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ARBETE OCH FRITID Jessica Attene
 

Gli Arbete Och Fritid (Lavoro e Tempo Libero) nascono ad Uppsala nel 1969. La formazione d'esordio comprendeva Roland Keijser (sassofono, flauto, clarinetto, organo) e Kjell Westling (flauto, sassofono, violino, chitarra e piano), entrambi provenienti dai Gunder Hägg, che in pratica rappresentavano la prima incarnazione di quelli che sarebbero diventati i più celebri Blå Tåget; il batterista Bengt Berger, proveniente dall'esperienza Pärson Sound (alla quale aveva partecipato anche Kjell) e che ritroveremo successivamente negli Archimedes Badkar, Torsten Eckerman alla tromba e alle percussioni, ed infine Ove Karlsson (violoncello, basso, chitarra, violino, cantante e suonatore di giocattoli), unico membro costante nel corso degli anni che può essere definito come la vera e propria colonna portante degli Arbete. Tutti i componenti erano multistrumentisti e vantavano, anche negli anni della loro militanza negli Arbete, numerosissime collaborazioni con gruppi di diversa ispirazione musicale. La loro versatilità e vivacità artistica si rifletteva nello stile della band, eclettica, fantasiosa, avventurosa. Gli Arbete erano aperti ad ogni tipo di contaminazione, dalla psichedelia alla musica etnica, accogliendo nella loro musica le influenze folk più disparate, dalle scandinave alle scozzesi, dalle balcaniche a quelle turche; facevano inoltre uso di scale jazz ma anche di ritmi popolari come quelli del tango e del valzer, erano molto aperti all'improvvisazione e potevano essere tanto seriosi quando lanciati verso l'umorismo più folle. Hanno portato la loro musica in giro per la Scandinavia suonando in festival, jazz club, scuole, prigioni, ospedali, festival di musica popolare e in televisione… insomma sono un grande gruppo di intrattenimento che ha saputo farsi apprezzare divenendo protagonista di un periodo storico indimenticabile e tutt'oggi conosciuto e apprezzatissimo in Svezia.

L'esordio discografico, omonimo, fu pubblicato nel 1970 per l'etichetta Sonet. Subito appare chiara la connotazione sperimentale e contaminata della musica del gruppo, colorata da forti tinte psichedeliche e folk. La traccia di apertura "Damen i svart " (la signora in nero) mostra forti parentele col repertorio degli stralunati Träd Gräs Och Stenar, anche se le coloriture offerte da ottoni e violino rendono la traccia in un certo senso più interessante e godibile. L'incedere è strampalato, grottesco e improvvisamente diviene stranamente lineare, come la canzone suonata da una banda di paese. Gradualmente si riesce ad afferrare una certa linea melodica che suona goffamente malinconica. Mentre la breve "Garbergsbrudens dödsmarsch " è un folk-tune basato sulle sequenze ripetitive del violino, di ispirazione celtico-scandinava, la title track "Arbete och Fritid", che chiude il lato A del vinile, è una divagazione ipnotica e psichedelica che somiglia ad uno specie di raga indiano attraversato da un sax solista che si sforza ogni tanto di costruire qualcosa di vagamente melodico, anche se a prevalere sono le dissonanze e le stramberie di un delirio sonoro alla Träd Gräs Och Stenar. La traccia si trascina per otto minuti buoni e dà uno strano effetto di stordimento. E' chiara la posizione della band che partecipa appieno alle ideologie del movimento progg che allora fioriva in Svezia, all'insegna della più totale libertà espressiva e in opposizione alle leggi capitalistiche e monopolizzatrici delle major che proponevano modelli musicali filo anglosassoni con l'intento di commercializzare la musica. In questo senso non era importante saper cantare o saper suonare bene quanto dare libertà ai propri sentimenti creativi e alle proprie ideologie. Ecco quindi che alla lunga il brano diventa sempre più scoordinato e si spinge alla deriva fino a dissolversi. Anche la copertina ha qualcosa di polemico, anche se non ne è perfettamente chiara la simbologia: una figura femminile in nero cammina scalza su acque color petrolio portando in mano una lanterna in cui la fonte