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6 DISCHI PER IL 2010 A cura della redazione di Arlequins
 

Un altro anno è passato ed ancora una volta è stato un anno difficile per il Progressive Rock che si è trovato a combattere con il suo status di musica di nicchia, con le scarse opportunità di trovare spazi live adeguati, con il crollo di alcune case discografiche dedicate che rappresentavano in un modo o nell’altro dei punti di riferimento ben saldi, con la crisi finanziaria che ha scosso anche il nostro piccolo mondo e con un ricambio generazionale degli ascoltatori che purtroppo tarda ad arrivare. Ma nonostante tutti gli intoppi siamo ancora vivi e di buona musica ce ne è ancora tanta ed è per questo che, come ogni anno da un po’ di tempo a questa parte, la redazione di Arlequins vi offre ancora una volta qualche suggerimento di ascolto, sperando che fra quello che piace a noi possiate trovare qualche spunto interessante per ampliare la vostra sfera di ascolti. L’idea è la solita: ogni collaboratore ha indicato una lista di sei album fra i suoi preferiti, in ordine sparso ed in base a criteri puramente soggettivi. Accendete lo stereo quindi e lasciate che ci pensi la musica che nonostante tutto non morirà mai!




VALENTINO BUTTI
Annata decisamente interessante il 2010 con molte conferme e qualche gradita scoperta. Difficile sceglierne solo sei. Inserirò quindi delle “mie certezze storiche” e delle “sorprese”.

MASCHERA DI CERA - “Petali di fuoco”: l’ennesima conferma della band ligure. Snellite le composizioni, forse meno pathos nei brani, ma un deciso miglioramento nel song-writing per una band sempre più BAND piuttosto che un “semplice” Zuffanti- project. Importante l’apporto di Nahoum alla chitarra elettrica per un album che potrebbe anche aprire nuove occasioni al gruppo. O almeno ce lo auguriamo.

GLASS HAMMER - “If”: se nel 2011 la nuova line-up degli Yes pubblicasse un album ispirato come “If” ne sarei (piacevolmente) sorpreso. Può bastare? Per me si.

QUINTESSENZA - “Nei giardini di Babilonia”: la prima delle sorprese, perché lontano, nelle sonorità, dai miei gusti tradizionali. Heavy, cattivo, ipervitaminico ma anche melodico e raffinato. Molto valido.

LINGALAD - “La locanda del vento”: la seconda sorpresa. Con le medesime motivazioni dei Quintessenza. Solo che qui il suono è prevalentemente acustico, folk, talvolta un rock leggero leggero, ma incantevole e davvero emozionante.

WISHIN’CAP - “Wishin'cap”: la “sorpresona” dell’anno. Folli, geniali,avventurosi. Assemblano un po’ di tutto e lo fanno bene. Mischiano hard rock, a cabaret, blues a prog “tradizionale”. Ritmiche stralunate e bizzarrie varie.
Non si capisce se si tratti di un album o solo di un demo. Internet per una volta non aiuta. E, temo, neanche la mia recensione su Arlequins possa aiutare o fugare dubbi su “cosa suonino i Wishin’Cap”. Sta di fatto che è un lavoro MERAVIGLIOSAMENTE BELLO.

IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE - “Il tempio delle clessidre”: altro gruppo italiano. Lavoro d’esordio inoltre. Eppure molto bello. Non troppo vintage, non troppo moderno. Melodico ma anche con un bell’impatto strumentale. Forse nel loro caso avrei preferito si cimentassero anche con brani più lunghi. Ma tant’è. Magari faranno il percorso inverso a quello della Maschera Di Cera.

Degni di menzione la conferma dei Conqueror con “Madame Zelle”, il solito Zuffanti con Aries, l’ottimo “In case of loss “ degli Areknames, gli Ifsounds (e il loro “Apeirophobia”) che non credevo così migliorati, i Mystery (One among the living) e ancora il ritorno dopo 20 anni degli Eris pluvia. Come dimenticare anche il come back di Alex Carpani con “The sanctuary”. Ottimo davvero ed il nuovo “Syndone”. Il 2010 mi ha confermato che (per i miei gusti) il meglio arriva ancora dall’ Italia.



