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Torna per un nuovo album un gruppo storico del Prog inglese e mondiale; sì, perché, nonostante gli ENID siano stati spesso accomunali ai gruppi new Prog degli '80s, la loro origine avviene in piena era 70s (1976, per l'esattezza), non avendo poi nulla in comune con IQ, Pendragon e compagnia. Molta acqua è passata da quello che, ritengo, sia l'ultimo album per la band di R.J. Godfrey prima di questo ("Lovers & fools"-1986); nel frattempo, varie volte il depositario del progetto-ENID aveva tentato di metter su una line-up per riprendere il discorso interrotto, tra le quali una, presentatasi in concerto un paio di volte nel (credo) 1992 che faceva rave-disco-music! Questa parentesi è rimasta tra le esperienze del compositore e la possiamo udire qua e là in background lungo lo scorrere di alcune delle 7 composizioni. Per il resto, la musica dei vecchi ENID è ancora riconoscibile: alla chitarra troviamo il vecchio Nick May, compartecipe in numerosi gruppi che hanno fatto la storia del new-Prog inglese (Tamarisk, Dagaband, Jadis...), mentre in due pezzi la batteria è gestita da Steve Hughes, (ex?) membro dei Big Big Train, che si alterna con Wayne Cox; alle tastiere ovviamente il mitico RJG. Come dicevo, il tipico stile molto sinfonico e classicheggiante è chiaramente riconoscibile, fin dall'iniziale "Ultraviolet cat", che però non rappresenta di sicuro il miglior episodio del CD. Si migliora progressivamente con la successiva "Little shiners", con la pomposa "Gateway", per culminare con la title-track, e da qui in poi succede di tutto... in senso positivo, ovviamente! Le aperture strumentali fanno riguadagnare agli ENID il duro pane della notorietà nel mondo musicale e si alternano alla meraviglia con fasi più introspettive e pause propedeutiche alla creazione del pathos che invece rappresenta il companatico dell'ascoltatore che avrà la buona idea di procurarsi questo CD. Il vecchio gigante si è svegliato, e la sua voce è potente ed imperiosa!
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