di luce è un uovo che reca il marchio della Esso. La multinazionale petrolifera compare anche nel titolo della seconda canzone del lato B: "Esso Motor Hotel " ma, dal momento che l'album è strumentale, le ideologie vere e proprie del gruppo ci sfuggono totalmente. La canzone è guidata dal pianoforte ed è vagamente arabeggiante nelle sue movenze, con passaggi di ispirazione jazz e toni drammatici. Gli ottoni sono come sempre esuberanti e danno quasi l'idea del lento avanzare di un pachiderma. La musica è scarna, ha un impatto live ed è imprevedibile, disordinata ma comunque godibile ed affascinante a modo suo, con i suoi riferimenti a Fläsket Brinner e Kebnekaise. "Mora-Nisses vallåt" (l'argine al Mora-Nisses), la traccia di apertura del lato B, è divertente con i suoi ottoni lanciati e traballanti e un sottofondo martellante di piano che sembrano quasi fare il verso al celebre "Mattino" di Grieg. Come al solito la musica degenera in maniera delirante ma l'intrattenimento è assicurato. "Engelska kanalen" (il canale inglese), fra folk e psichedelia, ha delle cadenze oscure dal sapore nordico, con pianoforte e violino, e un tamburello sordo fatto vibrare con insistenza che sembra quasi un serpente a sonagli. "Vind" (distorto) è la breve traccia di chiusura per chitarra arpeggiata e qualcosa che somiglia ad una spinetta. In questo caso il sapore è insolitamente barocco e la melodia lentissima si ripete ciclicamente sempre uguale a sé stessa a creare un loop straziante. Folk e psichedelia con una forte attitudine all'improvvisazione e un amore particolare per melodie goffe e sconclusionate sono le caratteristiche principali che emergono da questo esordio che presenta una durata piuttosto breve, non raggiungendo neanche i 38 minuti complessivi. Si tratta comunque di un album molto significativo e affascinante.

La medesima formazione pubblica, sempre per la Sonet, un nuovo album l'anno successivo, "Andra LP" (un altro LP), dalla copertina bella e poetica. La durata complessiva si accorcia sui 34 minuti ma la follia della band non si esaurisce affatto. L'album è composto da nove tracce di lunghezza contenuta, con un paio di picchi dati dai sette minuti di "Den Tredje Gång" e di "Två Grekiska Låtar". In questa maggiore compattezza si vengono quasi a perdere del tutto le divagazioni psichedeliche ed il sound si orienta verso qualcosa di più improntato al folk in un ibrido bizzarro fra melodie balcaniche e nordiche, scandite dai soliti goffi ottoni. Abbiamo riferimenti ai Kebnekaise ed un senso della melodia più concreto, anche se si tratta pur sempre di motivi stralunati e spesso ipnotizzanti, dai suoni scarni e spesso dimessi. Una bella esemplificazione di questi concetti si può trovare nella divertente e breve traccia di apertura "Strumpsläng" (lanci di calzini), dal sapore balcanico e bandistico, buffa e goliardica, con tamburi da marcia festosa. "Finsk Sorgmarsch" (marcia dolorosa finlandese) sembra in effetti una grottesca marcia funebre dalle progressioni lente e trascinate, sempre scandite dagli ottoni. Non vedrei male questo brano in un disco degli Alamaailman Vasarat. "Fylke Airport" è costruita unicamente su lenti e tormentati ronzii di violino e gradualmente perde il suo vago senso della melodia fino a diventare totalmente sconclusionata. Arriviamo quindi al già citato "Den Tredje Gång" (quella terza volta), costruito su sonorità scarne e ripetitive, percussioni legnose e smorzate e ghirigori leggeri disegnati da un flauto vivace, con una chitarra pizzicata in maniera ritmica dal sapore orientaleggiante. Si tratta di un pezzo ossessivo, con un assolo di batteria centrale dai suoni molto ovattati e che non presenta particolari tecnicismi e una parte finale in cui gli ottoni tornano alla ribalta in maniera divertente. "Långdans Efter Hjort-Anders" (lunga danza ispirata a Hjort-Anders, che per la cronaca è un celebre violinista folk svedese) è il breve pezzo che chiude il lato A ed in questo caso abbiamo un motivo folk oscuro e nordico per solo violino. "Två Grekiska Låtar" (Due melodie greche), che si trova in