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6 DISCHI PER IL 2022 A cura della redazione di Arlequins
 

Eccoci nuovamente giunti al nostro consueto appuntamento annuale… una sorta di consuntivo di quanto ci ha favorevolmente colpito negli ascolti dell’anno da poco terminato. E’ veramente difficile talvolta scervellarsi per selezionare solo 6 uscite perché, se è vero che grandi capolavori non ne escano quasi più, c’è da dire che ogni anno c’è un numero quasi impressionante di produzioni discografiche di buon livello tra le quali è arduo selezionare quelle che ci hanno maggiormente impressionato, per un motivo o per un altro. E allora, gioco forza, ci potrebbero essere decine di nomi da aggiungere a questi, anche solo per una semplice “menzione onorevole”. Cerchiamo tuttavia di rimanere sul pezzo e mantenere il format che prevede 6, e solo 6, titoli da consigliare e segnalare, senza cadere in un’eccessiva dispersione. Buona lettura.



ALBERTO NUCCI

iNFiNiEN - "Beyond the Veil": questo era il disco che aspettavo di più… e questo è il disco che, non deludendo le mie aspettative, considero il migliore dell’anno. Sette anni dopo lo splendido album che me li fece scoprire (che comunque, ad essere onesti, rimane una spanna al di sopra), una bellissima conferma.

ARKITEKTURE - “Rationalis Impetus”: non che la Corea fosse del tutto estranea alle produzioni Prog, ma un album di Prog sinfonico in stile anni ’70 proveniente da quei lidi… come fosse un gruppo scandinavo qualsiasi…. ancora non mi era capitato. Album manieristico, forse, ma comunque ben fatto da parte di un gruppo che comunque non è composto da novellini.

BIRTH - “Born”: l’entusiasmo è tanto per questo nuovo progetto di Brain Ellis e Conor Riley, già componenti degli Astra. Ritroviamo qui tutto ciò che ci aveva entusiasmato nella band precedente, servito in maniera impeccabile e sicuramente trascinante.

COMPASSIONIZER - “Narrow Is the Road”: l’amico Ivan, già fondatore e anima dei Roz Vitalis, porta avanti da qualche anno questo progetto parallelo che, in questo frangente, riesce a raggiungere notevoli livelli. Un album di Prog dalle sonorità quasi cameristiche ma intenso ed avvincente, ricco di passione e misticismo.

VERBAL DELIRIUM - “Conundrum”: giunta al suo quarto album questa band greca riesce a confezionare il suo miglior lavoro, sapendo andare ancora oltre un’ispirazione che le aveva fatto guadagnare una comunque solida reputazione.

G.O.L.E.M. - “Gravitational Objects of Light, Energy and Mysticism”: tra gli album italiani, questo nuovo progetto di Paolo Negri (ex Wicked Minds) è senza dubbio quello che mi è piaciuto di più, battendo in volata altre ottime uscite che sarebbero altrettanto meritevoli di menzione. Luce, energia e misticismo… sintesi perfetta di un album appassionante.

ANTONIO PIACENTINI

iNFiNiEN - "Beyond the Veil": Oramai difficilmente questo tipo di musica regala sorprese. Non conoscevo questo gruppo di Phiadelphia e la loro miscela sonora mi è veramente piaciuta. La voce di Chrissie Loftus poi rende l'insieme ancora più bello.

GRECO BASTIAN - "With a Little Help from my Friends": Gruppo messicano che in questo lavoro praticamente collabora con il 90 per cento del panorama RIO/avantgarde attuale, disco molto carino e incasinato.. solo per aver intitolato una canzone del disco Zeuhlito Lindo merita la nomination tra i 6 dischi per il 2022.

YESTERDAYS - "Saint-Exupéry Álma": alla fine il disco di questo gruppo rumeno è quello che quest'anno ho ascoltato di più. Gradevolissimi, yessosissimi e pure scontatissimi.Ma se siete rimasti male dalla svolta metallosa degli ultimi Glass Hammer (anche se hanno provato a recuperare) o se quello che resta degli Yes non vi piace questo disco fa per voi.

MIRIODOR - “Elements": Che gli vuoi dire ai Miriodor? Che se li ascolti la prima volta pensi che siano il gruppo più figo del mondo, se cominci ad ascoltare tutti i lavori l'entusiasmo un po' cala... perché quel retrogusto di già sentito (che è paradossale associarlo ai Miriodor... lo so) ogni tanto fa capolino. Disco come sempre di altissimo livello... però boh.