JESSICA ATTENE
A dispetto di chi si lamenta sempre per la mancanza di nuove uscite interessanti in ambito Prog (come mi ritrovo a dire ogni anno in occasione di questo ormai consueto appuntamento), devo dire che la lotta per la compilazione di questa lista è stata come sempre abbastanza dura, anche perchè, fra i primi tre di questo mio elenco, non saprei proprio chi scegliere per un ipotetico (visto che la lista dovrebbe essere in ordine casuale) primo posto. Ad ogni modo lasciando che prevalga la mia ispirazione del momento dico:

VEZHLIVIY OTKAZ – “Gusi Lebedi”: gruppo superlativo al massimo del suo potenziale, originale, trascinante. Da ascoltare a tutto volume.

PHLOX - “Talu”: grande conferma per questa band che ha confezionato un album anche migliore rispetto al precedente, più jazz oriented, molto più fluido e coinvolgente.

JONO EL GRANDE “Phantom Stimulance”: che dire? Jono è un grande (come dice il suo nome) ed il suo dono è quello di prendersi e prenderci in giro. Musica avanguardistica e allo stesso tempo incredibilmente sinfonica e piena di belle melodie, ma soprattutto spiritosa e di grande intrattenimento.

PIKAPIKA TEART - “Moonberry”: questo è un fiore che nasce nel deserto, un deserto fatto di neve però. Mi riferisco alla delicatezza della loro musica e al fatto che provengono da una regione lontana ed isolata.

FRENCH TV - “I Forgive You For All My Unhappiness”: non potevo dimenticarmi del buon vecchio Mike Sary che in tanti album non ha perso nè il suo smalto nè la voglia di scherzare.

GENS DE LA LUNE - “Gens De La Lune”: un po' di Prog sinfonico ci vuole sempre e la freschezza di questo gruppo, che sarebbe il nuovo progetto di Francis Decamps, mi piace tantissimo. Meno sofisticati rispetto ad altre proposte più altisonanti nella forma ma sicuramente genuini e coinvolgenti.

Fra gli esclusi di questa spietata selezione ci sono i FLËUR con "Tysyacha svetlykh angelov", gruppo che adoro letteralmente, forse il fatto che si tratta di un doppio album con qualche punto debole invece di un singolo album perfetto me li ha fatti scartare ma rimangono comunque consigliati, i CICCADA, autori di un disco davvero interessante per le molteplici influenze e per la sua grazia sinfonica, l'ottimo ritorno dei SYNDONE, e ancora YUGEN, RATIONAL DIET, UNIVERS ZERO ma anche i sinfonici BIG BIG TRAIN e gli ungheresi FUGATO ORCHESTRA.



FRANCESCO INGLIMA
Sarà che è stato il primo anno di collaborazione con Arlequins e ho quindi dedicato maggiore attenzione alle novità, ma per me è stato un anno davvero stuzzicante con moltissime e piacevolissime sorprese. Citare solo 6 album è pressoché impossibile, ma non avendo scelta ecco la mia lista:

VEZHLIVIY OTKAZ - “Gusi Lebedi”: grande ritorno alle scene di una delle band culto dell'underground russo. Blues, Classica, Jazz, Rock, Prog, Folk, Musica da Camera, i VO sono questo e molto più. Dotati di una personalità e originalità unica realizzano il loro capolavoro.

YUGEN - "Iridule" Disco della consacrazione da parte di Yugen. Impressionante come riescono a controllare e modellare a loro piacimento le strutture musicali più complesse e caotiche. Chapeau!

PHLOX - “Talu”: sublimi! Col loro nuovo lavoro gli estoni Phlox dimostrano di possedere una classe e raffinatezza fuori dal comune. “Talu” è un vero gioiellino di Jazz Rock con spunti crimsoniani e canteburiani.

