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MODRY EFEKT/BLUE EFFECT Jessica Attene
 

Il 3 Ottobre 1968 l'allora ventiduenne chitarrista Radim Hladík lascia la band Rhythm & Blues, i Matadors, col quale aveva collaborato per ben tre anni, e in meno di due mesi mette in piedi il suo gruppo, i Blue Effect, col quale inizierŕ un lungo cammino musicale fatto di sperimentazione, di ricerca, mescolando e saggiando diverse correnti musicali che vanno dal folk al jazz, dal "big-beat" al progressive rock, cambiando stile di album in album e divenendo un punto di riferimento per il rock in Cecoslovacchia.

Lo stesso Radim veniva allora considerato il chitarrista piů accreditato nel suo paese e la sua fama si espanse presto in tutta l'Europa dell'est. Il primo monicker che Radim scelse per la sua band fu The Special Blue Effect, ma ancora prima del suo concerto di esordio ufficiale al club "Music F", fu accorciato a "Blue Effect". Questo nome non ha nulla a che vedere con il Blues, come potreste subito pensare, ma si riferisce al "libro blu", cioč ad un certificato medico che in Cecoslovacchia permetteva di essere congedati dagli obblighi di leva. Il gruppo era completato dal secondo chitarrista Miloš Svoboda, che tuttavia lascerŕ la band prestissimo, nel 1969, dal bassista Jiří Kozel, dal batterista Vlado Čech ed infine da Vladimír Mišík alla voce, proveniente come Radim dalla line-up del gruppo dei Matadors. La musica delle origini era basata su Rhythm & Blues e hard rock, ma presto questa miscela iniziň a divenire piů complessa e ricca, dinamica e piena di sfaccettature. Il primo grande successo arrivň in breve, il 22 e 23 Novembre del 1968 a Praga, in occasione del secondo festival beat cecoslovacco: i risultati furono strabilianti, con Radim eletto miglior musicista del festival, Mišík secondo cantante, la canzone "Sluneční hrob" (tomba solare) la migliore del festival ed i Blue Effect incoronati infine come la "scoperta dell'anno".

A febbraio era giŕ pronto il primo singolo, "Sluneční hrob/I've Got My Mojo Working", che comprendeva il primo grande successo (che comparirŕ anche nel long playing di debutto) e la cover di un classico blues di Muddy Waters. A breve esce per l'etichetta Panton l'EP "Blue Taxi" e l'anno seguente il gruppo č impegnato come opening act dei Beach Boys in diverse date europee. Le quattro canzoni dell'EP, comparse, assieme alla B side del singolo, come bonus nella ristampa su CD del primo album, non hanno davvero nulla di speciale e si presentano come dei divertenti pezzi beat. La title track č particolarmente scherzosa e ai coretti scanzonati in inglese, dall'approccio quasi punk, viene persino intercalata una sonora eruttazione. La struttura dei pezzi č ancora molto rudimentale, con un cantato incerto e non poche ingenuitŕ.

Dall'Aprile all'Agosto del 1969 il gruppo č impegnato nella realizzazione dell'album di esordio, "Meditace", ma arrivano anche i primi problemi: le autoritŕ giudicano i testi scritti da Radim in collaborazione con Jaroslav Hutka ideologicamente sovversivi e costringono l'artista ad effettuare tagli e correzioni. Radim trovň presto un nuovo partner nel poeta e paroliere Zdeněk Rytíř. "Meditace" fu pubblicato nel 1970 per la Supraphon ed un anno dopo fu realizzata una stampa in inglese per il mercato estero intitolata "Kingdom of Life" con testi curati, in questa edizione, da Karelian Kozelom e da Jiri Smetana che verranno coinvolti anche in futuro in nuove collaborazioni.