apertura del lato B, è fra i pezzi più belli dell'album: si tratta di un brano basato su leggiadre melodie balcaniche, con un'apertura lenta e suggestiva disegnata da piano, flauto ed ottoni malinconici ed una parte conclusiva più vivace e spigliata. "Rotmos Och Fläskkorv" (purè di rape -piatto della tradizione svedese- e hot dog) è un pezzo dai suoni cupi e scarni per piano, violino ed ottoni con suggestioni alla Ensemble Nimbus. "Pam Pam" sfoggia ancora suoni scarni, con una chitarra acustica solista vivace, che si muovono su un sottofondo pigro ed oppiato. In chiusura viene collocato un pezzo insolito: "Tango Gabardin", un tango suonato con l'organo liturgico dalle atmosfere Transilvaniche. Complessivamente questo secondo album è diverso dall'esordio, anche se si riconoscono i tratti distintivi della musica degli Arbete, in una versione dalle tonalità oscure e grottesche. Si tratta sicuramente di una delle produzioni più belle del gruppo e musicalmente più godibili.

Nel 1972 il gruppo realizza uno split album con i Kustbandet, intitolato "Club Jazz 6" ed uscito per la Sveriges Radio che aveva appunto pubblicato una serie di questi vinili, di cui questo rappresenta ovviamente il sesto volume. Gli Arbete occupano il lato B del vinile con un'unica traccia di circa 19 minuti intitolata "Ostpusten - Västpusten". Fanno la loro comparsa nella band due nuovi musicisti: il batterista Bosse Skoglund ed il bassista e violinista Tord Bengtsson. La lunga traccia si sviluppa come una specie di raga, con una lunga parte iniziale per soli violini ronzanti, accompagnati da una specie di vocalizzo braminico. Fortunatamente il pezzo esplode con l'andare dei minuti, aprendosi all'improvvisazione in vorticosi loop strumentali tinti di psichedelia, in cui si fondono elementi folk a ritmi vagamente indiani. Si tratta di una specie di cavalcata mistica forse un po' sconclusionata ma comunque interessante, con un finale in cui davvero ogni musicista va per contro proprio all'insegna del puro rumorismo in stile RIO. Può valere l'ascolto.

Risale allo stesso anno un album realizzato con la collaborazione di Rolf Lundqvist che esordisce come cantante e poeta. Rolf studiava all'epoca al liceo di Falun, nel nord della Svezia, quando entrò in contatto con gli Arbete. Il giorno di Natale di quell'anno si incontrarono per fare delle registrazioni assieme e a quelle prime registrazioni se ne aggiunsero presto delle altre, effettuate a Vaxholm, appena fuori Stoccolma, poco più tardi. L'album, "Slottsbergets Hambo Å Andra Valser", fu pubblicato per l'etichetta MNW, che assieme alla Silence rappresentava una delle label di riferimento del movimento Progg. Si tratta di un'opera sicuramente atipica nella discografia degli Arbete in cui il ruolo principale è sostenuto da Rolf che canta e recita le sue lunghe poesie. Abbiamo quindi alcune divertenti ballate un po' stonate di matrice fok-cantatutoriale, intramezzate a parti puramente recitative e a qualche poesia con commento sonoro. Fra i pezzi più godibili e buffi va menzionata la traccia di apertura, "Slottbergets hambo", un valzer scanzonato, interpretato dai soliti goffi ottoni degli Arbete, cantato dalla voce sgraziata ma simpatica di Rolf. Un vero e proprio tormentone di dieci minuti è la canzone "Sveriges undervattensbåt" (sottomarino svedese), un pezzo ripetitivo con tantissimi falsi finali che hanno un'azione un po' snervante ma sicuramente divertente, vi troverete sicuramente a ridere appresso al gruppo ogni qual volta il ritornello, per l'ennesima volta, ricomincia da capo. A parte qualche allegra canzonaccia, bisogna purtroppo dire che per noi che non capiamo lo svedese l'album diventa forse un po' troppo pesante, specie per quanto riguarda le lunghe parti recitate. Vale comunque la pena ascoltare qualcuno di questi valzer strampalati, alcuni dei quali davvero esilaranti. Da segnalare il fatto che hanno abbandonato il gruppo sia Bengt Berger, ora sostituito da Bosse, sia Kjell Westling. L'album è stato ristampato in CD in una bellissima edizione cartonata con una bonus track aggiuntiva.