RATIONAL DIET - "On Phenomena and Existences": mi avevano entusiasmato con il loro precedente "At Work", che considero tuttora uno dei dischi più belli degli ultimi 10 anni. Quest'album forse è un pelino inferiore, ma si attesta sempre su livelli di eccellenza assoluta. Rispetto al precedente lavoro è più forte la presenza degli archi, virando ancora più verso la musica cameristica.

PIKAPIKA TEART - "Moonberry": dalla fredda Siberia i Pikapika Teart sono stati la più lieta sorpresa del 2010. Chamber Rock melodico con venature folk, Moonberry è un disco delizioso che ad ogni nuovo ascolto sa regalarmi nuove emozioni.

SYNDONE - “Melapesante”: perfetto esempio di come si possa fare ancora progressive sinfonico con originalità e personalità. Si meritano anche il premio di disco più ascoltato dell'anno.

Con sommo dispiacere lascio fuori dalla lista i Doubt con "Never Pet a Burning Dog" autori di un disco astratto e intrigante che vede la collaborazione di un ispiratissimo Richard Sinclair, "Save the Planet" dei Tohpati Ethnomission con il loro ethno-jazz-rock suonato magistralmente e gli Uz Jsme Doma e il loro sfiziosissimo "Jeskyne". Infine lasciatemi citare "In Case of Loss" (Areknames), "I Forgive You For All My Unhappiness" (French TV) e "The Bowls Project" (Charming Hostess).



ANTONIO PIACENTINI

CRISTAL CARAVAN - “Against the Rising Tide”: ossia la differenza tra chi fa cover e chi fa musica originale che risulta una cover. Questo disco risulta uguale a qualsiasi altro fatto da un qualsiasi gruppo anni ‘70 hard prog (e paradossalmente uguale al 95% delle produzioni Transubstans) ma in un piccolo mondo musicale come questo, gente che si diverte e che fa divertire senza farsi troppe masturbazioni mentali (e non è importante il sottogenere al quale si fa riferimento), è cosa rara.

YUGEN – “Iridule”: sarebbe da ricordare solo per i tre minuti della title track interpretati da Elaine di Falco, ma non sarebbe giusto per un gruppo che riesce ad attirare intorno a una proposta musicale il meglio del mondo del Rock In Opposition attuale. Nel mondo del prog dove parlare male dei colleghi è lo sport preferito (soprattutto quando un gruppo comincia ad essere conosciuto da più di venti persone) è un bel segnale.

FONDERIA - “My Grandmother’s Space Suit”: pur non essendo il loro lavoro migliore, può vantare il più bel video fatto da un gruppo italiano attinente al prog e in un mondo musicale come questo, dove l’approssimazione (a tutti i livelli) la fa da padrona, non è aspetto di poco conto. E poi sinceramente ci sono pochi gruppi in giro con proposte musicali “alternative” che riescono a fare concerti con cadenza regolare e con un pubblico con età media al di sotto dei trenta anni.

IN LINGUA MORTUA - “Salon des refusés”: quello che avrebbero potuto diventare gli Opeth se non avessero trovato sulla loro strada Steven Wilson. E’ il disco che tutti gli amanti del metal estremo con più di trent’anni si sarebbero aspettati dopo “Still life”.Difficile mettere insieme nello stesso lavoro Mayhem, Dark Throne con Anglagard e White Willow. Lars Fredrik Frøislie, Jacob Holm-Lupo ci son riusciti.

ZAAL - “Onda quadra”: Jazz, Rock, Fusion, elementi che ti rimandano ai Tortoise al Funk, al Prog classico. Agostino Macor gioca con le influenze e propone un lavoro che parte dal prog per esplorare altri mondi e conquistare altri tipi di appassionati.

VV.AA. - “Dante’s Paradiso, the Divine Comedy - Part III”: mi mancava un bel disco di buon vecchio prog sinfonico, scelgo quello che per qualità è forse il migliore progetto Colossus (se la gioca con il Kalevala) e che contiene alcuni brani che amo veramente tanto (Greenwall e Jinetes Negros su tutti). Non è un caso che per rappresentare un genere ho scelto una compilation e non il lavoro di un singolo gruppo.