MARILLION - "An Hour Before It's Dark": A me questo disco è piaciuto molto... sembra che nella storia degli ultimi Marillion ci sia un crescendo. Da loro non ti aspetti il capolavoro ma sai che difficilmente rimani deluso.

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO - "Orlando: Le Forme dell'Amore": Per la storia, per l'amore che ho per questo gruppo, per tutto quello che rappresenta, ho provato a farmi piacere questo disco. Però alla fine non mi è piaciuto. Ma è comunque da segnalare per il 2022.

VALENTINO BUTTI

MOVERS - "Futurist at the end of time": L'album che più mi ha divertito dell'anno appena passato. Palesi i riferimenti ai Rush anni "80, magari " acerbi"... ma di piacevolissimo ascolto.

BIRTH - "Born": Da due ex Astra come Conor Riley e Brian Ellis non potevamo che aspettarci un grande album. Ed infatti "Born" non tradisce le attese con il suo sound vintage tra sinfonico e psichedelico.

MOON LETTERS - “Thank you from the future": Il mio album dell'anno, senza dubbio. Dopo il già notevole esordio, la band si conferma e si migliora tra rimandi ai primi Echolyn, ai Bubblemath e la capacità di spaziare, agevolmente, tra barocchismi, sprazzi acustici ed accenni hard rock.

ARKITEKTURE - "Rationalis imperis": La scoperta dell'ultimo minuto... Sud coreani (mi mancavano...), album interamente strumentale con archi e fiati. Tra King Crimson, Canterbury e chamber-rock.

ELDER - "Innate passage": Statunitensi di... Berlino che dopo esordi metal (o giù di lì...) si stanno sempre più avvicinando ad atmosfere progressive e psych, senza mai dimenticare, però, il sound delle origini. Con "Innate passage" ho trovato qualcosa di "diverso" che mi è subito piaciuto.

AQANESUSS - "Aqanesuss": Loro vengono dal Giappone. Un prog sinfonico di alta qualità con un po' di Yes, un pizzico di EL&P e molto altro.

PEPPE DI SPIRITO

MAGMA - "Kartehl": Un ritorno al Tamla zeuhl, con una proposta più immediata e più "simpatica" del solito. Probabilmente il meno bello del percorso di Vander e soci nel nuovo secolo, ma un altro grandissimo album a dimostrazione di quanto sia enorme questa band!

ALIANTE - “Destinazioni oblique”: Dopo due album molto interessanti arriva il salto di qualità, con questo lungo lavoro strumentale in cui la band mostra una spiccata personalità, tra soluzioni sinfoniche, romanticismo e spunti floydiani.

GETSEMANE - “Viima”: Secondo album per la band finlandese, con un netto passo avanti rispetto all'esordio, in uno stile che riporta alla mente gli anni '70 e i connazionali Haikara, con splendidi impasti elettroacustici.

BIRTH - “Born”: Brian Ellis continua a regalare belle sorprese. Un sound passatista tra prog, rock sinfonico, hard rock e psichedelia. Una delizia!.

JUPU GROUP - “Umpeen kasvoivat polut”: Ancora buone nuove dalla Finlandia, con questo bel disco a cavallo tra prog e jazz-rock, con il violino elettrico pronto ad affiancarsi a chitarra e tastiere in infuocate scorribande strumentali.

AKROASIS - “Zephiros”: Un disco strumentale di un'eleganza rara, in cui si intrecciano strumenti acustici ed elettrici, elementi classicheggianti, da camera e rock. Caratteristiche che possono ricordare un po' alla lontana After Crying e Gatto Marte.

ROBERTO VANALI

KNEKKLECTRIC - "Alt Blir Verre": per il suo terzo lavoro, questa band norvegese fa un deciso salto di qualità. Crea un disco dal sapore nordico nel quale lievi basi jazz si miscelano con pop dalla straordinaria presenza melodica. Ma non pensiamo ad un disco banalmente facile ed accessibile, perché non mancano momenti più intricati dallo stile quasi zappiano, tratti canterburyani e assolo ben studiati e intriganti soprattutto per le tastiere. Un ottimo disco.

