nell'insieme delle sequenza ritmiche movimentate ed energiche che evocano immagini bucoliche, viene inserito un intermezzo poetico e drammatico, sottolineato da bellissimi e delicati intrecci di lira e flauto: "Viburno mio, perché non fiorisci?" il ritmo si spezza e la pianta risponde alla domanda del gruppo: "E' stata la brina feroce che mi ha ghiacciato". "Staiz viarba" (ecco un salice) rappresenta una bellissima fusione fra tradizione e creatività moderna con intermezzi aggressivi guidati da ottoni e chitarra elettrica che si alternano a sequenze vocali tradizionali, fatti di cori cupi a cappella, sottolineate da linee strumentali appena accennate, con un organo malinconico di sottofondo e il sommesso ronzio della lira. Ancora basati su motivi tradizionali troviamo due brani dai ritmi allegri: "Khlopez pashanky pakhae" (il ragazzo ara il campo, traccia 10), interpretata da Mulyavin, sfoggia delle parti di flauto Tulliane con ritmiche festose, mentre "Nashto babe agarod" (perché lei avrebbe bisogno di un giardino, traccia 2) sfrutta allegri motivetti guidati da organo, chitarra elettrica ed ottoni con un assolo di violino buffo e decisamente campagnolo. Fra le tracce più belle e sinfoniche dell'album troviamo sicuramente una sentita interpretazione di Leonid, "Olesia" (Alessia, traccia 1), che con la sua voce arriva dritta al cuore. Le linee melodiche sono delicatamente tratteggiate dal flauto e la musica ispira dolcezza e malinconia. L'altra traccia da ricordare, per i suoi bellissimi arrangiamenti è "Spadchina" (eredità, traccia 3) in cui per la prima volta possiamo ascoltare la voce solista di Anatoly. Anche in questo caso abbiamo una canzone squisitamente sinfonica, malinconica con belle parti di violino e cori struggenti che ricordano vagamente la parte centrale di "White Mountain" dei Genesis, come un certo gusto genesisiano alla Trespass si può percepire nella title track. "Ruzhy Zvet" (colore della rosa, traccia 9) e "Zavushnizakh" (orecchini, traccia 5) furono registrate negli studi della radio di Praga, durante un tour in Cecoslovacchia. La prima di queste è interpretata dalla voce potente di Anatoly che ci regala un'interpretazione brillante, con un bell'alternarsi di parti sentimentali e fughe trascinanti, in cui la sua voce è inseguita da un organo Hammond furibondo e da una chitarra lanciata come non mai. Pur ripetendo in parte le soluzioni dell'album d'esordio, questo secondo LP evidenzia una maggiore elaborazione negli arrangiamenti, con vette degne di ammirazione.
















Nel 1975 la rivista inglese "Musical Week" annovera i Pesniary nella sua consueta lista di stelle dell'anno appartenenti a 23 paesi del mondo.

All'inizio del 1976 entra nella band un nuovo cantante nonché virtuoso del violino: Iuriy Denisov. Una delle sue interpretazioni vocali più importanti fu la canzone "Bielovezhkaya Pusha" (album Vologda).


Da Cannes alla prima opera rock, fino allo sbarco in America.



Nel Febbraio del 1976 il gruppo fu invitato a Cannes ove si teneva il MIDEM, allora alla sua quindicesima edizione. Oltre ai Pesniary, convocati come gruppo che aveva ottenuto il successo commerciale in Unione Sovietica, grazie alle vendite dei primi due Long Playing, a rappresentare l'Unione Sovietica c'erano il trio Romen e la celebre Alla Pugacheva che fu accompagnata in tre canzoni proprio dal gruppo di Mulyavin. Il pubblico sofisticato e scintillante di gioielli, agli occhi dei musicisti bielorussi, dopo qualche attimo di perplessità tributò ai nostri uno straordinario trionfo. Fioccavano gli inviti per esibizioni in tutta Europa, ma la band imbarazzata non poteva fare altro che indirizzare i loro interlocutori al Ministero della Cultura, l'unico che aveva potere decisionale riguardo.

A Marzo doveva tenersi a Mosca un festival in memoria del cantante e poeta Mikhail Matusovskiy, per questo motivo la band stava preparando del materiale da presentare per il concerto. Fu così che l'attenzione di Vladimir Nikolayev fu catturata da una canzone che portava il nome della sua città: "Vologda", scritta da Boris Mokrousov subito dopo la guerra con i versi di Matusovskiy. Il gruppo soggiornava all'hotel "Russia" e mancavano ancori diversi giorni all'evento, così Vladimir, che non poteva mancare l'occasione di glorificare la sua città, passò notte su notte a cercare di trascrivere le note per l'arrangiamento. Quando poi, nel proporre il pezzo al gruppo, questi spiegò che era necessaria anche la fisarmonica (o meglio la sua variante russa a pistoni: il Bayan), che la band non aveva mai utilizzato fino ad allora, Vladimir fu mandato letteralmente a quel paese. Non si sa come il testardo Vladimir convinse la band a registrare con un registratore portatile un abbozzo della canzone, basato sulla sua trascrizione. Mulyavin non sembrava ancora convinto così Nikolayev chiese l'aiuto di Yashkin, che aveva imparato a suonare questo strumento a scuola, per provare la canzone con il Bayan sotto gli occhi increduli del leader che scoppiò a ridere all'idea ma accettò di ascoltare la canzone. Fu così che nacque uno dei più grandi successi dei Pesniary: la canzone, interpretata dalla splendida voce di Anatoly Kasheparov fu trasmessa sia alla radio che alla televisione e divenne subito popolare in tutta l'Unione fino al punto in cui, da quel momento in poi non esisteva un concerto dei Pesniary senza "Vologda"! La scelta particolare di introdurre il Bayan serviva a creare una specie di ponte fra il presente e il passato in cui si svolgeva la storia narrata nelle liriche, risalente al dopoguerra. La fisarmonica russa disegna in maniera romantica, con belle aperture solistiche che evocano pensieri di solitudine, le linee melodiche della canzone che parla di una relazione d'amore che si consuma attraverso uno scambio appassionato di lettere. Il pezzo, che fu presentato nella sala delle colonne a Mosca, ebbe un successo strepitoso e la fisarmonica inizierà di qui in poi a suonare anche nelle canzoni di altri gruppi sovietici, come i Plamya di Mosca e i Lire di Leningrado.

A giugno i Pesniary realizzano la loro prima opera rock: “Pesnia pra doliu” (canzone del destino), utilizzando i versi del poeta Janka Kupala (autore fortemente nazionalista, le cui opere si opponevano al comunismo e puntavano l'accento sulla liberazione della Bielorussia) con musica realizzata da Mulyavin. Si tratta della prima produzione artistica impegnativa affrontata dalla band. Per l'occasione si uniscono al gruppo alcuni turnisti, come la cantante Lyudmila Isupova (che interverrà anche nell'altra grande opera rock dei Pesniary: "Gusliar"), il trombonista Oktay Aivazov, il trombettista Vyacheslav Mikhnovich ed il percussionista Mark Shmelkin.

