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LANDS END |
The lower depths |
Cyclops |
2005 |
USA |
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Dopo ben sette anni tornano a farsi sentire i Lands End e lo fanno presentandosi a prima vista appariscenti, visto che il loro nuovo album consta di un doppio cd per oltre due ore di musica. Dicevamo, però, apparentemente… Perché la band, nonostante l’abbondanza musicale offerta, riesce a mantenere uno stile sobrio con un prog che sa essere accattivante e intelligente al punto giusto. A volte chiaramente ispirati ai classici del romanticismo rock dei seventies (Yes, Camel, Moody Blues, Barclay James Harvest, i Pink Floyd di “Shine on you crazy diamond”), a volte più vicini al new-prog, altre volte così atmosferici e rarefatti da sfiorare la new-age, i Lands End inanellano una serie di composizioni di buona fattura, nelle quali sembrano muoversi a loro agio sapendo perfettamente fin dove si possono spingere. Brani di breve durata, di media durata, fino ad arrivare alle epiche suite (una di ventisei minuti ed una che arriva addirittura a cinquantatre)… Poco importa la forma; la sostanza dice chiaramente che i musicisti sanno il fatto loro e che vogliono colpire non con tecnicismi, ma con qualità, con raffinatezza… Insomma, di rock sinfonico si tratta, ma leggero, rilassante e non fracassone, eseguito abilmente, senza sterili esibizionismi e con la melodia a giocare un ruolo predominante. Quest’ultimo aspetto lo si ravvisa continuamente, sia attraverso parti vocali malinconiche, sia con solos misurati e lineari, sia con lunghe parti di tastiere con le quali vengono creati scenari sonori affascinanti invece di tentare puerili imitazioni emersoniane. Con questo senso della misura i Lands End riescono a convincere e ad emergere con una certa personalità. Non si può parlare di originalità, o di nuove vie musicali, ma semplicemente di un lavoro ben realizzato e piacevole da ascoltare, che fila via liscio nonostante la lunghissima durata. E scusate se è poco…
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Peppe di Spirito
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