MIRIODOR - “Elements”: appuntamento che ormai diventa quasi scontato. I Miriodor arrivano sempre a segno. Anche quando pare si discostino dalle loro solite trame fitte e intricate. Questa volta troviamo esercizi di stile che paiono fin troppo studiati, ma l’apparenza inganna e bastano un paio di ascolti in più per iniziare a discernerne gli elementi e avere la conferma di quanto grande sia questa band.

AUDIO'M - “Godzilla”: grandissima sorpresa per questa band francese che sforna, per la loro seconda uscita, un mega concept a brano unico di 43 minuti. Una girandola di grande effetto grazie alla splendida vocalist, all’intrigante e sorprendente sviluppo storico – musicale. Spesso cupo e soffocante, molto anni ’70 e, senza scomodare grossi nomi, lo vedo inserito in quel filone dal sapore underground nel quale svettano gli svizzeri Island.

JUPU GROUP - "Umpeen Kasvoivat Polut": storica band settantiana con un’unica uscita del 1975, ricca di buoni spunti jazz rock sulla scia dei Weather Report. Con la reunion del nuovo millennio, la band amplia gli orizzonti e parte da un riequilibrio tra prog sinfonico nordico e un jazz rock molto rigoroso e dai limiti ben segnati, ancora ricco di personalità e scorci personali.

INFINITOME - "Beyond the Beyond": un disco che ha l’andamento del contadino che sparpaglia i semi nel campo. In questo “di tutto un po’” c’è da ravvisare momenti davvero piacevoli, altri che partono così-così, ma che diventano bellissimi, raccogliendo a mano a mano elementi nuovi. Un po’ Genesis, un po’ Kansas, un po’ jazzy, un po’ melanconici e un po’ aggressivi. In questo andirivieni bustrofedico, esce un disco interessante, personale e per nulla banale.

PHOENIX AGAIN - "Vision": il mio consiglio italiano dell’anno, non necessariamente il migliore, ma quello che mi sento di spingere di più. È il loro quinto lavoro e, per me, il migliore: sinfonico vecchio stampo, molto tradizionale e molto vario. Tecnica e produzione di eccellenza, brani sempre interessanti e vari.

MICHELE MERENDA

ALIANTE - "Destinazioni oblique": Terzo album per la band livornese, che consacra definitivamente i musicisti coinvolti (due di essi provengono dalla Egoband). L’inizio è un lampante tributo a “Mission impossible”, ma a parte questo le composizioni si distinguono per la capacità compositiva, oltre che per quella tecnica. Un bel lavoro strumentale che, pur con alcune (apparenti?) citazioni, fa viaggiare molto piacevolmente la mente dell’ascoltatore grazie a delle partiture in continuo mutamento all’interno di ogni singolo brano.

ARKITEKTURE - "Rationalis impetus": Si tratta praticamente dei sud coreani Superstring in formazione leggermente modificata, che qui ricalcano anche come stile quanto espresso con il terzo “Architecture” (che casualità, il nome…) del 2018. Per fortuna, quindi, niente rumorose improvvisazioni pseudo-avanguardistiche come sui primi due album col precedente moniker bensì un prog strumentale sinfonico ed epico nel senso orientale del termine, a volte con un po’ di Canterbury-sound, che dà il meglio (generalmente) nelle seconde parti dei brani. In questo lavoro scompare la chitarra e si dà spazio agli archi e ai fiati, seguendo comunque lo stile di alcune band nipponiche molto più conosciute.

BIRTH - "Born": Due ex-Astra danno vita a questo progetto, assolutamente radicato come influenze in quell’intercapedine temporale che si trova tra la fine degli anni ’60 e gli inizi dei seventies. Nulla di nuovo, quindi, ma sicuramente è un omaggio davvero ben riuscito ad una ‘epoca chiave della storia musicale sviluppatasi nel ventesimo secolo. Tra psichedelia, hard-prog e anche qualcos’altro che all’epoca non era così definito, vicini - parlando di band contemporanee - agli Arabs in Aspic e a certe cose dei Siena Root. Ma forse, tornando al concetto di elemento indefinito… si tratta “solamente” di buon vecchio rock, suonato dal quartetto statunitense con eccellenti capacità evocative. Comunque, in alcuni casi i rifacimenti a determinati modelli diventano davvero lampanti.

