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GLASS |
No stranger to the skies |
Relentless Pursuit Music |
2002 |
USA |
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Attivi fin dal 1973 i fratelli Jeff e Greg Sherman ed il batterista Jerry Cook (in un paio di brani rimpiazzato da Paul Black) riescono finalmente a dare alla luce un doppio album con la propria musica solo ai giorni nostri. Ma che musica! Non ho difficoltà ad affermare che probabilmente, se i Glass fossero riusciti a pubblicare qualche disco negli anni '70 oggi si parlerebbe di loro al fianco dei più celebrati gruppi prog statunitensi quali Happy the Man, Cathedral, Mirthrandir e Yezda Urfa. In un'ora e mezza, infatti, questo gruppo ci delizia con un progressive strumentale di altissima scuola, evitando pacchianerie e con le tastiere vintage dei fratelli Sherman (piano, piano elettrico, mellotron, organo Hammond e sintetizzatori vari) a creare percorsi musicali di incredibile bellezza. Rock sinfonico ed accenni canterburiani si alternano e si amalgamano nelle composizioni dei Glass, quasi tutte di durata medio-lunga. Nel primo cd, sottotitolato "The Studio Sessions", troviamo cinque brani; il primo, la title-track, è un gioiellino di oltre 9 minuti che sembra mescolare quelle soluzioni alla Cathedral che saranno riprese dagli Anglagard, con cascate di mellotron di notevole effetto, e trame non distanti da sonorità canterburiane. "Give the man a hand" è invece un brano che, pur privo di barocchismi, sembra trarre spunto dai migliori ELP. "Domino", "The myopic strema" e "For Ursula Major and Sirus the Dog Star" presentano poi molteplici sfaccettature e ricordano, a tratti, la fantasia camaleontica dei grandiosi Happy the Man, nella loro alternanza di situazioni veloci e briose ed altre più pacate e riflessive, spesso guidate dal piano. Il secondo cd - il cui sottotitolo è "The live recordings" - è invece incentrato sui 30 minuti di "Broken oars", suddivisi in sei tracce nei quali i Glass mostrano maggiormente la loro voglia di ricerca e sperimentazione attraverso suoni d'atmosfera, richiami sinfonici ed un po' di elettronica. Altri tre brani, che mostrano uno stile simile, con, in più, alcuni inserti vicini al jazz-rock, e che confermano alla grande le ottime qualità dei Glass, portano a termine un bellissimo e consigliatissimo lavoro. Non credo siano molto numerosi i dischi postumi di tale livello...
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Peppe Di Spirito
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