"Meditace" ha come base quel big beat che tanto spopolava nella vicina Polonia, quello hard blues canzonettistico e vagamente ballabile che fece il successo di diversi gruppi, ma quella formula semplice ed ammiccante č stata tuttavia impreziosita da spunti piů o meno ricchi ed interessanti. Stilisticamente si tratta di un album decisamente indietro con i tempi ma vi sono comunque episodi degni di essere ricordati. Fra questi troviamo l'oscura traccia di apertura, "Paměť Lásky", che presenta eleganti inserti di flauto e violino con parti corali solenni che fanno da sfondo alla voce di Mišík che declama in tono austero. L'effetto complessivo, pur nella sua rudimentalitŕ, a posteriori potrebbe ricordare qualcosa degli After Crying. Deliziosa č la giŕ citata "Sluneční hrob", qui presente in una breve versione strumentale con chitarra acustica ed archi. L'uso del sitar aggiunge un tocco esotico e vagamente psichedelico a tracce come "Blue Effect Street", per il resto abbastanza lineare e persino cantabile. Si fa ben sentire la chitarra di Radim che al momento ha un'impostazione marcatamente blues, con assoli tirati e coinvolgenti giocati sulla pentatonica, come in "Little Girl", in cui fa danzare le corde del suo strumento al ritmo del contrabbasso, o come nella graffiante traccia di chiusura "Where is My Star". Non puň mancare il classico giro di lentissimo blues che in questo caso č rappresentato da "Blues About Stone". L'edizione di esportazione differisce solo riguardo le prime quattro tracce, quelle cantate in ceco, sostituite da nuove versioni delle stesse canzoni in lingua inglese, questa volta interpretate dalla voce piů calda e decisa di Lešek Semelka. Il cantante e tastierista č infatti appena giunto, siamo sempre nel 1970, a sostituire Vladimír Mišík che, abbandonati i Blue Effect, formerŕ di qui a poco altri grandi gruppi, fra cui i Flamengo e gli ETC. Le quattro tracce di cui abbiamo parlato sono state inserite come bonus nella ristampa su CD di "Meditace", edita dalla Bonton, e nella ristampa su CD dell'album "Nová syntéza", curata dalla stessa casa discografica.