Pesnia pra doliu” (o "Pesn o dole", in russo) fu presentata nella sala concerti "Russia" a Mosca e comparirà spesso nei programmi di concerto della band. L'opera rappresenta una parabola popolare in sette atti in cui viene espresso il triste destino del popolo bielorusso, vessato dalla povertà, dalla fame e dalle malattie. Ad ogni personaggio metaforico venne associato un interprete, così Leonid Bortkevich interpretava la primavera, Valery Yashkin la carestia, Anatoly Kasheparov il contadino (il protagonista), Vladislav Misevich la felicità, e così via, mentre a Mulyavin spettava il ruolo della voce narrante. All'interpretazione musicale si integrava una coreografia di ballerini e al pubblico venne persino consegnato il corposo libretto dell'opera. Nella prima scena una madre canta una ninna nanna al suo bambino sul quale aleggiano gli spiriti allegorici del Freddo, della Carestia, della Felicità e della Montagna che gli promettono, con sarcasmo, tutti i beni terreni. Nella seconda scena Pastushok, il contadino (Anatoly), vestito di stracci, volge i suoi lamenti al pubblico disperandosi per la sua vita grama mentre la madre tenta di consolarlo. La terza scena raffigura un matrimonio (quello di Anatoly con Lyudmila) con le luci e i colori delle feste tradizionali. Ma la festa finisce presto e la Primavera arriva invitando il Pastushok a lavorare quando a lui, misero, manca persino il grano da seminare. L'Autunno coglie il contadino sfinito dal momento che ha lavorato tutta la Primavera e tutta l'Estate, schiacciato dal destino a cui non può sottrarsi: un destino di morte che giunge col freddo inverno e dai cui viene comunque parzialmente riscattato grazie all'opera del poeta che con i suoi versi tramanderà la sua storia. Come accennato l'opera non fu mai pubblicata ma se ne potevano ascoltare all'epoca degli estratti da un flexi allegato ad una rivista. Essa è praticamente rimasta inedita fino ai nostri giorni e solo recentemente, nel 2006, è stata pubblicata in una raccolta di mp3 a cura di una casa discografica russa: la RMG records. La qualità audio è purtroppo molto scadente e non viene indicata neanche la fonte di registrazione che sembra essere avvenuta con mezzi di fortuna durante uno dei tanti concerti (si sprecano i riverberi e gli improvvisi abbassamenti di volume). Possiamo ad ogni modo apprezzare, nei limiti del possibile, un'opera interessante con graziosi spunti sinfonici, anche se a prevalere sono le parti cantate e gli intermezzi strumentali sono assai scarsi. Veramente sorprendenti i primi minuti introduttivi: uno strumentale tiratissimo, dominato dall'organo Hammond con inflessioni jazz e richiami ai Traffic. Bella l'aria in cui la madre culla Pastushok bambino: una ballad romantica con violino, piano ed organo in sottofondo e un bell'assolo di sax. All'ingresso degli spiriti i suoni si fanno più concitati e ne risulta un pezzo dinamico e brillante che ci ricorda un po' i Gentle Giant. Il cantato è sempre teatrale e l'azione scenica doveva essere molto animata, dal momento che sul palco si alternavano diversi interpreti. Bellissima l'interpretazione vocale di Anatoly, colto nel momento in cui affranto confida al pubblico la propria condizione miserevole. La parte centrale è occupata dall'allegra scena del matrimonio in cui prevalgono graziosi motivi folkloristici con lira e violino. L'opera è senz'altro di grande impatto anche se sembra forse costruita in maniera un po' disordinata e frammentaria: è però vero che questa registrazione così sporca non permette di apprezzarne al meglio le qualità. Sul più bello i Pesniary riescono sempre a sorprenderci con qualche trovata interessante, come quando si lanciano in un lungo assolo di piano di ispirazione jazz o con i loro inserti d'organo e le loro interpretazioni vocali drammatiche. Per quello che possiamo ascoltare non possiamo fare altro che rimpiangere il fatto che non sia mai stata effettuata una registrazione in studio di quest'opera.

Dopo un tour in Bulgaria, nel Settembre del 1976 la band partì alla volta della Yugoslavia. Durante un'escursione turistica in Slovenia, senza accorgersene, la band arrivò, dopo aver guidato per alcune ore in un posto in cui non riuscivano a capire minimamente il linguaggio della gente… non era serbo né croato, tanto meno sloveno: vennero così a sapere di essere arrivati inaspettatamente in Italia oltrepassando illegalmente il confine che li portava in un paese capitalista! Questa sarà l'unica occasione in cui i Pesniary metteranno piede nel nostro paese, purtroppo! Nel frattempo arriva a Mulyavin la comunicazione che la band era stata invitata ufficialmente a suonare negli Stati Uniti: un evento eccezionale che in passato era accaduto soltanto ai ballerini del Bolshoi e a musicisti classici!

La band, che partì alla volta del nuovo continente nel Dicembre del 1976, fu impegnata per un totale di tredici date, con sale gremite ovunque: in appena due settimane i Pesniary percorsero ben 3.700 km. L'evento fu chiamato "l'invasione russa delle frontiere occidentali del rock" ed il Washington Post scrisse: "il gruppo che è molto originale, distintivo, musicale con incredibili parti vocali, troverà i suoi ammiratori fra i giovani americani di ogni genere. Il pubblico si è alzato in piedi per applaudirli". In quest'occasione il gruppo presentò due nuove canzoni: "Dobri vechar, dziauchinachka" e "Veronica", pubblicate su vinile nel 1978 in un EP solista di Igor Luchenok. La seconda, in particolare, veniva definita da Mulyavin troppo monotona e spesso non aveva un buon riscontro quando veniva proposta al pubblico sovietico, negli USA fu invece accolta con molto entusiasmo, forse perché le sue sonorità erano insolite per le orecchie degli americani. In tutte queste date i Pesniary divisero il palco con un gruppo country americano: i New Christy Minstrels e assieme a loro suonarono un paio di pezzi, quelli appena citati, inserendo delle strofe in inglese: nella festosa "Dobri vechar, dziauchinachka" (basata su motivi tradizionali bielorussi), per celebrare l'amicizia nata fra due band appartenenti a due mondi diversi furono inseriti i versi Oh, we live in separate worlds, we know that this is true./ But music is like love because it always can get through./ Music speaks to each of us in every distant land./ Melodies and harmonies will help us understand, cantati dai New Christy, seguiti dalla versione russa interpretata a ruota dai Pesniary (le due canzoni sono state inserite nel CD Moroz "Rushniky"). Visto l'entusiasmo suscitato furono registrate per l'occasione delle canzoni, alcune delle quali con versi in inglese, per un ipotetico album che avrebbe dovuto essere pubblicato dalla Columbia ma che in effetti non fu mai pubblicato.

Proprio alla fine dell'anno Iuriy Denisov, che non era potuto partire per gli Stati Uniti per motivi politici, lascia il gruppo e al suo posto viene preso un altro cantante solista: Valery Dajneko che da questo momento in poi rappresenterà uno dei principali interpreti vocali della band.

Nel Gennaio del 1977 fu accolto nel gruppo Vladimir Tkachenko, un nuovo chitarrista ed arrangiatore, ma purtroppo, nello stesso anno, si registra la defezione di un membro storico: Valery Yashkin.

In autunno il gruppo fu nuovamente invitato ad esibirsi negli USA, questa volta accompagnato da un'altra band sovietica: i georgiani Orera. Il concerto si tenne non lontano da Broadway e l'evento venne chiamato alla maniera sovietica "Estrada 77". Nello stesso anno Leonid Bortkevich sposa la famosa ginnasta Olga Korbut.


Dalla romantica fisarmonica di Vologda alla maestosa opera rock Gusliar fino all'abbandono di Leonid



Per il loro terzo album in studio, "Vologda" (Melodiya - 33C60-10271-72), stampato nel 1978, i Pesniary abbandonano parzialmente il repertorio tradizionale in favore di forme espressive più accessibili e vicine alla tradizione canzonettistica sovietica ed anche la lingua bielorussa viene utilizzata in maniera più limitata: ben cinque canzoni su otto sono cantate in russo e soltanto una appartiene al patrimonio folk della Bielorussia. L'album raccoglie per lo più pezzi sentimentali dagli arrangiamenti piuttosto lineari e temi musicali melodici, come la traccia di apertura "Ivar i kalina" (il sicomoro ed il viburno), basata sui versi di Kupala ed interpretata da Bortkevitch che si esibisce su un sottofondo orchestrale sfumatissimo. Più allegra e disimpegnata si profila "Pazalunak" (bacio, traccia 2), con il suo vago sapore sudamericano che vede la partecipazione come ospite di Lyudmila Isupova nelle parti corali. La terza traccia, "Pa vodu ishla" (sono andata per l'acqua) è, come accennato, l'unica che prende come riferimento il patrimonio tradizionale: si tratta di una canzone dall'andamento pigro e languido, con un morbido organo e qualche ottone e una gentile chitarra acustica. Il ruolo solista è affidato in questo caso a Daineko. Il lato A viene chiuso dalla bellissima "Krik Ptizi" (pianto dell'uccello, traccia 4), di cui abbiamo già parlato, forse il pezzo di maggior valore dell'album e sicuramente il più impegnativo, con la voce solista di Mulyavin. Troviamo nel lato B di questo album ben tre composizioni di Aleksandra Pakhmutova (collocate una di seguito all'altra), una nota compositrice di Volgograd, con testi curati da Nicolay Dobronvarov, celebre poeta di San Pietroburgo. "Belorussia" (Bielorussia, traccia 5) è una specie di canzone patriottica dai toni un po' prosaici, con testo in russo, molto amata dal pubblico tanto che i Pesniary la utilizzavano spesso come apertura ai loro concerti; il pezzo comparve per la prima volta in un singolo del 1976 e poi venne incluso nell'album. "Do tretikh petukov" (al terzo gallo, traccia 6) interpretato da Anatoly è una canzone dai toni patriottici e dall'incedere trionfale. "Belovezhskaya pusha" (traccia 7), la terza canzone della Pakhmutova, è considerato un altro brano di grande successo, con arrangiamenti del pianista Anatoly Gilevich e la voce solista di Daineko. Anche in questo caso si tratta di una canzone sentimentale con un nostalgico pianoforte che si intreccia a romantici violini. L'album si chiude con la celeberrima "Vologda" (traccia 8) di cui abbiamo già parlato. E' interessante notare che la versione dell'album presenta una variazione di testo nel primo verso rispetto alla versione del singolo pubblicato un anno prima su flexi.