Sempre per la MNW il gruppo realizza un nuovo album intitolato "Arbete & Fritid", considerato tutt'ora il migliore della discografia della band, anche se comunque ogni album ha le sue peculiarità. La formazione rimane quella di "Slottsbergets Hambo", a parte ovviamente la mancanza di Rolf. Troviamo ancora tutti gli elementi che contraddistinguono il sound degli Arbete con una maggiore robustezza dei suoni, data dal ruolo più costante della chitarra elettrica e dal drumming più deciso di Bosse. Un esempio è dato dalla bellissima traccia di apertura, "Gånglåt efter Lejsme Per Larsson, Malung" che ripercorre i motivi della tradizione popolare svedese, riproposti in uno stile grottesco ed accattivante. Si tratta infatti di un bellissimo gånglåt (i gånglåt sono dei ritmi di marcia riconducibili al folklore locale) dominato da ottoni un po' lugubri e da oscuri violini: come se un gruppo tradizionale dei Balcani si mettesse in testa di suonare folk scandinavo. Molto bello anche il secondo pezzo, "Alâzig-Dans", seppure breve, per solo tamburello e flauto, dai ritmi veloci e dalle sonorità che ispirano oscure foreste appesantite dalla neve, anche se in realtà si tratta dell'arrangiamento di un motivo tradizionale turco. Una voce roca ma non sgradevole, anche se a volte è po' stentata, apre "The European Way", un pezzo dalle cadenze lente e dai suoni tetri, con violini oscuri e ottoni funerei a forti tinte folk: si tratta nientemeno che di un brano tradizionale lituano, anche se lo stile degli Arbete lo fa sembrare nordico. Dopo la prima parte cantata segue un intermezzo strumentale in cui i musicisti hanno spazio per divagare su ritmi ipnotici e veloci per poi tornare su motivi più strettamente tradizionali con belle orchestrazioni. La traccia si protrae per nove minuti ed è la più lunga ed articolata dell'album, con un finale lanciato ed i fiati ancora in bella evidenza che, andando in crescendo, disegnano il motivo melodico principale. "Slavvals " è un breve e buffo valzer che funziona da leggero diversivo. "Halling efter Ulrik Jensestuen" è un allegro brano folk che ricorda motivi celtici, con un allegro violino che intona melodie ripetitive che ispirano alla danza. Con questo si chiude il lato A mentre l'apertura della seconda facciata è affidata a "Nidälven", un timido valzer accompagnato da una chitarra acustica, con i soliti buffi ottoni. "Petrokemi (det kan man inte bada i)" è un pezzo dai suoni robusti e ruvidi, con bei riff di chitarra e ritmi ossessivi, in cui possiamo leggere riferimenti ai Träd Gräs Och Stenar. "Dagen lider" (il giorno soffre), un brano tradizionale bulgaro, è una nenia cantata in maniera dimessa, scandita da un rintocco metallico ritmico ed accompagnata da un piano leggero, con inserti delicati di flauto e violino. "Pols efter Steffen Henningsgård, Brekhena" è un'altra ballata tradizionale dai ritmi vivaci, scandita da un brioso tamburello, della durata di appena due minuti e mezzo. L'album si chiude con "Vägen Till Nyvla", composto da Eckerman: in questo caso abbiamo una romantica sonata notturna accompagnata da un romantico pianoforte e da un flauto di legno, con un sottofondo struggente di violoncello. Appare evidente che a prevalere in questo album sono i motivi della tradizione provenienti da culture diverse fra loro ma riproposti in chiave personale grazie all'interpretazione del gruppo e fuse in maniera magistrale. Da notare che la ristampa in CD (fate attenzione perché la copertina è diversa rispetto al vinile) curata dalla MNW e pubblicata nel 2003, comprende anche il lungo "Ostpusten - Västpusten" di cui abbiamo già parlato.