Restano fuori comunque tante altre cose (su tutte Vezhliviy Otkaz, Ciccada, il live dei Discipline, la bellezza di "Agli uomini che sanno già volare” della Maschera di Cera, gli ERA di Akihisa Tsuboy e Natsuki Kido, Claudio Milano con il progetto Nichelodeon, Lis er Stille ). Per quanto mi riguarda il 2010 lo ricorderò principalmente per le due date del Prog-Exhibition, perché una media di 3000 persone a serata che vengono nella maggior parte pagando solo attirate dal nome prog non è cosa da poco. Anche se da un lato fa piacere, dall’altro dovrebbe far riflettere che quella gente nel novanta per cento dei casi è venuta a commemorare un genere più che a supportarlo. E non si può quindi non pensare a quanti sbagli (dal “sono tutti fenomeni” al “premiamo tutti a prescindere, basta che suoni strano e non ne abbiano parlato altri”) siano stati fatti in 25 anni dal nostro piccolo, diviso, invidioso, provinciale (a volte fesso) mondo musicale.



ALBERTO NUCCI

VEZHLIVYI OTKAZ - “Gusi-Lebedi”: è questo secondo me il miglior album del 2010. E' strano, perché non ho mai particolarmente amato quel tipo di "cantato", e anche la musica non è che sia mai stata proprio la mia tazza di tè, in teoria...

JONO EL GRANDE - “Phantom Stimulance”: questo pazzoide norvegese, attorniato da altri più pazzoidi di lui, riesce a confezionare un disco che supera addirittura la bellezza del predecessore. Tra tentazioni zappiane, crimsoniane e canterburyane, la musica del nostro Jono è ormai una sicurezza.

PHLOX – “Talu”: a dire il vero i primi ascolti mi facevano giudicare quest'album un pelo inferiore al precedente. Ascolti successivi però non fanno che confermarmi la grandezza e l'ispirazione di Pearu e soci.

ANGE - “Le Bois Travaille, Même le Dimanche”: chi si rivede....! A dir la verità Christian Décamps non ci aveva mai abbandonato, sfornando continuamente album su album che difficilmente prestavano il fianco a eventuali critiche di sfruttare il glorioso passato di un nome. Questo nuovo lavoro però mi sembra che sia un passo ben più in là dei pur ottimi immediati predecessori.

SYNDONE - “Melapesante”: bel ritorno. Prog sinfonico ma non solo...

LINGALAD - “La Locanda del Vento”: come sesto nome della mia lista mi piace menzionare questo bel gruppo Prog-folk. Non li conoscevo prima d'ora ma quest'album mi ha davvero intrigato.

Altri nomi che mi piace segnalare per quest'anno: Yugen (ovviamente), Alex Carpani, French TV, Magnetic Sound Machine, Tohpati Ethnomission, The Watch (eh sì!) Big Big Train, Ciccada, Euthymia, Gens De La Lune, Pikapika TeArt, Rational Diet, Il Tempio delle Clessidre e infine i Three Monks, questi ultimi davvero una sorpresa.



PEPPE DI SPIRITO
Ancora un anno pieno di uscite, nonostante le crisi (economiche, del prog, di ispirazione, ecc.) e ancora tanti buoni dischi che si sono alternati nel lettore. Ecco i sei che mi hanno colpito di più.

ZAAL - “Onda quadra”: dopo un po' di anni torna Agostino Macor con questo suo progetto orientato verso un jazz-rock molto elegante, lontanissimo da qualsiasi manierismo e con qualche raffinatezza sinfonica qua e là. Tantissima classe!!!

BREZNEV FUN CLUB – “L'onda vertebrata”: un altro gruppo italiano prova a portare la scuola canterburiana nel nostro paese dopo i Picchio dal Pozzo. E I BFC lo fanno nel migliore dei modi, rievocando, nei loro brani finemente strutturati, echi di Hatfield and the North, Wyatt, Matching Mole ed anche avvicinandosi spesso al RIO degli Henry Cow.