Fra la primavera e l'estate del 1978 fu stampato il quarto album in studio dei Pesniary, conosciuto anche come: "Narodnye Pesni" (Canzoni popolari - Melodiya - 33C60-11287-88). "Perapyolachka" (Piccola quaglia, traccia 1) sfrutta il tema di una canzone popolare bielorussa e rappresenta una specie di canzone di metafora della difficile condizione femminile nei tempi passati. Il pezzo cresce sulla semplice aria della lira che esprime sofferenza e rassegnazione. Il flauto di legno, col suo suono esile, un violino, per così dire zigano, ed il pianoforte si inseriscono delicatamente introducendo la voce solitaria e struggente di Bortkevich che ci porta nel cuore della tragedia: …i figli piangono, chiedono da mangiare, ma la piccola quaglia non ha pane da dargli…. Questi sentimenti sono intensificati dal coro di voci che intonano una melodia tormentosa e dall'organo Hammond che corre veloce ed agile sullo sfondo, creando una sensazione crescente di tensione. La parte conclusiva, un vero e proprio capolavoro con le sue improvvisazioni e parti solistiche dal sapore jazzato, è costruita in un crescendo strumentale tumultuoso che trasforma la profonda disperazione in una potente esplosione di sentimenti, portata all'estremo dell'intensità, con intrecci di organo e flauto tempestosi che si annullano però all'improvviso, lasciando che i cori e poi semplicemente il flauto ricamino nuovamente le melodie iniziali. Più rilassata la traccia successiva "Mashenka" (traccia 2), con linee d'organo alla Procol Harum che in maniera particolarissima ed elegante si intrecciano con cori tradizionali. "U mesyazy verasni" (nel mese di Settembre, traccia 3) chiude in maniera festosa il lato A. "Sauka dy Grishka" (Savka e Grishka, traccia 4) si tratta di un altro pezzo allegro basato su melodie popolari, caratterizzato da i soliti intrecci corali, qui davvero divertenti pieni di na-na-na e tu-tu-tu. "Kalina" (Viburno, traccia 5) è una traccia delicata e piena di pathos con momenti di grande lirismo in cui Bortkevich raggiunge una delle sue massime vette interpretative. Il pezzo è dominato dalla sua voce, ricca di personalità, accompagnata da violino, chitarra acustica e pianoforte. Sul finale è da notare che, quello che sembra un acutissimo Theremin, che segue le melodie del violino, è in realtà un sorprendente vocalizzo di Anatoly. La piacevole tensione accumulata in questa traccia si scioglie in un altro brano dai toni rilasciati: "Dzyauchina sardenhka" (ragazza del cuore, traccia 6), interpretata da Anatoly, presenta melodie ariose, un curioso ritmo zoppicante, graziosi intrecci di violino e cori in crescendo che le donano un gusto semplice ma particolare. "Rechanka" (Fiumicello, traccia 7) è una breve traccia per sole voci che sfocia nella divertente e comica "Oy, liazeli gusi s brodu" (Ohi, le oche son volate al guado, traccia 8) con i suoi ritmi e cori che invitano alla danza e buffi fiati.









Durante l'estate il pianista Anatoly Gilevich è rimpiazzato dal giovane Igor Palivoda ed iniziano i lavori per la realizzazione della seconda grande opera rock dei Pesniary: "Gusliar" (Il suonatore di gusla - uno strumento a corde tipico dell'area balcanica), che verrà registrata su supporto analogico l'anno successivo (Melodiya - 33C60-12727-28). L'opera è basata sulla musica del compositore Igor Luchenok (inizialmente scritta per coro ed orchestra) e sui versi del poema "Kurgan", composto sempre da Kupala e considerato un classico della letteratura russa. Il vinile comprende un'unica suite, divisa per forza di cose in due.
L'opera si basa su un duello a due, giocato sul livello dell'intelletto e non con le armi, fra il suonatore di gusla (interpretato da Mulyavin) ed il principe (Anatoly Kasheparov nella registrazione in studio e Vladislav Misevich nelle esibizioni dal vivo). Il suonatore di gusla, invitato a suonare a palazzo in occasione delle nozze della principessa, tenta di dare voce allo stato di grande miseria che colpisce il popolo ma la sentenza del principe, sfidato con impudenza dal vecchio musicista, proclama che questi venga seppellito vivo col suo strumento. Sulla sepoltura del musico crescerà dopo alcuni anni una giovane quercia le cui foglie sussurreranno la storia del suonatore di gusla. L'artista è comunque il vincitore morale dell'opera ed il suo dramma, che esplode con la drammatica interpretazione vocale di Mulyavin, rimarrà nella memoria popolare grazie all'opera del poeta. Non furono utilizzati grossi apparati scenici e la parte centrale dell'esibizione era appunto il confronto fra i due protagonisti che si concretizzava sul piano canoro, attraverso maestose interpretazioni vocali. Le suggestive parti vocali erano gestite principalmente da Bortkevich, Daineko e Liudmila Isupova (quest'ultima solo nella registrazione in studio). Dal punto di vista musicale si tratta della produzione più grandiosa e tipicamente prog mai realizzata dai Pesniary. Nella prima metà sono prevalenti i temi strumentali orchestrali, di varia ispirazione. Si parte dalla malinconica introduzione che avvicina l'ascoltatore al dramma del vecchio bardo, in cui un alito di vento ci ricorda lo stormire delle foglie della quercia che a questo punto racconta la sua storia, improvvisamente scoppia la musica in maniera festosa, con bellissimi motivi tradizionali, trascinati dal violino e da un Moog vivace e vengono attraversate rapidamente varie ambientazioni musicali che ispirano di volta in volta mistero, rabbia, terrore, curiosità, stupore… L'impiego degli strumenti è ricco con ottoni, archi, tastiere e naturalmente le imponenti parti corali. Nella parte centrale viene collocata, a spezzare le forti emozioni suggerite dalla narrazione musicale, un'aria elegiaca dai toni armoniosi e melodici che corrisponde al momento in cui viene annunciato al suonatore che dovrà esibirsi a palazzo. Ma appena il musicista entra a palazzo e sfiora le corde di metallo per liberare i suoi versi la musica si fa all'improvviso minacciosa, caricandosi di tensione, e inizia a questo punto la schermaglia fra i due personaggi che si appesantisce progressivamente di emotività ogni volta che uno dei due prende la parola, fino alla sentenza finale che piomba in maniera terribile e definitiva, come un macigno, al tuonare della voce del principe. Il commento musicale accresce l'emozione dei dialoghi e si susseguono parti corali maestose, assoli spettacolari di flauto, ottoni alla "Atom Heart Mother", sequenze di archi possenti in uno stile musicale personale, che può far venire in mente mille riferimenti, nessuno dei quali davvero esatto. Che senso avrebbe dire che in questa musica ci pare di sentire i Kansas, i Pink Floyd, i Gentle Giant e la PFM, quando all'epoca, nella fredda Bielorussia, i Pesniary probabilmente non avevano mai avuto modo di ascoltare questi gruppi? Ovviamente a queste suggestioni si intrecciano i grandi motivi tradizionali, cosa che rende quest'opera ancora più originale. La chiusura è ad anello e ci riporta allo stormire del vento fra le foglie della vecchia quercia, con il ripetersi dei temi iniziali anche se con un tono drammatico in più ed un grande finale con cori urlati prima e a bocca chiusa poi, quasi a rappresentare il suonatore di gusla fatto tacere a forza.