L'album successivo, stampato nel 1975 sempre dalla MNW, non è altro che una lunga jam spalmata sui due lati del vinile, catturata da una registrazione dal vivo a Ludvika. "Ur Spår" è una lunga divagazione strumentale basata sulla libera improvvisazione, condita da un forte spirito psichedelico e caratterizzata dal libero e disordinato scorrere di pensieri musicali a volte inafferrabili. Le tematiche musicali folk vengono quasi del tutto abbandonate e gli unici riferimenti a questo genere sono presenti soprattutto per la scelta di certe sonorità, guidate dal suono del violino. La musica va in maniera sconclusionata alla deriva perdendosi in loop e in vuoti strumentali, in divagazioni astratte a tratti irritanti, con riferimenti alla totale libertà musicale tipica dei Träd Gräs Och Stenar. E proviene proprio da questa band il nuovo violinista degli Arbete: Thomas Mera Gartz, noto anche per la sua militanza negli storici Mecki Mark Man, Pärson Sound, Harvester ed International Harvester. Da notare che gli strumenti utilizzati in questa performance sono unicamente costituiti da ottoni ed archi, su una base di basso e batteria. Le sonorità sono in prevalenza cupe e sono quasi del tutto prive di quell'allegria e vivacità dei precedenti lavori. A volte la musica è così tanto disorganizzata e piena di silenzi che pare quasi che i musicisti si siano scordati di stare sul palco per suonare… ma ogni tanto questi ripartono in maniera inaspettata e sono in grado di regalarci qualche piccola sorpresa. A volte fra i momenti di silenzio si avverte la calda partecipazione del pubblico che sembra quasi in comunione spirituale con la band, estasiato ed in preda ad un delirio quasi mistico e ci sono dei momenti in cui riusciamo quasi a vedere la gente che danza e partecipa come ad un rito tribale al ritmo ripetitivo di sonagli e tamburi. Un ruolo non indifferente nel cambiamento di direzione intrapreso dalla band lo dovevano aver sostenuto proprio Thomas Mera Gartz e successivamente Torbjörn Abelli, impegnati nelle frange più politicizzate del Progg che vedevano nell'improvvisazione dal vivo e nella comunione sonora col pubblico un'incarnazione dei propri ideali di libertà. Basti pensare che i Träd Gräs Och Stenar stessi rappresentavano, oltre che un modo preciso di concepire la musica, un vero e proprio stile di vita fondato sulla comunione, sul ritorno alla natura e sulla totale mancanza di vincoli.