GURANFOE - "Gumbo gumbo": Se l’esordio del 2019 si era già dimostrato di alto livello, con questo secondo lavoro la band britannica forse alza ancora di un po’ l’asticella della qualità. O comunque si conferma su standard notevoli, grazie al suo prog eclettico e strumentale, che sfrutta molto il flauto nonché intrecci davvero vorticosi giocati su due chitarre e sintetizzatori. Viene a volte in mente Frank Zappa, mantenendo comunque sempre intatta la propensione verso la fruibilità. Davvero un gran bel lavoro, che soddisferà gli amanti della tecnica a tonnellate, pur rimanendo assolutamente orecchiabile e piacevole.

PHOENIX AGAIN - "Vision": Fanno centro anche stavolta i musicisti bresciani, capeggiati da quella che di fatto è la… famiglia Lorandi (prima erano tre, ora sono diventati addirittura quattro. Su sei elementi!). Piacevolissimo prog strumentale basato su tastiera e due chitarre, oltre ad alcuni inserimenti dei fiati, che sicuramente può rimandare ai Camel, pur godendo di altre felici contaminazioni. Tra queste, anche jazz/fusion. Come sempre, complessi e allo stesso tempo ben usufruibili.

RANESTRANE - "Apocalypse now": Nel 2022 sono usciti senza dubbio album più appariscenti; sarà probabilmente per questo motivo che in tanti sembrano non essersi accorti dell’ultimo concept rock in chiave cinematografica della band romana, che stavolta tributa un colosso leggendario come “Apocalypse now” di Francis Ford Coppola. Una pellicola ispirata a sua volta da “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad. Beh, qui vengono omaggiate entrambe le opere, con lunghi brani tra il neo-prog ed il rock progressivo sinfonico, oltre ad un’ottima cura dei testi che non scadono nel “tronfio, orgogliosamente melodrammatico ad effetto”. Un ulteriore punto a loro favore, senza alcun dubbio.

GIOVANNI CARTA

MAJOR PARKINSON - “Valesa - Chapter I: Velvet Prison”: primo capitolo di una possibile trilogia, “Valesa” è quanto di più controverso ed imprevedibile si possa desiderare, sorta di musical satirico/nostalgico sugli anni ottanta all’ombra della guerra fredda, opera esilarante ed insieme inquietante nel tipico stile di questo gruppo cult norvegese.

KLANGWELT - “Here And Why”: il ritorno di Gerald Arend, alias Klangwelt, con un articolato concept album che ben rispecchia l’attuale situazione in Europa, coordinate musicali sempre Tangerine Dream/Klaus Schultze/Kraftwerk con una più marcata ed efficace inclinazione synth-pop.

JOE SATRIANI - “The Elephants of Mars”: per quest’ultimo disco Satriani ritorna ad esplorare le sue tendenze più fusion e contaminate per un disco intenso ed ispirato, probabilmente uno dei suoi album più riusciti.

SLEEPYARD - “Head Values”: questo sesto disco degli Sleepyard è un piccolo gioiellino di ambient progressivo, psichedelico e minimale, dalle atmosfere oniriche ed elegiache ma non privo delle tipiche e un pò spettrali inquietudini nordiche...

MELT MOTIF - “A White Horse Will Take You Home”: ancora Norvegia ma non esattamente progressive, anzi, qui siamo in ambito di artistico trip-hop con discrete dosi metallico/industriali, le atmosfere morbose e notturne coniugate ad un buon songwriting hanno puntualmente risuonato nel mio lettore cd...

DARK MILLENNIUM - “Acid River”: veterani del doom-death progressivo teutonico, in quest’ultimo album i D.M. proseguono un loro particolare discorso musicale fatto di funebri cadenze doom unite ad atmosfere alquanto noir ed allucinate.

FRANCESCO INGLIMA

NIECHĘĆ - "Unsubscribe": Per quanto mi riguarda il disco dell'anno. Compatto, ma al tempo stesso coacervo di molteplici influenze, "Unsubscribe" parte da un riuscitissimo mix tra Jazz Rock e Nu Jazz su cui si innestano elementi crimosniani, ritmi afrobeat e sonorità elettroniche.

ARS ANTIQUA WORLD JAZZ ENSEMBLE - "L'amore è una fiamma": Delizioso gioiellino jazz folk che rivisita brani tradizionali del tredicesimo secolo provenienti da tutta l'area mediterranea, con testi presi da poesie di Giacomo da Lentini. Il tutto è cantato divinamente!