Nella prima metà del 1979 il gruppo è impegnato a portare in giro per l'Unione Sovietica la nuova opera e finalmente ad Agosto Gusliar viene stampato dalla Melodiya. Le parti vocali femminili che si possono ascoltare nell'incisione sono comunemente attribuite a Lyudmila Isupova, ma è interessante notare che l'ingegnere del suono della casa discografica sovietica afferma che quella voce sarebbe di una ragazza sconosciuta. Dopo la registrazione dell'album Cheslav Poplavsky lascia il gruppo.









Subito dopo Gusliar, la band mise in scena, presentandola il primo Settembre del 1979, a Mosca, per il decimo anniversario della band, una nuova opera basata sulle canzoni da cerimonia legate al folklore popolare bielorusso: "Kalendarno-Obryadovie Pesni". L'opera raccoglieva una selezione di venti canzoni, suddivise in quattro parti, ognuna dedicata ad una stagione dell'anno. Per il recupero delle canzoni la band si avvalse dell'aiuto dell'Accademia delle Scienze sovietica e si recò direttamente nei piccoli villaggi rurali per effettuare ricerche. L'opera non fu mai registrata nella sua interezza ma alcune canzoni si trovano sparse in diverse collezioni, come nel doppio vinile "Zacharovannaya moya" (di cui parleremo per esteso fra poco) o in alcuni CD della Moroz. Nel CD "Krasnaya Rosa" possiamo ascoltare: "To-to" (Traccia 11), un piccolo intermezzo bucolico che fa leva soprattutto sulle parti vocali delicate e ripetitive, accompagnate da un flauto pastorale e la splendida "Zyareshka" (traccia 8) un pezzo davvero sorprendente che parte con parti corali rurali per poi svilupparsi inaspettatamente come un pezzo alla Gentle Giant di "In a Glass House". Peccato che la registrazione sia un po' artigianale, questa canzone, soltanto per la sua particolarità, varrebbe da sola l'acquisto del CD. Nel CD "Vologda" (da non confondere con l'LP di cui abbiamo già parlato) è contenuta la canzone "A dze byla vuziza", mentre nel CD "Rushniky" si trova "Vdol' po ulize khodit Vanya" (Vania cammina per la strada, traccia 15) un pezzo spiritoso, praticamente recitato, più che cantato, da un bizzarro Anatoly: quasi fosse un pezzo di commedia dell'arte, con tanto di uccelletti cinguettanti e "Ganulka" (qui "skazhy mne, Ganulka": dimmi Ganulka, traccia 16) una canzone popolare dai ritmi allegri. Va inoltre segnalato un documentario, intitolato "20 mynut c Pesnyarami" (20 minuti coi Pesniary") in cui si possono vedere i musicisti in abiti tradizionali, con casacche lunghe, cappellacci con i pon-pon e persino della paglia nella grancassa della batteria, impegnati nell'esecuzione dell'opera (ovviamente il filmato offre solo un piccolo estratto). Le immagini rendono benissimo lo spirito della rappresentazione in questo grazioso e bizzarro quadretto rurale.

Proprio all'apice di popolarità della band e al culmine della sua parabola artistica il gruppo, i Pesniary accusano una grande perdita: Leonid Bortkevich decide infatti di andarsene. Viene subito trovato un rimpiazzo nella persona di Igor Penya ma il pubblico e la critica non potevano fare a meno di confrontare il nuovo cantante con il grande Bortkevich dimostrando la loro grande delusione: nessuno avrebbe mai potuto sostituire Leonid nel cuore dei fan. Nel 1980 anche Oktay lascia il gruppo.


Dal folk scozzese all'ultimo vinile dei Pesniary.



Nel 1981 il giovane pianista Igor Palyvoda mise in musica la cantata del poeta scozzese Robert Burns "Gli allegri mendicanti" (che in russo divenne "Veselye Nishye") e propose ai Pesniary di interpretarla. La prima venne tenuta a Frunze nel Febbraio del 1981 ma non fu mai realizzata una incisione ufficiale. Una versione dell'opera, probabilmente non perfettamente aderente a quella originale, è stata pubblicata dalla Moroz su CD con il titolo di "Beryosoviy sok", dal titolo della prima traccia, che comunque appartiene al vecchio repertorio del gruppo e non c'entra nulla col contenuto dell'opera. In questa versione l'ordine delle canzoni non corrisponde a quello originariamente concepito da Burns, inoltre sono state escluse le parti recitate che verosimilmente venivano declamate, durante i concerti, fra un pezzo e l'altro. Nell'opera dei Pesniary vennero inserite, nell'ambito della cantata, altre composizioni, basate sempre sui versi di Burns, che però non rientravano nella composizione originale del poeta. Il CD presenta inoltre uno stravolgimento dei titoli delle canzoni, diversi da quelli originali: il compilatore dell'album li ha infatti assegnati arbitrariamente prendendoli dal primo verso di ogni poesia; possiamo comunque risalire ai titoli originali grazie ad un'intervista rilasciata anni fa da Palyvoda stesso. E' possibile che la registrazione contenuta nel CD, decisamente grezza, provenga da una seduta in sala prove piuttosto che da un concerto. A questa registrazione, che comprendeva undici canzoni, sono stati affiancati, in questo CD, un altro paio di pezzi di altra provenienza: la traccia di apertura, come già accennato, e quella di chiusura. La title track del CD proviene da una registrazione del 1972 che fu pubblicata all'epoca come singolo ed i versi in questo caso sono del poeta Matusovskiy. Ovviamente lo stile di questa canzone si discosta molto dal resto della musica contenuta nel CD: in questo caso abbiamo infatti delle bellissime melodie di ispirazione genesisiana, con delicati passaggi di flauto ed un bellissimo intermezzo di ottoni nella parte centrale; si tratta sicuramente di una delle composizioni più belle ed ispirate realizzate dal gruppo. L'ultima traccia invece è stata verosimilmente tratta dall'album "Zacharovannaya moya" e si basa sui versi di Staver. La musica di Palyvoda ha assorbito in qualche modo i motivi del folk celtico e l'interpretazione del gruppo bielorusso dona a queste composizioni un effetto del tutto particolare, un bell'esempio è dato dall'allegra "Posvol slesu tvoyu smakhnut" (traccia 7). L'opera ha dei connotati sinfonici con belle parti di organo e flauto e si presenta abbastanza varia e movimentata, con cambi di tempo interessanti, sequenze di chitarra ben rappresentata ed ottoni. Non mancano sequenze melodiche e romantiche, sempre contrappuntate da graziosi elementi sinfonici. Nel complesso l'esecuzione catturata in questo CD appare ruspante e grezza, forse non priva di qualche ingenuità, ma nonostante tutte le imperfezioni, dovute anche ad una registrazione di fortuna, il suo ascolto rimane consigliato.

Nel Marzo del 1982 entra come rimpiazzo dello storico bassista Leonid Tyshko, Boris Bernstein: ecco quindi che un altro grande pilastro lascia i Pesniary. Nello stesso anno viene realizzato un doppio album dal vivo, "Zacharovannaya moya", che cattura un'esibizione tenutasi nella sala concerti centrale dello stato, a Mosca. La prima edizione di "Zacharovannaya moya" fu edita agli inizi del 1982 come doppio LP mentre la ristampa fu fatta su dischi separati. L'esecuzione dei pezzi dal vivo non è sempre precisa e sicuramente si sente la pesante mancanza di Bortkevich: la voce di Penya riesce a rovinare clamorosamente la splendida "Kalina" (qui presente con il titolo derivato dal primo verso del testo: "A zhenila mati molodogo syna", traccia 5 - disco 2), toccante nell'interpretazione di Leonid e alquanto stentata e fuori registro in quella del più giovane sostituto. A parte questa versione di "Kalina", già edita in "Narodnye Pesni", le altre canzoni proposte in questi vinili non erano mai state stampate prima, anche se facevano parte dei programmi live della band. Grazie a quest'opera possiamo quindi avere la percezione di come fosse "Kalendarno-Obryadovie Pesni" alla quale abbiamo accennato in precedenza. Rientrano in quest'opera: la stessa "Kalina" (traccia 5 - disco 2), "Oy Kolyadachky" (traccia 2 - disco 1), un pezzo danzereccio, leggero e divertente, "Charachka moya" (traccia 4 - disco 1), un'altra canzone dai ritmi festosi che include anche un assolo di batteria, "Oy dze zh my khodzim" (Oh, dove andiamo, traccia 6 - disco 1), un pezzo graziosissimo per soli cori e lira, ed infine "Vino moe zeleno" (Il mio vino è verde, traccia 7 - disco 1), un'altra graziosa traccia dal sapore antico, interpretata con passione da Daineko e con una sequenza centrale epica in Yes style davvero sorprendente: uno dei pezzi migliori di questo doppio LP.