Nel 1976 va segnalata la collaborazione della band alla realizzazione dell'album di Margareta Söderberg: "Käringtand". Nel 1977 gli Arbete pubblicano ben due nuovi album, entrambi doppi, che presentano comunque caratteristiche diverse: il primo più sperimentale ed eterogeneo, il secondo composto totalmente da classiche melodie folk; è come se il gruppo avesse deciso di separare e smembrare i propri tratti musicali distintivi su due album diversi! "Se Upp För Livet", basato sui testi di Ulf Lauthers e ideato come soundtrack di uno spettacolo alla Kulturhuset di Stoccolma, vede un nuovo cambio di formazione: Bosse Skoglund, Roland Keijser e Tord Bengtsson abbandonano il gruppo mentre Jan Zetterquist (batteria) e Torbjörn Abelli (bassista e compagno di avventure di Thomas Gartz nelle varie incarnazioni dei Träd Gräs Och Stenar) ne entrano a far parte. Il lato A del primo vinile è in stretta continuità con lo spirito di "Ur Spår": ne fanno infatti parte un lungo pezzo di oltre sedici minuti, "Födelsemusik" (musica della nascita), ed uno più breve di cinque, "Fantasins lov", basati sulla totale improvvisazione live e caratterizzate da sonorità psichedeliche disorganizzate e rarefatte che si espandono progressivamente nel pieno stordimento dei sensi e della ragione. Cambiando facciata si cambia totalmente musica: troviamo infatti una collezione di ben sette brevi canzoni fra il folk ed il cantautoriale. La scanzonata "Dansa i ring" è uno stonato motivetto tradizionale con il violino e dei sonaglietti che si confondono in maniera divertente col cantato stridulo che ripete la parola ring. A parte questo simpatico diversivo folkish, il resto del vinile presenta alcune tracce dal sapore cantautoriale, come "Jag vet inte så noga" (non lo so così bene), con un allegro motivetto guidato dall'organo Hammond, la malinconica "Jag bär min smärta" (porto il mio dolore), per chitarra voce e piano con un sottofondo di violino e la stonata ballad acustica " Jag vägrar va´me´", con chitarra acustica, violino e percussioni. Le restanti canzoni hanno un approccio più stravagante: "Knoga och knega " sembra una sorta di macabra danza tribale, "Porrpaketet" (il pacchetto porno) è un brano jazzy con una buffa voce che recita ed infine "Jag är inte som andra " (non sono come l'altro) è dominato da sonorità alienanti e psichedeliche. Come si può ben intuire si tratta di un album piuttosto disomogeneo in cui sono raccolte idee diverse, più o meno valide. Altrettanto disomogeneo si presenta il secondo vinile. " Lev hårt - dö ung ", la traccia di apertura, è un breve e rumoroso pezzo di hard rock psichedelico, "Avdelnig - Indelning ", è dominato un loop fastidioso di rumori tintinnanti che si protrae in maniera identica a sé stessa per tre minuti, "Nu måste jag välja" (ora devo scegliere) è una canzonetta pop dalle melodie simil-hawaiane, "Spel i soluppgången " (suonare all'alba) si presenta come una divagazione sonora alienante che si sviluppa su ritmi e rumori ossessivi. Con "Kärlekssång " (canzone dell'erotismo), che chiude il lato A, torniamo infine alle melodie folk. L'ultimo lato in esame è in prevalenza composto da tracce folk e cantautoriali con un paio di episodi più "sperimentali" rappresentati da "Gotlandsmusik" (musica di Gotland), la traccia di apertura, una specie di divagazione sconclusionata per chitarra elettrica, e "Berget" (la montagna), la traccia più lunga dell'album, che si profila come una specie di pezzo folk ambient psichedelico, con loop strumentali ossessivi attraversati dal gorgheggio di uccelletti. Le rimanenti tracce sono più ordinarie, anche se lasciano trasparire una forte vena ironica. Ecco quindi: "Älskade barn" (amato bambino), dai toni cantautoriali, con un bel violino di sottofondo, "Brudmarsch från Vågå i Norge " (marcia nuziale di Vågå in Norvegia), un breve pezzo folk strumentale con melodie sentimentali, "Stora David Bagare" (David il grande panettiere), una divertente canzonetta sempre accompagnata dal violino, e per finire "Nu är det dags" (Ora è il giorno) una brevissima canzonaccia per violino e tamburelli cantata da voci stonatissime. E' vero che questo album presenta alcune buone idee ma globalmente appare un po' sconclusionato e troppo eterogeneo. I pezzi legano male fra di loro ed alcuni episodi avrebbero potuto benissimo essere evitati. Sicuramente le produzioni più apprezzabili del gruppo sono quelle in cui gli Arbete riescono a fondere tutte le loro tendenze e caratteristiche in uno stile ibrido, cosa che qui purtroppo non avviene.