Il nuovo disco rappresenta una grande sorpresa per i fan del gruppo. "Coniunctio" viene realizzato in collaborazione con i Jazz Q Praha. In questo momento i due gruppi vengono rispettivamente riconosciuti come i leader della scena free jazz e rock in Cecoslovacchia e l'album costituisce un ambizioso tentativo di unire i due generi. Questo LP rappresenta anche l'esordio discografico dei Jazz Q, gruppo che tuttavia in quel periodo aveva giŕ una solida reputazione, ed una carriera che durava dal 1964, anno in cui la band fu fondata dal tastierista Martin Kratochvíl e dal flautista e sassofonista Jiří Stivín. La prima fase della carriera del gruppo era basata fondamentalmente sul free jazz ma questa collaborazione lascia un profondo segno nella musica di entrambe le band con pesanti incursioni del progressive rock nel repertorio dei Jazz Q e l'introduzione di temi jazz negli album successivi dei Blue Effect. Nonostante questa premessa non si puň certo affermare che i due gruppi si siano incontrati esattamente a metŕ strada: l'album č un'esplosione di idee e di tecnica ma la sua lettura rimane complessa e di non semplice assimilazione. Emerge il genio chitarristico di Hladik, allora considerato nell'Europa dell'est alla stregua di Eric Clapton in Inghilterra, con i suoi riff taglienti ed i sui caldi impasti hard blues, ma a farla da padrone č sicuramente il tumultuoso ed egocentrico Jiří Stivín che non risparmia assoli furiosi e al limite della schizofrenia, con flauto e sax, dominando l'impervio scenario sonoro. Kratochvíl non č assolutamente da meno e le sue sequenze tastieristiche sono disarticolate, stridenti, aggressive… non oso poi pensare che tipo si strumenti possano mai essere l'onanium ed il masturbon citati nell'arsenale dell'artista, assieme al fagotto, al piano e alle tastiere… Bellissima la compartecipazione di entrambi i batteristi, Vlado Čech e Milan Vitoch che potete ascoltare ciascuno in un canale audio diverso. In tutto questo delirio di suoni Radim riesce perfettamente a farsi strada con il gusto e la classe che gli sono propri. Il pezzo di apertura, con i suoi diciannove minuti, "Coniunctio I", ha un impatto bellissimo, con una parte iniziale su ritmi concitati ed una sequenza centrale giocata tutta sui piatti della batteria, sul tintinnio di tanti campanelli e su sequenze di piano convulse. L'insieme sonoro crea una forte sensazione di stordimento e di stress che gradualmente si accumula finché non entra in scena la chitarra di Radim che sembra quasi ristabilire una specie di ordine, intrecciandosi al piano martellante e al flauto. Si tratta di un pezzo di notevole complessitŕ e di grande fascino in cui l'ascoltatore viene lasciato in balia di mille variabili acustiche. La traccia successiva, "Navsteva u tety Markety, vypiti salku caje", composta da Radim, č piů lineare e presenta delle belle sequenze sinfoniche con chitarra e flauto che ci permettono di riprendere fiato dopo l'assalto iniziale e di prepararci a quello successivo, preparato dai Jazz Q e all'insegna del puro free jazz, con intrecci strumentali aggrovigliatissimi che accelerano vertiginosamente a ritmo incalzante, come se ciascuno suonasse la sua parte solistica in maniera capricciosa, infischiandosene del resto dei musicisti. Da incorniciare č la performance della sezione ritmica della batteria e del contrabbasso, anche se chi non č avvezzo a questo tipo di musica rischia di uscire dall'ascolto con una pesante emicrania. L'ultima traccia "Coniunctio II" č un buon compromesso fra gli stili dei due gruppi e chiude questo album avventuroso e strabiliante con gran classe ed un groove coinvolgente, seppure un tantino anarchico, guidato da organo, flauto e chitarra.

Nel 1971 fu realizzato il nuovo album "Nová syntéza", scritto in collaborazione con il leader dell'orchestra jazz della radio cecoslovacca Kamil Hála. Allo stesso anno risale un nuovo cambiamento di nome: in base alle nuove e restrittive norme legislative il gruppo č costretto ad abbandonare l'inglese e traduce il proprio monicker in ceco che diviene cosě "Modry Efekt".

Siamo ormai negli anni del regime di normalizzazione di Husák, voluto con la forza, grazie all'intervento dei carri armati del patto di Varsavia che giunsero in massa a schiacciare il governo liberale di Alexander Dubček nell'Agosto del 1968. Il divieto di utilizzare la lingua inglese č solo una delle tante imposizioni che gli artisti locali dovettero subire: vigeva infatti un meccanismo rigido di controllo e censura e l'unica maniera per sopravvivere era quella di tenersi alla larga da qualsiasi riferimento politico. Molti gruppi scelsero le forme musicali del jazz, etichetta questa che veniva meglio tollerata rispetto al termine "rock", invece associato ad idee rivoluzionarie e di ribellione, e al quale si preferiva piuttosto il termine piů generico "bigbět" (preso in prestito dall'esperienza polacca). Ai gruppi musicali non restava che emigrare o piegarsi per sopravvivere nell'ufficialitŕ; altri che non vollero adattarsi furono costretti ad un'esistenza underground, caso questo dei Plastic People of the Universe, addirittura messi sotto arresto o deportati con l'accusa di "disturbo organizzato della pace".