Durante quel concerto vennero suonati anche alcuni brani estratti da una nuova opera basata sui versi di Kupala che sarà terminata nel 1983: "Pesnya - Veszenniy Dar" (canzone - dono inestimabile), arrangiata da Palivoda e Bernstein. Le liriche di "Pesnya - Veszenniy Dar" sono di carattere rivoluzionario democratico e tentano di difendere la logica in base alla quale l'oppressione capitalistica di una minoranza verso il popolo è un'ingiustizia. L'opera non è mai stata pubblicata nella sua interezza ma alcune canzoni si possono trovare sparse in alcuni CD della Moroz e altri tre pezzi sono inclusi nell'album "Zacharovannaya moya" ed occupano l'intero lato A del secondo disco: "Nu kak tut ne smeyatsya" (Come non ridere lì, traccia 1 - disco 2), "Ne glyady na menya" (Non guardarmi, traccia 2 - disco 2), e "Razlad" (Dissonanza, traccia 3 - disco 2). Il primo di questi pezzi si distingue per gli arrangiamenti brillanti, con un uso divertente del Vocoder, un flauto divertente e i cori da varietà. "Ne glyady na menya" è invece un pezzo più lineare e drammatico, anche se nella parte centrale, inaspettatamente si apre un intermezzo folk dal sapore celtico. "Razlad" è infine un pezzo piuttosto lento con sonorità new wave-dark ma non affatto sgradevole. Nel CD "Rushniky" possiamo ascoltare "Plivet Rechka" (scorre il ruscello, traccia 9) una traccia leggera e romantica per pianoforte e voce (interpretata da Daineko), con calde note di chitarra soft-fusion nella porzione finale. In "Krasnaya Rosa" troviamo "Liudka" (traccia 2) un festoso valzer campagnolo con Bayan e tamburelli e Marisya (Nebbie, traccia 15) una canzone delicata e sinfonica con solenni violini barocchi, interpretata dalla sgraziata e nasale voce di Penya. Da questa sommaria ricostruzione emerge un'opera varia nello stile e piuttosto originale, con spunti interessanti, purtroppo penalizzata dal recupero frammentario e dalle registrazioni di fortuna e di scarsa qualità sonora. Una produzione migliore e un'incisione sistematica delle tracce forse ci avrebbe permesso di apprezzare un concept di notevole fattura che, purtroppo allo stato attuale, dobbiamo solo accontentarci di immaginare.

Nel 1983 Vladimir Nikolayev è costretto a lasciare il gruppo, anche se la sua partecipazione alle attività dei Pesniary, dal 1981 si era fatta molto saltuaria.

"Cherez Vsyu Voynu" (Per tutta la guerra, Melodiya C60-22471-001) è un concept dedicato al quarantesimo anniversario della liberazione della Bielorussia dagli invasori nazisti, stampato su doppio vinile dall'etichetta di stato. Per l'occasione il gruppo utilizzò i versi di diversi poeti fra cui Kupala e Taras, le lingue sono quindi il bielorusso ma soprattutto il russo. La prima si tenne al Teatro dell'Opera di Minsk il 9 Maggio del 1984, un giorno prima del cosiddetto "giorno della vittoria". Il successo fu strepitoso. La musica, che si può senz'altro inserire nel filone della canzoni di guerra sovietiche, riporta gli ascoltatori all'epoca della seconda guerra mondiale, riaccendendo ricordi emozionanti e sentimenti patriottici. Ma la guerra non è vista soltanto sotto il suo aspetto glorioso ma anche da quello umano delle perdite, del dolore, dei legami spezzati, del sangue, delle tragedie umane. La proiezione di un filmato, durante il concerto, con scene di guerra doveva amplificare certamente il coinvolgimento emotivo del pubblico. La musica presenta intonazioni drammatiche, teatrali, ritmiche spezzate, forti contrasti. Si tratta di un'opera decisamente eterogenea dai contenuti molto vari, forse non tutta di elevato valore ma davvero unica nel suo genere e anche distante dal resto della produzione della band. Gli arrangiamenti sono stati curati soprattutto da Palyvoda, Bernstein e Tkachenko.
L'opera si apre, dopo un breve valzer introduttivo, proprio con un quadretto familiare commuovente, quello di una madre col figlio; "Pravazhala sina mazi", (partenza della madre col figlio, traccia 2), è una canzone breve e struggente, arrangiata per sole voci, con i classici cori a cappella dei Pesniary che si dischiudono come un raggio improvviso di luce fra i rumori orrendi delle sirene e dei bombardamenti. Un clima di terrore e di imminente catastrofe si respira in "Voyna sovsem ne feirverk" (la guerra non è fatta di fuochi artificiali, traccia 3), scandita da un lento ritmo di marcia, con la voce di Penya e degli altri cantanti che si ferma dolorosamente sulla parola "marsh!" che ricorre come una spina angosciante mentre sullo sfondo si odono sempre suoni di guerra. La canzone teatrale e drammatica è essenziale e scheletrica nei suoni e nelle orchestrazioni e porta l'ascoltatore direttamente nel cuore di uno scenario infernale. A spezzare la tensione viene ora inserita una ballata sentimentale nel filone della canzone melodica russa, interpretata dalla voce languida di Daineko: "Ballada o fotocartochke" (Ballata di una foto, traccia 4). Nel taschino dell'uniforme un soldato tiene come un talismano la foto della moglie che riporta la dedica "amo ed aspetto": i bellissimi versi del poeta Taras dipingono ancora fragili frammenti di vita quotidiana inghiottiti dall'orrore della guerra. Chiude il lato A del primo LP una canzone interpretata dalla voce di Mulyavin che si accompagna con la sola chitarra acustica: "Pered atacoy" (Prima dell'attacco, traccia 5). Il lato B si apre con una traccia sentimentale, "Pesnia o pekhote" (canzone d'infanzia, traccia 6), dedicata all'amato suolo patrio in cui soluzioni sinfoniche alla PFM si fondono a cori di intonazione patriottica e a spettri sonori dal sapore anni ottanta. Si tratta di un ibrido particolare, interpretato però dalla voce non brillante di Penya. La seconda facciata del primo vinile è completata da altre due canzoni: "Risunok tushiu" (disegno con inchiostro indiano) dominato da suoni cupi con un organo spettrale e da un basso pulsante, e "Talianochka" (concertina), più leggera e disimpegnata ed accompagnata da una graziosa concertina che sembra liberare per un attimo lo spirito dall'orrore della guerra.
Il secondo vinile contiene un paio di canzoni dedicate ai partigiani bielorussi: "Belasuskim Partisanam" (Ai partigiani bielorussi, traccia 1), con versi di Kupala, in cui si intrecciano temi musicali solenni a momenti più sentimentali con un romantico intermezzo sinfonico disegnato dal piano e da cori di violini, e "List belaruskikh partisan" (Lettera di un partigiano bielorusso, traccia 3) costruita come una specie di marcetta trionfale. Tra i pezzi più toccanti di questo secondo vinile citiamo "Misha Kaminsky" (traccia 2), una canzone strappalacrime: la voce vellutata di Daineko si staglia malinconica su un tappeto disegnato dal pianoforte e dal violino che si inserisce sul finale con assoli particolari; la musica si dissolve infine gradualmente, sciogliendosi letteralmente al tintinnare doloroso di una campana. "Bagration" (traccia 4) chiude il lato A ed in questo caso si tratta di una strana marcia scandita da tamburi di guerra e cori militari. L'ultima facciata dell'opera ne rappresenta un po' l'epilogo e le canzoni che ne fanno parte si allontanano dai toni cupi di guerra. Non ha nulla di particolare la traccia di apertura, "Rodnaya storonka" (Terra natia), una ballata dimessa e scolorita. Nell'allegra e spensierata "Banya" (Bagno, traccia 6), si mischiano motivi tradizionali a sonorità anni ottanta. "Talianochka 2" (traccia 7) è una variante dell'omonimo pezzo presente nel primo vinile. Ancora su toni leggeri si consuma a tempo di valzer "Vosvrashenie" (ritorno a casa, traccia 8) che riprende le note della traccia introduttiva del primo vinile. La canzone, con un classico Bayan si inserisce nel filone delle canzoni melodiche sovietiche legate ai tempi della seconda guerra mondiale e riecheggia lo stile di "Vologda". La chiusura è affidata ad un pezzo romantico, "Poslednie salpi" (Ultime salve, traccia 9) che contiene ancora una variazione dei temi di valzer della precedente canzone per poi chiudersi in una specie di grande inno alla vittoria.
Sicuramente il primo dei due dischi contiene gli episodi migliori, mentre il secondo provoca forse un senso eccessivo di stanchezza, forse una maggiore selezione dei pezzi avrebbe giovato a quest'opera che presenta purtroppo delle cadute ma che comunque doveva piacere non poco al pubblico dell'epoca che ritrovava in queste canzoni la propria identità nazionale, il proprio amore patrio, il proprio orgoglio ma anche i motivi musicali che hanno accompagnato un'epoca.