HIGH CASTLE TELEORKESTRA - "The Egg That Never Opened": Ennesima derivazione della famiglia Secret Chiefs/Estradasphere ed ennesimo ottimo album! La musica si muove costantemente tra generi andando dal metal al surf rock al jazz al prog rock, ma il tutto suonato così bene tanto da non accorgerti dove iniziano e terminano le diverse influenze.

IKARUS - "Plasma": Nik Bärtsch incontra i Magma! Questo ensemble svizzero ci regala un album monolitico che pur addentrandosi in territori molto complessi riesce ad essere di grande impatto.

CRÓ! - "Buah!": Gruppo spagnolo debuttante quest'anno, che ci regala un album molto breve, ma che al suo interno ha un'infinità di ingredienti, niente di particolarmente sconvolgente, ma alla fine si ascolta sempre con estremo piacere.

Francesca Remigi - "The Human Web": Ottima conferma per la talentuosa batterista italiana che dopo l'interessante esordio "Labirinto dei Topi", con "The Human Web" ci propone un disco spigoloso e di difficile catalogazione dalle molteplice sfaccettature.

JESSICA ATTENE

GLEB KOLYADIN - "The outland": album deliziosamente sinfonico in forma di suite che mette in evidenza tutto il gusto e la sensibilità di compositore e pianista di Gleb. Al di fuori degli Iamthemorning emerge uno spirito solare e romantico che fa bene allo spirito.

AUDIO'M - "Godzilla": album complesso e sofisticato per questi francesi che tornano ad incantarci con una proposta non facile ma assai intrigante, con ampi inflessioni jazz e pittoriche sceneggiature sonore dai colori oscuri.

BIRTH - "Born": questo album presenta molti elementi di seduzione per noi appassionati a partire dalle bellissime sonorità vintage e dai riferimenti ai classici del genere con una gradevole spolverata di psichedelia. I musicisti, che fanno capo in parte agli Astra, sono esperti e ben rodati e hanno dato vita ad un album ammiccante ma decisamente interessante.

SIENA ROOT - "Revelation": nessuna rivelazione in realtà ma uno stile ormai inconfondibile e consolidato nel tempo, piacevolmente terroso, densamente psichedelico.

ANIMA MORTE - "Serpents in the fields of sleep": I nostri amici svedesi hanno confezionato un album nel loro stile, una perfetta colonna Sonora noir a tinte nordiche di grande godibilità. Una deliziosa conferma.

MAGENTA - "The white witch - A Symphonic Trilogy": forse è un po’ strano trovare un album del genere nella lista delle mie preferenze ma si tratta di un’opera davvero ben fatta che ci riporta ai fasti degli esordi di questa band inglese.

MAURO RANCHICCHIO

FREN - "All the Pretty Days": secondo disco, quello della conferma per la band polacca dedita ad un prog piuttosto rarefatto e misterioso eppure mai ostico, sia pure di non immediata assimilazione, che stavolta dimostra di esprimersi al meglio sulla lunga distanza.

COLLAGE - "Over and Out": ancora un'ottima novità dalla Polonia, stavolta merito di una band di culto degli anni '90, che a molti anni dall'esperienza Satellite e pur subendo importanti cambiamenti in formazione torna alla ribalta ribadendo il suo gusto per la melodia ad effetto.

BIRTH - "Born": dalle ceneri degli Astra (USA) ecco nascere un'altra realtà che attinge dal passato per sintetizzare un'opera tanto retrò quanto credibile e gustosa; un tocco psichedelico e il generoso uso di un autentico Mellotron sono la ciliegina sulla torta.

GREEN ASPHALT - "Green Asphalt": dalla Svezia, una delizia per tutti i nostalgici seguaci dei Gentle Giant, il progetto di Dan Bornemark non ne ripercorre i sentieri pedissequamente, ma introduce un tocco di modernità e una certa elegante sensibilità pop.

MOON LETTERS - "Thank You From the Future": un disco la cui frenesia ed esuberanza mi ricordano a tratti i connazionali Echolyn, con le dovute distanze; acrobazie vocali, duelli tra chitarre e tastiere, il tutto condito da un gusto superiore nella scrittura.

SARO COSENTINO - "The Road to Now": venticinque anni dopo quel gioiellino chiamato "Ones & zeros", il raffinato autore italiano, ora di stanza a Praga, torna con un seguito ideale coinvolgendo gli stessi ospiti: Peter Hammill, Tim Bowness, Karen Eden come vocalist più vari elementi della galassia Crimson. Il risultato è un disco raffinatissimo che trascende le etichette.



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