La voglia di sperimentare e di fondere esperienze sonore diverse č evidente a partire dal titolo dell'album che vuole di certo indicare un sound di nuova sintesi, nato dall'unione di esperienze diverse. Veniamo quindi proiettati dai lidi sperimentali e frastagliati del free jazz ai grandiosi ed imponenti temi musicali delle big band jazz. Quella delle big band in Cecoslovacchia era una tradizione che risaliva ai primi anni del jazz, con un periodo di splendida fioritura nell'immediato dopoguerra. La Jazz Orchestra of the Czechoslovak Radio (JOČR), che possiamo ascoltare in azione in questo album, nasce dallo split della Czech Radio Big Band, fondata nel 1960 da Krautgartner, che nel 1963 si divise in due combo entrambi composti dagli stessi musicisti: quello appena citato che, diretto da Kamil Hála, continuň a fare musica jazz contemporanea di grande valore, e la Dance Orchestra of the Czechoslovak Radio (TOČR) che invece si dedicava a musica piů mainstream. Non so dire se l'intento di creare un sound ibrido sia completamente riuscito, fatto sta che l'elemento dominante di questo album č rappresentato dai grandiosi temi musicali disegnati dall'orchestra di Hála che fanno da guida per lo sviluppo dei pezzi. Si tratta di melodie da kolossal, prodotte da fiati grandiosi, nel contesto delle quali la chitarra di Radim sembra trovarsi a proprio agio, snocciolando fraseggi, riff e assoli blues. L'album č composto da otto tracce che culminano con la title track, di quattordici minuti, un pezzo frizzante dominato dalla chitarra solista instancabile di Radim, con spazio anche per un assolo di batteria. L'incipit dell'album, affidato a "Má hra", č imponente, con sfarzosi arrangiamenti orchestrali e suoni incombenti che potrebbero ricordare i primi After Crying. Molto bella č la base hard prog, con tastiere eleganti appena percettibili, belle linee di chitarra e gli ottoni solenni che sovrastano tutto. Sulla stessa scia si colloca la traccia successiva, "Smér jihovýchod", uno dei momenti piů belli dell'album, con le sue atmosfere imponenti e suggestive. La piů robusta "Popínavý břečťan", con i suoi ritmi incalzanti, precede "Blues modrého efektu" che, come si puň dedurre dal titolo, č un classico giro di blues, scandito anche questo dagli ottoni squillanti e da una chitarra dalle sonoritŕ calde. Si tratta nel complesso di un album fiero ed ambizioso ma godibilissimo ed originale, forse sbilanciato sul versante jazz ma con bellissimi e pronunciati lineamenti hard prog e una chitarra blues onnipresente.

Nel 1974 arriva "Nová syntéza 2" ed il nome della band subisce un'ennesima variazione abbreviandosi in M. Efekt. Uno dei membri storici, Jiří Kozel, viene a questo punto rimpiazzato da Josef Kůstka, che canta e suona anche il violino. L'album segna la prosecuzione della collaborazione con Kamil Hála ed il rinnovo dell'esperimento iniziato col precedente album, ma questa volta la fusione dei due generi č piů morbida ed il risultato finale acquisisce delle forti connotazioni sinfoniche. Le tastiere diventano un elemento preponderante e i fiati dell'orchestra abbandonano il centro del palcoscenico fornendo una prestigiosa cornice ad ambientazioni sonore sublimi ed evocative. Non vi sono piů smanie di protagonismo assoluto, a vantaggio della coralitŕ della musica che diviene la sublime protagonista. Una maggiore godibilitŕ dei pezzi č fornita anche dalle splendide parti cantate a cura di Semelka che acquisisce uno stile piů incisivo e personale. L'album č dominato dai 22 minuti della suite di apertura, "Nová syntéza 2" che ricopre il lato A del vinile. Gli arrangiamenti sono curati da Hála che dimostra una grande sensibilitŕ artistica e forti doti di adattamento allo spirito dell'opera. Le ambientazioni sonore sono varie, sempre eleganti, con parti corali suggestive che somigliano a cori di Mellotron, parti di violino e piano, squisiti cammei del prestigioso e leggendario trombettista jazz slovacco Laco Deczi, e del sassofonista Petr Král. Bellissima l'evoluzione del pezzo che si trasforma sul finale in una vera e propria session jazz-fusion e che approda verso una conclusione a dir poco epica, dominata dai cori, che riprendono uno dei motivi musicali principali, e da ambientazioni sinfoniche che si fondono gradualmente e gentilmente ai temi jazz, come la marea che si alza progressivamente e spumeggiando inghiotte la spiaggia. Il secondo lato č coperto da tre tracce, non meno belle della suite. La prima, "Je třeba obout boty a pak dlouho jít", č quella piů interessante e piů lunga (10 minuti), con potenti e graffianti riff in apertura e sequenze lanciate, cavalcate dalla voce di Semelka, decisa ed irruente. La piů breve "Klíštĕ" rappresenta un intervallo piů rilasciato prima dei fuochi d'artificio della traccia conclusiva, "Jedenáctého října", dalle sonoritŕ dirompenti e poderose, che contrastano con temi musicali maestosi e sinfonici. La ristampa su CD, curata dalla Bonton, contiene due tracce bonus risalenti al 1973, "El Dorado" e "Dívko z kamene", brevi e gradevoli ma decisamente piů semplici e dirette rispetto a quelle contenute nell'album appena trattato.