Il doppio "Sen Dansar Vi Ut", come abbiamo anticipato, segna un deciso ritorno al folk, prendendo radicalmente le distanze dal recentissimo "Se Upp För Livet". Questa volta, già ascoltando le prime tracce dell'album, ci rendiamo conto che l'approccio folkloristico del gruppo diviene ancor più radicale. "Öppningslångdans " (lunga danza di apertura), "Valsernas Vals", "Polska Ur Fläcken" sono dei pezzi tradizionali arrangiati con strumenti acustici, soprattutto con i violini ed il violoncello, dalle melodie oscure e a volte come ispirati da un'allegria un po' tetra che non presentano comunque le belle e divertenti contaminazioni che caratterizzavano le prime produzioni. L'aggancio alla tradizione avviene in maniera diretta, come accennato, attraverso polske, gånglåt e classici giri di valzer. Questo rinnovamento stilistico si accompagna ad un nuovo stravolgimento della formazione con un ruolo degli archi che, come accennato, diventa preponderante. Abbiamo due nuovi violinisti: Anders Rosén e Kalle Almlöf (che ha suonato anche nei Folk & Rackare) che hanno un ruolo centrale, assieme al violoncello malinconico di Ove Karlsson. Torna nel gruppo Kjell Westling che per l'occasione suona sax sopranino, clarinetto basso e corno, affiancando Roland Keijser al sax soprano e tenore. L'inserimento degli ottoni in qualche contesto dona un punto di calore a composizioni che forse suonerebbero fin troppo invernali e tetre, bisogna però osservare che purtroppo il ruolo di questi strumenti è forse troppo striminzito e non sfruttato al meglio. La batteria è suonata con gran classe da Mats Hellberg (musicista di impostazione jazz che comparirà nel bellissimo secondo album degli Ibis "Sabba Abbas Mandlar"). Tutto il primo LP si mantiene su toni acustici e tradizionali, attraverso melodie ritmate e bucoliche, con una parziale eccezione rappresentata dall'ultimo pezzo, il più lungo in assoluto dell'opera, con ben quattordici minuti di durata. A parte la lunga divagazione iniziale che fa temere un ritorno ai lunghi deliri senza capo né coda già presentati nei lavori appena precedenti, lo sviluppo successivo del pezzo avviene attraverso giri musicali tradizionali, ripetitivi, rinfrescati da una spruzzata di psichedelia e resi decisamente più interessanti da un ritrovato ruolo di primo piano degli ottoni che questa volta competono allegramente con i festosi violini. Il pezzo si sviluppa in loop ripetitivi, comunque in maniera sempre graziosa e gradevole, facendo apprezzare un parziale ritorno al periodo di massimo splendore del gruppo. Il secondo vinile presenta sonorità lievemente più ricche e brillanti e schemi compositivi più liberi. Soprattutto piace la ritmica della batteria, suonata con molta fantasia in un frangente in cui le linee melodiche degli archi sembrano quasi muoversi salde su un paio di binari, in maniera sempre piuttosto ripetitiva. Fra le tracce più belle di questo lotto di brevi canzoni, ben nove nel secondo LP, troviamo sicuramente "Springare Från Elva Till Troll", con ottoni ribelli e una batteria vivace suonata con molta libertà, con momenti di improvvisazione e melodie stralunate. Fra le altre tracce da ricordare inseriamo anche "Rolands Gånglåt ", la traccia di apertura del secondo disco, semplice e festosa. L'opera è quasi totalmente strumentale e composta da pezzi in larga parte brevi. Complessivamente si presenta piacevole, anche se un'aderenza piuttosto stretta alle melodie della tradizione, fin troppo spesso ripetitive e malinconiche, alla lunga può rendere l'ascolto sempre meno interessante. Tirate le somme si tratta pur sempre di un bell'album con bei momenti, anche se gli Arbete, dobbiamo dirlo, ci avevano abituati a ben altri voli di fantasia. Per chi riuscisse a trovarla, nel 2003 è stata fatta una ristampa su CD con le diciotto composizioni al completo.

