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BLEZQI ZATSAZ |
The tide turns |
Record Runner |
2002 (Lucretia Records 2004) |
BRA |
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La prima cosa che mi viene in mente mentre mi accingo a parlare di questo lavoro è il titolare di un noto negozio della capitale che, mentre presentava questo lavoro a dei ragazzi, diceva testuali parole “aho ci suona Kiko Loureiro degli Angra dentro sto cd!” La seconda cosa che mi viene in mente è: quanti compreranno o hanno comprato questo cd solo per la presenza di questo (bravo) chitarrista? La terza cosa che mi viene in mente è: quanti ragazzi che amano gli Angra si avvicineranno al mondo del rock progressive? Perché questo disco è un omaggio al prog anni 70-80 e di prog metal ce n’è veramente poco (anzi direi niente, a parte certi passaggi chitarristici).
Cominciamo a dire che Blezqi Zatsaz è il progetto di Fabio Ribeiro, virtuoso tastierista militante nel gruppo power metal Shaman ed ex componente dei III Milenio, e che la tastiera è la vera protagonista di questo lavoro, anche se mai esasperata e sempre al servizio del gruppo. Infatti, a parte il classico pezzo alla “mo’ ve faccio vede come sòno”, in cui il nostro eroe riarrangia a modo suo estratti dal clavicembalo ben temperato di Bach, e il pezzo successivo in cui all’inizio il gruppo ripropone una sorta di sigla di “Mission Impossible” (e comunque alla fine il brano si riprende), il resto del lavoro è caratterizzato da assoli fatti molto bene di chitarristi e flautista.
La domanda sorge spontanea… ma questo cd com’è?
E’ il classico lavoro che dalle labbra di un neofita (magari avvicinatosi a questo cd dalla presenza di personaggi famosi, vedi l’esempio dei Transatlantic), passerebbe come un capolavoro. E’ inutile negare che per chi è appassionato del genere questo lavoro odora di già sentito anche se non si può parlare di fotocopia di altri gruppi (a parte l’inizio di "Afterimage" uguale a "Garden party" dei Marillion). Comunque l’influenza del new prog, degli Asia, dei Gtr, di Jarre si sente. E se uno leva il violino di Marcus Viana e ci mette il flauto (o il clarinetto e a volte il sax) di Hugo Hori, in qualche brano anche l’influenza dei conterranei Sagrado Coração da Terra è notevole.
Comunque il disco è molto gradevole; i pezzi secondo me più validi sono i 15 minuti di "Azzivula’s suite" (soprattutto le parti di flauto sono veramente fatte bene) e "Thy fake". Due brani dove alla chitarra c’è un tal Ze Renato (che non è la nuova punta dell’Inter) e non il paladino del metal brasiliano che comunque sembra più inserito nelle composizioni rispetto al più famoso chitarrista.
Nulla di nuovo sotto il sole ma un lavoro più che soddisfacente e che potrebbe rappresentare un buon viatico per qualche giovane leva metallara incuriosita dal rock progressive.
Commento a parte per la copertina… brutta come poche e di un formato (almeno nell’edizione che ho io) a metà strada tra il digipak e il dvd… cui prodest?
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Antonio Piacentini
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