Il 1974 č segnato da una seconda nuova uscita con un LP a nome "Modrý Efekt & Radim Hladík", conosciuto anche come "A Benefit of Radim Hladík" nella sua versione da esportazione. L'album č impreziosito da due eccellenti ospiti provenienti dai Jazz Q: i giŕ noti Jiří Stivín al flauto e al sax e Martin Kratochvíl alle tastiere. Liberatosi di tutti gli orpelli sinfonici ed orchestrali, il gruppo si dedica ad un potente impasto di prog fusion strumentale, guidato dalla chitarra di Radim, che in questo album acquista un suono piů brillante. La bella traccia di apertura che va sotto il nome di "Boty" in realtŕ č la versione strumentale di "Je třeba obout boty a pak dlouho jít" in cui il cantato č sostituito dalle linee di chitarra, con un guadagno netto in quanto a potenza e dinamica. "Čajovna" č un pezzo di grande eleganza, disegnato per la chitarra di Radim che tratteggia le linee melodiche principali con i suoni fraseggi puliti ed armoniosi. "Skládanka" č un piccolo gioiello dagli impasti prog fusion, con una splendida performance di Jiří Stivín che intreccia il suo flauto vivace alla chitarra e al piano elettrico; la timbrica degli strumenti ed i vaghi riferimenti latini, che emergono soprattutto durante l'assolo di chitarra, ci fanno pensare ad analoghe produzioni svedesi del periodo, come quelle degli Egba o dei Kornet. Bello e dalle atmosfere particolarissime "Ztráty a nálezy" con chitarra acustica e suoni distesi. La traccia di chiusura, "Hypertenze", č quella piů lunga e presenta atmosfere crimsoniane, almeno in apertura, con escursioni chitarristiche tecniche e splendidi assoli jazzy di piano elettrico e sax ed una parte conclusiva che lascia ampio campo all'improvvisazione. Nella sua veste piů essenziale questo album si presenta gradevole, dinamico e di gran valore, con un ruolo dominante giocato da Radim che diventa sempre piů abile e versatile con la chitarra. La ristampa su CD della Bonton č completata da due bonus pubblicate in origine su due compilation tedesche della celebre serie Hallo, uscite nel 1973: "Armageddon" nel volume 10 e "Clara" nel volume 9. Le due tracce, interessanti e di valore, presentano uno stile sovrapponibile a quello caratteristico dell'album appena commentato, anche se si tratta di pezzi cantati. La registrazione di "Clara" č stata effettuata dal vivo a Leuna, nei pressi di Lipsia, mentre "Armageddon" č stata realizzata negli studi della Amiga a Berlino (Est ovviamente).

