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RORY RIDLEY-DUFF |
Passing decades |
New Horizons Music |
2006 |
UK |
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Trattasi del primo album solista da parte del fondatore dei Protos, gruppo autore di un unico, rarissimo album negli anni '80, ristampato pochi mesi prima dall'etichetta di Rory stesso. Il musicista in questo frangente fa tutto da solo, coadiuvato dalle sue tastiere e campionatori, per un album che, in linea generale, potremmo definire new Prog d'atmosfera a tinte jazz. D'altra parte il sottotitolo dell'album è "Volume 1 - Jazz/Rock"; questo sottintende prima di tutto che ci dovremo aspettare quanto meno un Volume 2 e, in secondo luogo, le tendenze dell'album in questione. Non bisogna farsi eccessivamente fuorviare da ciò, comunque: il jazz-rock delle 9 tracce presenti su "Passing decades" è appena accennato, una tendenza di alcuni brani, non certo lo stile musicale preponderante dell'album. In generale abbiamo musica strumentale per sole tastiere e batteria programmata, con uno stile che spazia dalla (quasi) new age al Prog sinfonico, con escursioni più o meno sporadiche verso divertissement scherzosi o ambientazioni spaziali, quasi a dar forma a una colonna sonora di un ipotetico film. I brani più complessi ed elaborati, ed in parte anche i più interessanti, sono racchiusi nella seconda parte del CD: la prima parte è caratterizzata da composizioni up-tempo (tra cui un brano che già conoscevamo come bonus track della ristampa dei Protos) che ondeggiano tra un Prog rock arioso, con momenti funky e accenni jazzati. Talvolta viene da pensare al Mike Oldfield di "Tubular bells", ma con un atteggiamento senza dubbio meno cupo e serioso, sempre invece ai limiti dello scherzo (musicalmente parlando). A proposito dei Protos, in quest'album sono presenti ben tre tracce prese dal repertorio della band (due delle quali incluse nell'album), riarrangiate per l'occasione da Rory. Come dicevo, i brani di maggiore qualità, almeno per chi scrive, sono sul finire del CD: "Tempest", la stessa "The maiden" (dei Protos) e la conclusiva "Space" hanno atmosfere maggiormente plananti, quasi spaziali, e godono senz'altro di un'ispirazione positiva che ci fa concludere piacevolmente l'ascolto di questo buon album, di per sé nulla d'imperdibile, ma certamente un lavoro gradevole.
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Alberto Nucci
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