La parabola discendente.



Il 1985 è un anno di grandi partenze dal gruppo: l'uno dopo l'altro se ne vanno infatti Igor Palivoda (sostituito da Oleg Martakov e più tardi, nell'Agosto del 1997, da Alexander Vislavsky), Vladimir Tkachenko (sostituito da Alexander Rastopchin), Cheslav Poplavsky ed infine il bassista Boris Bernstein (sostitiuito da Mikhail Kulkov e successivamente, nel Marzo del 1987, da Edward Tyshko, fratello del primo bassista della band, Leonid): la scelta, come vedremo, aveva in parte a che fare con le nuove idee di Mulyavin. L'anno successivo abbandona il gruppo anche il pianista Arcady Eskin sostituito temporaneamente da Valery Golovko e successivamente, dopo alcuni mesi, da Dmitry Yavtukhovich. In questo periodo viene arruolato, attraverso un annuncio uscito sui giornali, un gruppo di giovani musicisti che formano il cosiddetto "youth-studio" ensemble, fra questi fu selezionato anche un ancor giovane Victor Smolsky. Nel corso dei concerti dei Pesniary, la formazione in erba interveniva cimentandosi in quattro o cinque canzoni, spesso di stampo canzonettistico, altre volte di impatto più sperimentale, che comunque non avevano pressoché alcuna parentela stilistica col gruppo titolare. Nell'arco di un anno, comunque, tutti i musicisti dello "youth-studio" lasceranno il progetto in blocco.

Proprio in questo periodo tormentato, Mulyavin sta lavorando ad un nuovo concept, questa volta basato sui versi di Vladimir Mayakovskiy, che il cantante scelse con l'aiuto della moglie, Svetlana Penkin, e ai quali adattò una musica dalle caratteristiche sperimentali: "Vo ves golos!" (con tutta la voce). Quando l'opera fu finalmente terminata, mancavano i musicisti per metterla in scena, dal momento che gran parte del gruppo, che non aveva gradito la scelta del direttore e di sua moglie, se ne era andato, come accennato prima. L'opera non è mai stata incisa in studio nè pubblicata: soltanto di recente, la Moroz ha rilasciato, in un omonimo CD, qualche canzone tratta verosimilmente da alcune date dal vivo (pare che l'ingegnere del suono avesse registrato, in queste occasioni, alcuni nastri e che esistano registrazioni di date intere, in buone condizioni, rimaste inedite) o da sedute in sala prove. La presentazione ufficiale avvenne nell'estate del 1987 e in Ottobre, nella sala "Russia" di Mosca, si tenne il concerto che apriva finalmente la tournee del programma musicale. Gran parte del lavoro di arrangiamento fu curato, oltre che da Mulyavin, ovviamente da Oleg Martakov, Valery Golovko e Dmitry Yavtukhovich, anche se quest'ultimo si unì al gruppo quando i lavori erano ormai in fase avanzata. Le nuove composizioni prendono radicalmente le distanze da quanto sia stato realizzato, fino questo momento dai Pesniary con un ampio uso di tastiere, synth e batteria elettronica, con un'assenza totale dei fiati, e si possono percepire forti influenze new wave. Mancano quasi del tutto le parti corali e le canzoni, alcune delle quali sono degli scialbi pezzi di pop melodico degni di Albano e Romina (se non peggio), sono eseguite praticamente da un cantante solista alla volta. Tutte le influenze nazionali e popolari si vengono infine a perdere. Pare che tutte le parti di batteria non siano state eseguite da Alexander Demeshko ma da Vladimir Belyaev che preferì i suoni elettronici a quelli acustici.

Nel 1988, dopo la morte del padre, se ne va dal gruppo un altro membro storico: Anatoly Kasheparov. Nello stesso anno si registra un'intensa attività concertistica ed il gruppo arriva addirittura a suonare quattro concerti in un giorno durante una tournee in Kazakhstan. A Giugno dello stesso anno ritorna Igor Palivoda (per poi riabbandonare ufficialmente la band l'anno successivo assieme a Edward Tyshko) ma purtroppo se ne va lo storico batterista Alexander Demeshko così come Dmitry Yavtukhovich, mentre si unisce al gruppo un secondo bassista: Nikolay Neronsky. A questo periodo risale la realizzazione di una nuova opera dedicata ai versi di Kupala, di cui si sa purtroppo pochissimo e si conoscono a malapena solo alcuni titoli delle canzoni che la componevano.

Nel 1989 viene effettuata una tournee in Africa che tocca quattro paesi: Ghana, Togo, Burkina Faso e Nigeria. Nello stesso anno, a Settembre, entra un nuovo pianista, Oleg Molchan, che porta con sé un concept di sua creazione dedicato al cinquecentesimo anniversario della nascita della grande educatrice bielorussa Frantsiska Skorina: "Pamyati F. Skoriny" (in ricordo di Frantsiska Skorina). L'opera è tutt'ora rimasta inedita e ovviamente non abbiamo avuto modo di ascoltarla, pare comunque, da quanto scritto nei siti dedicati ai Pesniary, che si tratti di lavoro musicalmente piuttosto interessante. Verso la fine dell'anno viene allestita una serie di concerti dedicati al ventesimo anniversario della band che prevedevano l'esecuzione del nuovo concept.

Anno dopo anno la situazione politica del paese precipita e continuare ad esercitare una carriera artistica diventa sempre più difficile. Spesso è necessario pagare delle mazzette per non avere grane e persino per poter mettere in piedi un concerto. Oltretutto Vladimir Mulyavin vuole continuare a creare opere monumentali quando i gusti del pubblico sono totalmente cambiati e orientati verso musica più disimpegnata. Ecco quindi che nell'estate del 1991 viene realizzata un'altra opera: "Pogonya" (Ricerca, conosciuta anche come "Vyanok") questa volta dedicata ai versi del poeta Maxim Bogdanovich in occasione del centesimo anniversario della sua nascita. La prima dell'opera si tenne nella biblioteca delle Nazioni Unite a New York e fu poi portata a Minsk. L'opera è comunque rimasta inedita su supporto fonografico fino al 2017, anche se è possibile ascoltare qualche canzone in alcune raccolte postume o direttamente da un filmato che ritrae l'intera performance dal vivo. La musica è una specie di pop sinfonico, melodico, con tastiere soffuse e una prevalenza di toni languidi. Di tanto in tanto le composizioni si ravvivano un minimo con inserti sinfonici e di musica popolare (come in "Lyavonikha" che richiama la tipica danza bielorussa) e in definitiva l'opera appare globalmente piacevole, anche se leggera e orientata verso la canzone melodica. Da notare l'inserimento nell'opera di "Veronika", canzone appartenente al vecchio repertorio, con musica di Luchenok e versi sempre di Bogdanovich.

Nel frattempo si registra anche il ritorno di Edward Tyshko che però, purtroppo, morrà l'anno successivo e verrà sostituito dal bassista Alexandr Katikov.