Ancora al 1974 risale un'interessante collaborazione di Radim con il celebre trombettista Václav Týfa con il quale realizzň l'album "Konstelace" (Costellazione), uscito per la Supraphon a nome "Václav Týfa & Konstelace Josefa Vobruby". La "Costellazione" di Josef Vobruba (il coordinatore del progetto, che dirigeva in quel periodo la TOČR, in cui lo stesso Týfa ha suonato) comprendeva ospiti importanti come Jiří Urbánek dei Flamengo al basso, Petr Janda degli Olympic e lo stesso Hladík alla chitarra, Rudolf Rokl della Štaidl Orchestra all'organo Hammond, Karel Růžička (piano) Josef Vejvo (batteria) e Zdeněk Dvořák (chitarra) della JOČR, Miroslav Kokoška della TOČR, Karel Velebný al vibrafono, il flautista Jiří Válek, i due percussionisti Ivan Dominák e Jiří Kysilka. Questo doveva essere il primo di una serie di album che comunque non č mai stata pubblicata, a parte ovviamente il primo episodio di cui stiamo parlando, che riluce per i suoi piacevoli impasti soft jazz. Da segnalare, ancora nel 1974, la partecipazione, sempre da parte di Radim, all'album del cantautore folk e poeta Jaroslav Hutka (che abbiamo giŕ incontrato agli inizi della carriera dei Blue Effect) "Stůj, břízo zelená". La collaborazione con l'artista si ripeterŕ nel 1976 con l'album "Vandrovali hudci" (nel quale suona anche Frešo dei Collegium Musicum) e nel 1991 con "Pánbu na poli". Sempre al 1974 risale l'album "Zelená pošta", realizzato assieme al celebre Marián Varga, leader dei Collegium Musicum, e all'altrettanto acclamato Pavol Hammel. Il trio collaborerŕ ancora assieme nel 1976, con l'album "Na II. programe sna", nel 1989 con "Všetko je inak" e nel 1992 con "Labutie piesne" (vedi la retrospettiva dei Collegium Musicum giŕ pubblicata su Arlequins per i dettagli). Fra le altre collaborazioni di Radim, ricordiamo infine l'album "Voliéra", del 1997, realizzato con la chitarrista e cantante Dagmar Andrtová-Voňková, nota ed apprezzata per la sua tecnica alla chitarra classica che suona non solo in maniera tradizionale, ma anche con due archetti.

Bisogna aspettare tre anni per la pubblicazione di un nuovo album dei M. Efekt, la cui uscita č preceduta da diversi cambi di formazione: Fedor Frešo dei Collegium Musicum sostituisce Josef Kůstka al basso e nel 1977, anno in cui esce finalmente per la Opus "Svitanie" (alba), Lešzek Semelka lascia la band per intraprendere un nuovo progetto chiamato Bohemia (realizzerŕ con questi alcuni singoli e un album "Zrnko písku", pubblicato nel 1978 per la Panton), e al suo posto entra Oldřich Veselý del gruppo Synkopy 61. La variazione di line-up dovette contribuire non poco all'ennesima metamorfosi stilistica: i nuovi membri entrano infatti pienamente nel processo compositivo delle canzoni, ed il risultato č un album di prog sinfonico, dalle sonoritŕ abbastanza grezze e con bei riferimenti alla musica classica. Si tratta di un disco di valore, anche perché a realizzarlo č in pratica quello che si potrebbe definire un supergruppo. Le linee melodiche ampie e dominate dalle tastiere di Veselý, che si occupa anche delle parti cantate, fanno pensare a qualcosa degli Yes o persino (e forse non a caso, vista la partecipazione di Frešo) a qualcosa degli stessi Collegium Musicum, specialmente quando qua e lŕ si ricorre a barocchismi disegnati dall'organo; impressione questa che emerge giŕ dalla traccia di apertura, la bella "Vysoká stolicka, dlhý popol", della durata di circa dieci minuti. Lo stile di Veselý č molto piů improntato al prog sinfonico e l'album si contraddistingue anche per le sonoritŕ delle tastiere piů piene e per la perdita quasi totale di quei connotati jazz e fusion che erano stati fondamentali nella passata produzione del gruppo. Purtroppo la sua voce non č altrettanto interessante e seppur gradevole non eguaglia certamente quella del piů abile Semelka; le parti cantate sono comunque occasionali nell'ambito di un disco in prevalenza strumentale. Piů complessa si presenta la title track, che supera i 19 minuti di durata e che viene collocata ad occupare interamente il lato B. Il songwriting č molto disteso, con belle divagazioni strumentali, aperture blues, e spazio anche per gli assolo di Radim, che in questo album si vede costretto a dividere il suo spazio con l'esuberante Veselý. Molto belle anche le due tracce piů brevi che completano l'album: "Ej, Padá, Padá Rosenka", basata su un motivo folk tradizionale della Moravia, trasformato letteralmente in uno splendido brano di prog sinfonico dominato da melodie romantiche, e l'ancora piů corta "V sobotu popoludní", praticamente legata alla precedente senza soluzione di continuitŕ, dai connotati piů fusion, con begli intrecci fra chitarra e tastiere. Da segnalare che la ristampa su CD, uscita con copertina diversa rispetto al vinile originale, della Opus contiene una bonus track di buona fattura, "Golem", risalente al 1976, cantata da Semelka e pubblicata in origine su una compilation della Supraphon.

