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AREKNAMES |
Areknamés |
Black Widow |
2004 |
ITA |
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Strana band quella degli Areknames, in una manciata di minuti riescono ad aprire una sorta di varco temporale attraverso il quale sembrano non essere trascorsi trent'anni dal 1974... tipico paradosso in pieno stile Black Widow Records e grande gesto di dedizione da parte dei tre Areknamés verso un periodo musicale cui siamo tutti in qualche modo legati. Il fatto che gli Areknamés siano italiani fa ovviamente piacere mentre personalmente trovo molto intrigante l'idea realizzata da Michele Epifani (mellotron, organo, chitarre, cantante, produttore...), insieme alla sezione ritmica di Piero Ranalli (basso) e Mino Vitelli (batteria e percussioni varie), ovvero fare propria la lezione di Peter Hammil-VDGG e rielaborarla attraverso altre centinaia di influenze, canterbury, metal, pura psichedelia targata anni '60, prog sinfonico italiano... i ringraziamenti all'interno del booklet non lasciano segreti. L'intento di ridestare l'attenzione verso certe sonorità e l'ambizione di rivitalizzare artisticamente il progressive più oscuro e diabolico, pur senza innovazioni o particolari sconvolgimenti, ha creato qualcosa di singolare. Le articolate sei composizioni del disco destano antiche sensazioni di paura e disagio mai sopite dalle moderne tecnologie: il mellotron e l'organo hammond sono due fra gli strumenti principali più importanti utilizzati e conferiscono all'insieme un suono evocatore di ambientazioni sepolcrali e tetre riflessioni, il riflesso di un immaginario "dark" e gotico che, in una forma o nell'altra, si è tramandato nel tempo sino ai giorni nostri. Dalle tenebre dei sotterranei italici gli Areknamés sono dunque emersi con un debutto folgorante che lascia intravedere per il futuro, se tutto procederà per il meglio, qualcosa di magnifico.
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Giovanni Carta
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