LABIRINTO DI SPECCHI – “Hanblecheya”: una delle più belle sorprese dell'anno. Un esordio di grande qualità, attraverso un bel mix di prog e psichedelia, in cui si ravvisano quei vortici sonori che erano capaci di creare Pink Floyd, Gong, Guru Guru e i corrieri cosmici tedeschi, con stravaganze di world music qua e là e la voce recitata di Carelli dei Pholas Dactylus a completare l'opera.

FRENCH TV - “I Forgive You for All My Unhappiness”: Sary e compagni sono sempre una garanzia. Sempre ironici, appena un po' meno folli e appena un po' più quadrati rispetto al passato, sfornano l'ennesimo gioiello pieno di fantasia, con un rock d'avanguardia frizzante e coinvolgente.

FABIO ZUFFANTI - “Ghiaccio”: di questo disco forse si è parlato poco... Nel mondo del Prog Zuffanti con i suoi vari progetti riesce sempre a suscitare molto interesse, eppure anche i suoi lavori solisti meritano attenzione, orientandosi su un accurato mix di elettronica, minimalismo e cantautorato stravagante, con qualche sapore wyattiano qua e là.

CONQUEROR - “Madame Zelle”: il "buon vecchio rock sinfonico" trova nei Conqueror una delle punte di diamante oggigiorno. Il processo di maturazione del gruppo trova l'ennesimo sviluppo in questo bel concept nel quale i sublimi passaggi strumentali e le delicate melodie vocali spingono verso un romanticismo che non può che colpire favorevolmente gli amanti del genere.

Ovviamente pesa anche a me lasciare fuori dischi di grande qualità, a partire dal "Save the planet" del Tohpati Ethnomission, dal jazz-rock di "Chances & accidents" dei Magnetic Sound Machine e dalle belle conferme di Vezhliviy Otkaz, Yugen e Rational Diet sul filone avanguardistico. Da non dimenticare, poi, il riuscito debutto dei Doubt, orientati verso la scuola canterburiana e il bel ritorno energico della Raccomandata Ricevuta Ritorno. Sul fronte più sinfonico come non ricordare "Poema sinfonico electrico" di Marco Ciargo, l'esordio del Tempio delle Clessidre e dei Three Monks e le belle conferme di Anima Mundi, Areknames, Eris Pluvia, Maschera di Cera, Glass Hammer, Habitat? Segnalo anche le sperimentazioni dell'Orchestra Panica, i crimsoniani Colster e Lorenzo Monni e i variegati dischi di Elephant9, Fonderia, Iron Kim Style, Stick Men, Vicolo Margana, Pensiero Nomade. E poi ci sono alcuni live, postumi o nuovi, davvero splendidi (Collegium Musicum, Noetra, Quidam, Magenta, Picchio dal Pozzo).



ROBERTO VANALI
Personalmente ho trovato, nel 2010, un anno molto ricco di belle cose. Molti i nomi nuovi che mi hanno decisamente appassionato e in più una serie di conferme, anche da vecchie conoscenze progressive. Quindi anche per il 2010 una seria difficoltà a selezionare sei titoli che per me abbiano rappresentato qualcosa “di più”: non necessariamente quelli che reputo i migliori dell’anno. Spero si possa intendere, dalle poche righe di giudizio, che la scelta talvolta va a premiare l’impegno e la scelta di produrre qualcosa che, come sempre, va oltre agli schemi, mantenendo vivo il concetto di progressive. Quindi, non necessariamente nell’ordine di trascrizione:

XING SA – “Création de l'Univers”: potrei mettere questo come mio disco dell’anno, ma farei torto a quelli che seguono, quindi dico che ho trovato il modo di fare Prog di questa nuova band, estremamente ispirato e intrigante. Tecnica sopraffina e grande capacità di lavorare entro schemi complessi, sono le caratteristiche che, unite alle atmosfere ispirate, mi hanno maggiormente convinto.

