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GLASS |
Live at Progman Cometh |
Musea |
2007 |
UK |
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Ce n’è voluto di tempo, ma i Glass si stanno togliendo non poche soddisfazioni. Hanno dovuto aspettare venticinque anni prima di vedere pubblicato il loro debutto discografico, “No stranger to the skies”, contenente un bel po’ di registrazioni degli anni ’70 (trattasi di doppio cd). A questo lavoro ha poi fatto seguito un successore non altrettanto strepitoso, ma comunque all’insegna della qualità. E poi concerti, concerti e ancora concerti. E giunge ora anche il live, tappa inevitabile nel mondo musicale odierno. Testimonianza di due show del 2002 e del 2003 tenuti in quel di Washington, durante la manifestazione Progman Cometh (ma c’è anche una bonus track registrata al Baja Prog del 2002), l’album che possiamo ascoltare contiene sessantasette minuti di ottimo prog, con molto materiale inedito. Quel che fa più piacere è constatare come il trio statunitense sia padrone non solo di innate capacità di songwriting, ma anche di una carica e di un’inventiva che vengono ben fuori durante i loro spettacoli dal vivo. Nelle registrazioni in questione notiamo come Jeff Sherman, Greg Sherman e Jerry Cook siano coadiuvati da ospiti di eccezione, a partire dagli eroi canterburiani Elton Dean, Hugh Hopper e Richard Sinclair, passando poi per altri musicisti tra i quali ricordiamo Bill e Paul Kopecky. In cinque tracce, alcune lunghissime, i Glass ci fanno scoprire la loro dimensione live, fatta anche questa, come i loro dischi in studio, di un progressive passionale, in cui il rock sinfonico e la scuola di Canterbury si avvicinano come non mai, in cui le calde sonorità dei seventies sono ben presenti, soprattutto grazie a delle tastiere assolutamente incantevoli (tra piano Fender, mellotron e suoni di moog c’è di che deliziarsi…). Tra gli ospiti, trova molto spazio il compianto Dean, che con i suoi fiati abbellisce ulteriormente brani già di per sé forti di uno spessore notevole. Insomma, non c’è molto altro da aggiungere: interamente strumentale, “Live at Progman Cometh” è un disco che può accontentare ogni tipo di palato e rappresenta un fulgido esempio di come sia possibile “trasportare” un periodo d’oro per il prog ai giorni nostri.
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Peppe di Spirito
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