Nel 1979 viene pubblicato un nuovo album, "Svět hledačů" (cercatori di pace) e ritorna nel gruppo Lešzek Semelka, ma allo stesso tempo se ne va Frešo. A questo punto il gruppo ha due tastieristi che ricoprono con i loro strumenti anche il ruolo del basso mancante. Le nuove composizioni sono costruite sulla base del solido scheletro chitarristico di Radim, fatto di riff convincenti e gentilmente riempito dai preziosi inserti dei due tastieristi. L'arsenale tastieristico č munito di Micromoog e Clavinet Hohner, uno per ogni musicista ovviamente, piano e celesta: ne scaturisce un sound ricco ma elegante, che lascia campo a sequenze liriche e poetiche e a momenti piů dinamici e trascinanti. L'album č forse il piů bello fra quelli ispirati al filone del prog sinfonico, con ricchi riferimenti ai classici britannici, nobilitati da un deciso approccio personale. Una bellissima concretizzazione di questo stile č ben rappresentata nella traccia di apertura, "Za krokem žen", che gioca su riff dinamici della chitarra, sul cantato deciso di Semelka (che riprende il suo ruolo di solista) e su intermezzi tastieristici elegiaci e dilatati, con linee melodiche che toccano il cuore. "Hledám své vlastní já", la canzone piů breve (4 minuti circa), č insolitamente aperta dal piano, le cui note fanno da filo conduttore per lo sviluppo di un pezzo evocativo dai lineamenti morbidi. Con la successiva "Rajky" i suoni si irrobustiscono e diventano austeri, con bellissimi riff di chitarra ed organo dai tratti inquietanti, con riferimenti ai primi Gentle Giant, anche per quanto riguarda l'evoluzione successiva del pezzo, condito di diverse sorprese ed arrangiato con grande gusto e perizia. "Zmoudření babím létem" č un altro pezzo splendidamente costruito, aperto da un incipit robusto, giocato nella sua parte centrale su melodie sognanti, con splendidi tappeti tastieristici, ed una parte conclusiva in cui il sound si rinvigorisce piacevolmente, con momenti incalzanti e drammatici di ispirazione Crimsoniana. In chiusura dell'album viene collocato quello che, assieme al primo pezzo, č il piů lungo in durata: "Zázrak jedné noci" (undici minuti e mezzo circa) con i suoi suoni morbidi, pieni e sinfonici, le sue atmosfere struggenti ed invitanti, come miraggi giunti a solleticare i nostri sensi tormentati dalla sabbia rovente. Bellissimo il finale, sacrale e maestoso che chiude un album perfettamente realizzato che si incastona in maniera brillante nel contesto di una discografia senza punti deboli. La versione in CD della Bonton č completata da ben 6 bonus track risalenti allo stesso anno (tranne l'ultima del 1980) e pubblicate in origine su 45 giri ma composte da canzoni di valore trascurabile e dall'approccio radiofonico, anche se tutto sommato piacevoli.