"Håll Andan", pubblicato nel 1979, è l'ultima fatica discografica degli Arbete e non si può certo dire che si tratti del loro canto del cigno. La band ha subito una profonda metamorfosi stilistica e questo ultimo LP si configura come una raccolta di tracce rumorose e schizoidi, non prive di influenze punk, con samples, rumori ambientali e sfuriate musicali senza un vero e proprio filo logico, cosa vera soprattutto per il lato A del vinile in cui campeggia la sconclusionata e disturbante "Kalvdans ". La traccia di apertura, "Harmageddon Boogie" è invece un goliardico boogie di scarso valore artistico, mentre con la traccia di chiusura ci gettiamo nell'umorismo più esasperato con "Jag föddes en dag " (ho fatto nascere un giorno), di ispirazione punk. Altre volte abbiamo delle canzonacce cantate in maniera più che stonata, come "Kopparna på bordet " (le tazze sono sul tavolo) che apre il lato B, ma da qui in poi le rimanenti tracce migliorano sensibilmente, anche se non possiamo dire che si tratti di capolavori. Nella brevissima "Vägvisa" (spettacoli di strada) c'è un ritorno al folk, interpretato comunque in maniera grezza; la successiva "Dorisk Dron" è un pezzo di folk psichedelico, dal sapore mistico, con arpeggi metallici e un flauto orientaleggiante. La conclusiva "Thulcandra" (titolo che rimanda allo scrittore fantasy C.S. Lewis) sembra invece un classico pezzo alla Träd Gräs Och Stenar e si tratta forse del più riuscito di questo LP. Possiamo benissimo capire che quest'opera non solo appare disomogenea e raffazzonata ma non raggiunge neanche livelli qualitativi discreti. In questa ultima incarnazione del gruppo, accanto al leader Ove Karlsson ritroviamo Thomas Gartz, Torbjörn Abelli, Tord Bengtsson e la new entry Ulf Wallander al sax (meglio ricordato per la sua collaborazione con i Samla di "Snorungarnas Symfoni".

Fra il 1979 ed il 1980 gli Arbete suonarono in diverse occasioni con i connazionali Archimedes Badkar formando una specie di supergruppo allargato chiamato ArbArch. Chiuso definitivamente il capitolo con gli Arbete Och Fritid, che si sciolsero a tutti gli effetti nel 1981, Ove Karlsson si dedicò ad un nuovo progetto con i Nya Ljudbolaget e compose musica per spettacoli teatrali. Vale la pena segnalare l'unico e particolare album eponimo realizzato da questo gruppo (stampato nel 1981 dalla MNW) che comprendeva anche membri dei Samla Mammas Manna e Ramlösa Kvällar (emblematica in tal senso la traccia intitolata scherzosamente "Ramlösa mammas fritid ") con Hasse Bruniusson al vibrafono, percussioni e marimba, Karl-Erik Eriksson al flauto, Ove Karlsson al violoncello, Ulf Wallander al piano e Marie Selander come ospite alla voce nella prima traccia. L'album si dimostra decisamente interessante, offrendo una commistione di stili che unisce folk, musica sinfonica, moods di ispirazione gotica, psichedelia, temi burloneschi e RIO. Le tracce sono abbastanza eterogenee ma comunque di buona qualità e sembra quasi che in questo nuovo gruppo Ove sia riuscito a racchiudere parte delle buone idee del vecchio repertorio degli Arbete che in quest'occasione acquistano una vitalità nuova e particolare grazie all'apporto degli altri musicisti.
A conclusione aggiungiamo che chi volesse avere un assaggio della produzione musicale degli Arbete può trovare abbastanza facilmente una compilation stampata su CD dalla MNW nel 1991 intitolata "Deep Woods 1969-1979" che getta un rapido sguardo su tutta la produzione della band.

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