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ARPIA |
Terramare |
Lizard/Andromeda |
2006 |
ITA |
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Parlare degli Arpia per me è come ritornare ragazzino, quando le radio passavano il loro demo e quando si progettava a 13-14 anni di prendere tram metro e treno per arrivare a Fiumicino per assistere ai loro concerti tanti anni fa… bei tempi…
Gli Arpia sono uno dei gruppi storici della scena rock indipendente romana (se vogliamo considerare Fiumicino come parte di questa città) e a 11 anni dalla loro ultima fatica, "Liberazione", tornano con un nuovo lavoro veramente notevole anche se forse troppo eclettico per l’ascoltatore medio di rock progressive. Il trio del litorale romano dimostra di saper suonare ed è già una cosa non proprio scontata in questo periodo. Il basso di Leonardo Bonetti ci riporta indietro agli anni 80 con quelle sue linee potenti e marcate. La chitarra di Fabio Brait è potente e durissima senza mai sfociare nel pacchiano. Aldo Orazi cuce il tutto con la sua precisione alla batteria.
Ci si trova davanti a sonorità che spaziano dal metal al dark progressive passando per una certa new wave anni 80 e a un pizzico di psichedelia. Mi vengono in mente per esempio i primi Litfiba, Black Sabbath e CSI. Se il genere non fosse stato troppo influenzato e inflazionato dal prog sinfonico potremmo parlare di progmetal ma anche questa definizione sarebbe un po' troppo riduttiva.
Potremmo considerare "Terramare" come un concept che gira intorno al tema dell’eros visto da diversi aspetti e che si fa aiutare nelle liriche dei testi dalle composizioni di Guido Cavalcanti ("Luminosa"), Torquato Tasso ("Libera"), di Cielo d’Alcamo ("Rosa" è forse il pezzo con più potenzialità commerciale di questo lavoro e non starebbe per niente male nelle programmazioni radiofoniche di certe radio che si occupano di rock), Rinaldo d’Aquino ("Terramare") e Ciecco dell’Anguillaia ("Il contrasto della villanella"), oltre che da testi più moderni anche nella forma oltre che nei contenuti ("Metrò", "Diana", "Piccolina", "Mari" e "Umbria").
Discorso a parte per "Monsieur Verdoux" (omaggio al film di Chaplin in cui il nostro eroe impiegato di banca ammazza nove mogli) pezzo metal veramente fatto bene con sonorità simili a quelle dei Soundgarden di "Ultramegaok" per fare un esempio.
Molto bella la voce Paola Ferraioni che interviene in 3 brani.
Questo disco può risultare un po' troppo di frontiera per un pubblico amante del rock progressive duro e puro, ma è a tratti veramente esaltante e secondo il mio modesto parere anche i puristi mellotroniani e hammondari dovrebbero provarlo ad ascoltare. I 12 brani di questo lavoro poi dal vivo dovrebbero risultare ancora più efficaci.
"Terramare" è per me una delle cose rock più belle uscite nel 2006, aldilà di generi e sottogeneri.
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Antonio Piacentini
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