FRENCH TV - “I Forgive You for All My Unhappiness”: una delle migliori e inaspettate conferme della “vecchia guardia”. Un disco ricco di trovate dove nulla è scontato e tutto suona come incredibilmente fresco e spontaneo.

PIKAPIKA TEART - “Moonberry”: l’ascolto di questo disco è liberatorio: è uno svolazzo di colorate ali di farfalla, è tenue eppure carico di forte emozionalità. Un importantissimo esordio.

YUGEN – “Iridule”: qui siamo a metà strada tra la conferma di una grande band e la freschezza del prodotto nuovo. Questa band riesce a sorprendere per la capacità di assemblare in maniera utile vari bagagli di esperienze apparentemente disomogenee, facendone un prodotto dalla grande personalità.

NIC MAGNUS - “Children of Another God”: è il mio disco sinfonico dell’anno. Carico di atmosfere dense e melodiche suonato e prodotto ai massimi livelli, impasti vocali di gran classe e al limite del commovente, un disco grandemente hackettiano!

RESISTOR – “Rise”: l’ultima segnalazione la tengo per il disco che più ho ascoltato, forse un po’ ruffiano e nel subdolo tentativo di piacere a molti, ma dotato di un songwriting che ho trovato estremamente interessante, in più adoro la voce di Unruh.

Sorprendendo persino me stesso :-) vedo fuori dalla lista dischi che hanno fatto grande questo 2010. Citazione d’obbligo innanzitutto per le conferme da terra belga Univers Zero e Aranis. Molti prodotti notevoli in Italia sui quali spiccano Syndone, Areknames e Magnetic Sound Machine. Un paio di prodotti portati dalla casualità “recensoria”, ma che mi hanno dato forti emozioni come Mazurov e il fenomenale Yeti Rain. Ancora indimenticabile il sound dei Ciccada e dei Rational Diet, il sinfonismo delicato di All Over Everywhere, il prog innovativo dei The Tea Club, i notevolissimi Otkaz e Doubt e, lo cito per ultimo, ma è il primo degli esclusi, il divertentissimo e sorprendente Cucci-Band.



MAURO RANCHICCHIO

DOUBT - “Never Pet a Burning Dog”: quando il jazz progressivo più astratto incontra la serenità del suono canterburiano vengono alla luce dischi come questo, se il tutto è impreziosito dalla presenza di Richard Sinclair, allora il gradimento è alle stelle.

IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE – “Il tempio delle clessidre”: si inizia ad apprezzarlo per le similitudini con il Museo Rosenbach, dei quali può vantare la voce di Lupo Galifi, si finisce per ammirare le capacità di scrittura di un gruppo di prog sinfonico capace di sfornare un esordio da leccarsi i baffi.

STEVE HACKETT - “Out of the Tunnel's Mouth”: registrato nel salone di casa (incapace di ospitare una vera batteria), con l'autore reduce da un traumatico divorzio, ma allo stesso tempo il miglior album dai tempi ormai lontani di "Guitar Noir" - Steve finalmente abbandona i momenti grotteschi, recupera il dono della sintesi, sceglie i collaboratori azzeccati e appare sinceramente in vena.

THE LENS - “Regeneration”: e qui la mia personale ammirazione per gli IQ potrebbe inficiare l'obiettività... stavolta orfano di Orford, Mike Holmes tira fuori un disco quasi da solista con influenze techno ed ambient, eppure una volta digeriti questi insoliti ingredienti l'album può soddisfare pienamente gli estimatori del gruppo madre.

SOFT MACHINE LEGACY - “Live Adventures”: forse è una scelta bizzarra inserire nella lista un album dal vivo, ma il criterio con cui è compilato è lo stesso degli album di studio: un mix di brani nuovi e classici dei Soft Machine riarrangiati, il tutto in chiave fiatistica e chitarristica - la mancanza dell'organo potrebbe lasciare un vuoto, ma in fin dei conti va benissimo così.