A questo punto il gruppo, che non ha più un grande seguito di pubblico, entra in grande crisi: nel 1992 lasciano la band gli ultimi membri storici rimasti: Vladislav Misevich e Valery Dajneko, seguiti a ruota da Vladimir Belyaev, questi vengono rimpiazzati da musicisti che comunque rimangono nella band per poco tempo e l'organico di base del gruppo a questo punto comprende: Vladimir Mulyavin, Igor Penya, Oleg Molchan e Alexander Katikov, con il supporto di Anatoly Kasheparov che prende parte ad alcuni concerti. Il gruppo riesce a realizzare qualche nuova canzone. Nel 1993 viene ingaggiato un secondo tastierista, Oleg Kozlovich e gradualmente Molchan, ormai padrone della situazione, trova nuovi artisti da inserire nella formazione (Vladimir Marusich alla batteria e Victor Molchanov alla chitarra) che arriva anche alla pubblicazione di un CD in Olanda, per la Philips, "Pesniary-25",contenente la riproposizione di vecchi successi ma anche nuove canzoni. Vladimir Mulyavin e Oleg Molchan creano inoltre una nuova opera: "Golos dishi" (la voce dell'anima). Vengono incorporati nella musica cori da camera e un frammento dell'opera comparve in una trasmissione televisiva ma non esistono registrazioni fonografiche.

Nel 1995 Mulyavin tenta di rimettere in piedi il progetto youth studio con nuovi giovani musicisti, denominando questa nuova formazione Lyavony. Nello stesso tempo viene preparato nuovo materiale per un'opera rock dedicata ai cosacchi bielorussi: "Kasakzaya Volniza" ma non ne esiste comunque documentazione.

L'anno successivo Molchanov lascia il gruppo ed è sostituito da Arcady Ivanovsky mentre Alexander Katikov scrive un album solista che vede la collaborazione degli altri membri dei Pesniary.

Nel 1997 avviene una crisi che porta, l'anno successivo, allo scioglimento del gruppo. Dal 1996 in poi i Pesniary si esibivano ai concerti senza Mulyavin, impossibilitato da una malattia. Il ministro della cultura bielorussa decise, nel 1998, di affidare la funzione di direttore d'orchestra del gruppo a Vladislav Misevich, sassofonista e flautista che aveva fatto parte della band dalla nascita fino al 1992. Vladimir Muliavyn che non era d'accordo con questa decisione, cominciò a reclutare giovani musicisti, fra cui i membri del nuovo progetto youth studio "Lyavony", per creare una nuova band, aiutato da Molchan. Fu così che per un periodo di tempo giravano per il paese due gruppi con il nome Pesniary. Nell'ottobre del 1998, dopo un appello al presidente della repubblica Alexander Lukashenko, la direzione della band fu nuovamente affidata a Muliavyn. Come reazione tutti i musicisti diretti da Misevich, incluso Valery Dajneko lasciarono la band e formarono un nuovo gruppo denominato: Belorusskie Pesniary, tutt'ora in attività. Il gruppo era così costituito: Vladislav Misevich (sassofono e flauto), Valery Dajneko (voce), Igor Penja (voce), Vladimir Marusich (batteria), Oleg Kozlovich (tastiere e voce), Alexander Katikov (basso e voce), Alexander Solovyov (chitarra), Igor Brankovsky (tastiere).

Nel 1999 Molchan lascia i Pesniary. Nel 2000 il gruppo ha celebrato il suo trentesimo anniversario nella grande sala concerti "Rossija” ed il presidente Vladimir Putin si è congratulato personalmente con loro inviandogli dei fiori. Nella "piazza dell'onore", un'equivalente della Walk of Fame di Hollywood è stata dedicata una stella al gruppo, nel Gennaio del 2001. Oltre a questo il gruppo è stato insignito con la medaglia Franziskus, la più alta onorificenza della Repubblica della Bielorussia, equivalente al titolo di Cavaliere rilasciato del Regno Unito. Nello stesso anno il gruppo si è esibito all' International Millennium-Festival a New York, a tale avvenimento ha fatto seguito una tournee.

Il 14 Maggio del 2002 accade qualcosa di terribile: l'auto di Mulyavin si schianta contro un albero: fortunatamente ne esce vivo ma ha subito gravissimi traumi. Persino in ospedale il musicista continua a comporre e sogna di poter cantare col gruppo le nuove canzoni subito dopo la dimissione. Purtroppo il sogno non si realizza perché Mulyavin muore nell'ospedale di Mosca il mattino del 26 Gennaio del 2003.

Al giorno d'oggi esistono cinque gruppi diversi che hanno nel loro nome la parola Pesniary e rivendicano l'eredità del gruppo originario.


Appendice: i CD della Moroz in dettaglio.



La Moroz Record ha pubblicato una serie di raccolte con materiale inedito e non, risalente a vari periodi di vita musicale del gruppo. Non sempre la qualità sonora è buona ma alcuni di questi dischi contengono materiale interessante. Forniamo brevemente un riassunto dei contenuti dei principali CD stampati da questa etichetta che speriamo possa essere utile a chi voglia fare degli approfondimenti sulla musica dei Pesniary. Viene indicata la traslitterazione dei titoli nella loro versione bielorussa. Viene escluso "Beryosoviy sok", già trattato per esteso.

"Lyavony"

Come il titolo lascia intuire questo CD raccoglie le canzoni del primissimo repertorio del gruppo, inclusi alcuni pezzi realizzati quando la band si chiamava ancora Lyavony. Le registrazioni proposte spaziano dal 1969 al 1971. Fra i pezzi già editi troviamo canzoni tratte dal primo album: "Oy rana na Ivana" (traccia 2), "Idsyom-paidsyom vdol vulizy" (traccia 6), "Skripyaz mae lapzi" (traccia 8), "Ti mne vyasnoyu prisnilasya" (traccia 9), "Kasiy yas kanyushinu" (traccia17); canzoni tratte dall'album "Narodnye Pesni": "Rechanka" (traccia 3), "I tudy gara i sudy gara" (traccia 7). Vi sono alcuni pezzi comparsi su flexi allegati ad alcune edizioni della rivista musicale "Krugozor": "Chamy zh mne nya pez" (traccia 5 - Krugozor n 6; 1971), un allegro pezzo beat dalle influenze folk, "Raszvela siren" (traccia 12 - Krugozor n 11; 1977) un lento sentimentale per chitarra e voce; canzoni presentate nel filmato "I Pesniary" del 1971 e mai pubblicate: "Yak ya ekay da yae" (traccia 17), un simpatico pezzo beat suonato a ritmo di trotto, con tanto di rumore di zoccoli, "Bivaize sdorovy" (traccia 19), un pezzo melodico e disimpegnato, dalle ritmiche allegre, con ottoni e basso in evidenza. Fra gli inediti troviamo: "Lyavony" (traccia 1) proveniente dal repertorio più vecchio, un movimentato pezzo beat, "Iz dyalokhikh is krayoi" (traccia 4), una canzone del 1971 con oscuri cori tradizionali, "Bilo u teshi semero siatev" (traccia 10), un'allegra canzone fra beat e folk del 1969 basata su motivi della tradizione russa, "Temnaya noch" (traccia 11), una delle canzoni proposte al festival delle repubbliche sovietiche a Mosca, nell'Ottobre del 1970, "Lada" (traccia 13) una canzone beat in stile Beatles, "Delayla" (traccia 14) una cover in lingua russa registrata nel 1968 della famosa "Delilah" di Les Reed, "Vchera" (traccia 15), la versione in russo di "Yesterday" dei Beatles registrata nel 1968, "Obladì Obladà" (traccia 16), la cover in russo della famosa canzone dei Beatles, registrata anche questa nel 1968.

"Aleksandrina"

Contiene fondamentalmente materiale sonoro registrato dal 1970 al 1973. Fra i pezzi già editi troviamo canzoni pubblicate nel primo vinile quali: "Aleksandrina" (traccia 1), "Spadchina" (traccia 2), "A u poli vyarba" (traccia 3); pezzi tratti dall'album "Olesya": "Staiz vyarba" (traccia 4), "Chornya vochy" (traccia 8), "Khlopez pashanku pakhae" (traccia 9), "Savushnizy" (traccia 12); pezzi tratti da "Narodnye Pesni": "Saika di Gryshka" (traccia 5), "Dzyauchina sardenka" (traccia 6), "Oy lyazely gusi s brodu" (traccia 7); pezzi tratti dall'album "Zacharovannaya moya": "Charachka" (traccia 10). Fra gli inediti: "Ave Mariya" (traccia 11), anche se una versione di questa canzone è stata proposta nell'album "Pesniary-25". Quest'ultimo pezzo è molto interessante ed insolito, oscuro e tenebroso con un finale barocco.