Al 1981 risale l'ultimo album, intitolato semplicemente"33" e a questo punto i M. Efekt sono rimasti in tre, dopo l'abbandono di Oldřich Veselý che rientra nei Synkopy 61, con i quali realizza, nello stesso anno, l'ottimo album "Sluneční hodiny". Il sound giocoforza diventa piů snello ed essenziale, anche se i connotati sinfonici rimangono ben delineati, anche grazie all'inserimento del guitar synth di Radim che implementa il folto corredo tastieristico di Semelka, comprensivo ora di Multi Moog e Korg-Polyphonic Ensemble (il secondo sintetizzatore della Korg, usato anche dai Tangerine Dream). Il sound del gruppo si affaccia timidamente verso gli anni Ottanta, mentre la struttura dei pezzi e la filosofia compositiva sono ancora rivolte verso i Seventies. Tangibili sono i brillanti riferimenti a Yes e Genesis, con un gusto particolare per l'elaborazione delle melodie vocali, ed il drumming si fa asciutto, veloce e dai suoni essenziali. Le linee melodiche sono lineari e ampie, semplici ma comunque eleganti ed incisive, come nel lungo pezzo di apertura, "Třiatřicet" (14 minuti circa), di assimilazione abbastanza immediata ma assolutamente non banale. Ancora in Yes style, con chitarra acustica e un Moog sognante, si presenta la delicata "Avignonské slečny z Prahy", in chiusura del lato A. Sul lato B campeggiano, in maniera simmetrica, altre due tracce: la piů lunga "Občasná pánská jízda" (11 minuti circa) e "Kohoutek kamarádství odkapává" (8 minuti e mezzo circa). La prima č forse quella che presenta sonoritŕ piů in linea con quelle che stavano prendendo piede in quegli anni, con una struttura comunque abbastanza complessa, variazioni di ritmo ed una parte conclusiva epica, dominata dalle tastiere che si fanno lentamente strada, in crescendo. L'ultima traccia invece č costruita principalmente su melodie languide da ballad, impreziosite comunque da inserti dinamici con tastiere dal sapore forse un po' artificiale e belle parti di chitarra. Nonostante il gruppo sia ormai ridotto a trio e nonostante le sue sonoritŕ in parte legate allo stile di un'epoca e che al giorno d'oggi hanno un sapore un po' antiquato, "33" rimane un grande album, apprezzato ed amato anche al di fuori dei confini cechi. La ristampa su CD comprende ben sei bonus track pubblicate in origine su singolo fra il 1983 ed il 1989 e dall'approccio semplice e radiofonico ma comunque interessanti, piů la versione live di "Avignonské slečny z Prahy", registrata a Milevsko (Repubblica Ceca) nel 1980.
L'esistenza di questi singoli testimonia che l'attivitŕ della band č continuata anche dopo la pubblicazione di "33" e in effetti, sotto altre spoglie, i Modry Efekt continuano tuttora a suonare, pur senza aver inciso altri album. I vecchi membri Semelka e Čech diedero vita ad una nuova formazione nota come SLS (Společnost Leška Semelky), attiva fra il 1982 ed il 1989, e Hladik continua tutt'oggi a tenere in vita i suoi Blue Effect con la collaborazione di una serie di giovani musicisti fra cui Jan Křížek (voce, chitarra, tastiere), Pavel Bohaty (voce, chitarra tastiere), Wojttech Riha (basso) e Vaclav Zima (batteria).

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