GLASS HAMMER - “If”: sono quasi infastidito dal fatto che il loro album che preferisco è anche quello più derivativo ma... Yes, they can - e quando un pastiche è così ben composto e suonato secondo me assume una dignità superiore.



NICOLA SULAS

ALL OVER EVERYWHERE – “Inner Firmaments Decay”: onirico e affascinante, un viaggio acustico capace di suscitare vivide emozioni.

AREKNAMES - ”In case of Loss…”: Una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, per una grande band italiana. Il progressive rock che prende magnificamente ispirazione dal passato senza annoiare.

DOUBT - “Never Pet a Burning Dog”: un album di Jazz Rock e Fusion progressiva moderno e bruciante, capace di entrarti nel cervello e non abbandonarlo per parecchio tempo.

LABIRINTO DI SPECCHI - “Hanblecheya”: vecchio e nuovo in un lavoro italiano intriso di nervosismo, atmosfere mistiche e stranianti.

LINGALAD - “La locanda del vento”: il Folk-Rock italiano progressivo ai massimi livelli. Canzoni splendide e un’atmosfera che sa di legno stagionato dal tempo e dall’umidità.

MARS HOLLOW - “Mars Hollow”: un esordio sorprendente per una band capace di fare prog in maniera moderna e melodica. Da ascoltare e riascoltare in continuazione.

Tra gli altri, con un occhio di riguardo all’Italia, voglio ricordare Zaal, Maschera di Cera, Aries, Akroasis, La nuova RRR, e infine Marco Ciargo e Glass Hammer..



GIOVANNI CARTA

ARC - “Church”: eccellente esercizio di Kosmische Musik nel più classico stile Tangerine Dream per questo duo composto da Ian Boddy e Mark Shreeve, in cui passato e presente si fondono in un'esibizione live a dir poco memorabile.

RADIO MASSACRE INTERNATIONAL - “Time & Motion”: terza uscita per la Cuneiform, i Radio Massacre International ritornano alle sonorità più electro e cosmiche di Emissaries, forse con un approccio più sperimentale e astratto... un doppio cd ancora una volta impressionante ed impegnativo.

PHILIP JECK - "An Ark for the Listener": glaciale ed avvolgente dark ambient music contemporanea, droni abissali ed orchestrazioni gotiche da terzo millennio fanno di questo disco un'ideale colonna sonora dell'apocalisse.

YOUNG GODS - “Everybody Knows”: piccolo grande disco di Psych Rock moderno ed elettronico, l'ultimo disco del trio elvetico, anzi, ormai un quartetto con l'ingresso inedito di una vera chitarra elettrica suonata da Vincent Hanni, è un bell'esempio di come poter essere "psichedelici" senza dover per forza sembrare vintage a tutti i costi.

RUNAWAY TOTEM – “Ai cancelli dell'ombra”: questo è un concerto registrato nel 1994 poco dopo la pubblicazione del loro primo disco Trimegisto, esibizione live monumentale e capitolo assai particolare nella discografia dei R.T. con una ispiratissima Ana Torres Fraile pre-U.T.O.

KAYO DOT - “Coyote”: probabilmente non è il loro miglior album ma tanto di cappello per un gruppo che riesce ad essere credibile ed onesto anche in un contesto musicale sempre più criptico e rivolto verso il jazz... attualmente forse tra i pochi a suonare un avant-chamber rock che sappia comunicare ancora un reale senso di disagio ed angoscia esistenziale e spirituale (... come spesso accadeva nei grandi capolavori r.i.o. del passato).

Mi piace ricordare anche The Guessing Game, l'ultimo quasi commovente disco dei Cathedral, Skit i allt dei Dungen, dopo ripetuti ascolti ha guadagnato un bel pò di punti a dispetto delle perplessità iniziali, l'eccellente performance avanguardistico-elettronica di Antanas Jasenka con Point circle, l'ottimo di Grey Swans of Extremistan di Lorenzo Monni e il brillante delirio folk-electro-medieval cabarettistico dell'ultimo Gaë Bolg in Petit Traité de Gymnosophie.



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