"Beloveshkaya Pusha"

Questo Cd contiene canzoni realizzate fra il 1971 ed il 1974. Abbiamo canzoni contenute nell'album "Vologda": "Beloveskaya Pusha" (traccia 1), in una versione inedita registrata dal vivo ed interpretata dalla voce traballante di Denisov, "Do tretikh petukhov" (traccia 5); dall'album "Narodnye Pesni" troviamo: "Perapyolochka" (traccia 7); dal disco live "Zacharovannaya moya" abbiamo: "Ya ne mogu inache" (traccia 8) "Fra i pezzi inediti, numerosi ma registrati in maniera pessima, abbiamo: "Sneg" (traccia 2), un lento abbastanza scadente per piano e voce, "Chyornoe more moyo" (traccia 3) un valzer triste con belle orchestrazioni, interpretato sempre da Denisov, "V semle nashy korny" (traccia 4), una canzone romantica con musica della Pakhmutova, interpretata da Bortkievich, "Ugolok Rossiy" (traccia 6), un lento abbastanza scadente cantato da Bortkievich, "Budochnik" (traccia 9), già edito in realtà in una compilation ed utilizzato come aprtura del documentario "Disk", una allegra canzone interpretata da Kasheparov, "Ti moya Nadeshda" (traccia 10), edito già su singolo e composto inizialmente nel 1974 per il film "Yas I Yanina", si tratta di una canzone d'amore malinconica con bellissimi violini barocchi. Sempre per lo stesso film fu realizzata "Zhily-bily" (traccia 12), un pezzo folk movimentato con belle parti di flauto Tulliane. "Banka Vstanka" (traccia 11) è infine un lungo ed interessante pezzo di 13 minuti, con parti recitate, lunghi assoli e numerosi cambi di situazione.

"Rushniky"

Contiene brani realizzati in larga maggioranza fra il 1973 ed il 1977. Fra i pezzi editi ne troviamo alcuni tratti dall'album di esordio: "Rushniky" (traccia 1), "Belaya Rus ti maya" (traccia 2); canzoni prese dall'album "Olesya": "Ruzhy Zvet" (traccia 3), "Olesya" (traccia 10), "U mesyazy verachy" (traccia 6), "Nashto babe agarod" (traccia 7), "Kakhanne" (traccia 16); pezzi tratti da "Zacharovannaya moya": "Slushay tyosha" Fra gli inediti abbiamo: "Dobri vechar dzyauchinachka" (traccia 4) nella versione anglo-russa registrata nel 1976 assieme al gruppo americano dei New Christy Minstrels e sempre appartenente a questo gruppo di registrazioni troviamo le versione anglo-russa di "Veronica" (traccia 12), "Belarusachka" (traccia 8) un pezzo dalle suggestioni disco dance basato su temi musicali tradizionali e incluso in un album solista di Bortkevich del 2004, "Plive Rechanka" (traccia 9), pezzo appartenente all'opera rock "Ya nesu vam dar", "Tvae ruky" (traccia 11), pezzo melodico di scarso valore, di provenienza ed anno ignoti, interpretato da Penya, "Shto za mesyaz" (traccia 13), canzone melodica per voce e chitarra con cupe tastiere sullo sfondo e romantici archi, realizzata probabilmente negli anni Ottanta ed interpretata da un ispiratissimo Bortkievich, "Kupalinka" (traccia 14), pezzo romantico incluso in origine nel filmato in bianco e nero "I Pesniary" del 1971, "Ydol na vulizi kodsiz Vanya" (traccia 15) appartenente all'opera "Kalendarno-Obryadovie Pesni", "Balada ad chatirokh saloshnikakh" (traccia 17), canzone eseguita al decimo festival mondiale della gioventù e degli studenti che ebbe luogo a Berlino Ovest nel 1973, un pezzo interessante (rovinato dalla registrazione scadente) con arpeggi oscuri di chitarra, dall'incedere solenne, e con un finale drammatico con ottoni Crimsoniani.

"Vologda"

Il CD comprende canzoni realizzate fra il 1973 e il 1982. Fra queste vi è la versione del singolo di "Vologda" (traccia 1) e altre canzoni tratte dall'omonimo LP: "Yavar i kalina" (traccia 5), "Pa vodu ishla" (traccia 6) e "Krik ptizy" (traccia 13). Dall'album "Zacharovannaya moya" troviamo l'omonima canzone (traccia 2), "Oy, dze zh my khodzim" (traccia 7), "vino zh moyo zeleno" (traccia 8), "Kalyadachki" (traccia 11) e "Ya vsyo tot zhe" (traccia 12). Inizialmente rilasciata su singolo è "Za polchasa do vesny" (traccia 3) mentre ha fatto la comparsa in varie compilations la canzone composta da Tukhmanov "Nashy lyubimye" (traccia 4). Un lento che non presenta niente di particolare. Fra gli inediti troviamo "Moskovskye okna" (traccia 9) e "A dze byla vuziza" (traccia 10) facente parte dell'opera "Kalendarno-Obryadovie Pesni".




"Krasnaya Rosa"

Il CD racchiude pezzi realizzati fra il 1976 ed il 1983. Dall'album "Narodnye Pesni": "Mashenka" (traccia 8) Dall'album "Zacharovannaya moya" abbiamo: "Sonet N° 68" (traccia 4), "Nu kak tut ne smeyatsya" (traccia 9) e "Ne glrady na menya" (traccia 12). Troviamo alcune canzoni pubblicate inizialmente su flexi in allegato a "Krugozor": "Moi podniy kut" (traccia 1 - "Krugozor" n4; 1978), con musica di Luchenok, una traccia drammatica ma non particolarmente interessante, con cori di violini, interpretata dalla voce di Bortkevich, "Pazalunak" (traccia 10, - "Krugozor n4; 1978) e "Y zyomnim lese" (traccia 5 - "Krugozor" n1; 1987), un lento che non ha niente di particolare; fra gli inediti troviamo un paio di canzoni realizzate per l'opera "Ya nesu vam dar": l'allegra "Lyudka" (traccia 2), e "Marisya" (traccia 15). "Kon nevsusdanniy" (traccia 3) è una canzone realizzata in epoca non nota, anche se i suoni sono smaccatamente anni ottanta e con elementi di ispirazione disco dance, "Oy u lese u gushchary" (traccia 6), è un pezzo divertente ma tutto sommato scadente, con musica di Luchenok. Inizialmente incluse nell'opera "Kalendarno-Obryadovie Pesni" troviamo: "Zyareshka" (traccia 8) e "To-to" (traccia 11). "Chirvonaya ruzha" (traccia 13) è infine un lento insignificante cantato da Mulyavin, "Dsve movy u myane" (traccia 14) è un lento sdolcinato interpretato da Penya.

"Drosdy"

Il CD contiene materiale realizzato fra il 1977 ed il 1983. Dall'album "Cherez Vsyu Voynu" sono state incluse le seguenti canzoni: "Pravazhala sina mazi" (traccia 5), "Voyna sovsem ne feirverk (traccia 6), "Pered atacoy" (traccia 7), "Banya" (traccia 8), "Pesnya o pekhote" (traccia 9), "Talyanochka" (traccia 10), "Risunok Tushiu" (traccia 11), "Ballada o fotocartochke" (traccia 12), "Vosvrashenye" (traccia 13) e "Poslednye salpy" (traccia 14). Inizialmente rilasciati su singolo troviamo la title track "Drosdy" (traccia 1), un pezzo lento e struggente cantato da Bortkievich. Fra gli inediti sono inclusi: "Miluyu tebya" (traccia 2) un pezzo lento e melodico di ispirazione pop cantato da Daineko e risalente al 1983 e "Polyushko-pole" (traccia 3), una traccia a dir poco scadente con tastiere new wave, "Gotyka svyatoy anny" (traccia 4) un pezzo strano e avanguardistico di un certo interesse, con ottoni furiosi e sonorità dissonanti.


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