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OUTER LIMITS |
Stromatolite |
Musea |
2007 |
JAP |
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Le strutture fossili più antiche ritrovate sul nostro pianeta sono le Stromatoliti concrezioni calcaree a “tessitura laminare concentrica” derivate dalla fossilizzazione di alghe marine, vecchie anche 3500 milioni di anni, ma che si formano ancora oggi nelle zone costiere di acqua calma. Quindi mare, ed è proprio il suono del mare e delle onde a portarci dentro a questo lavoro dei giapponesi Outer Limits, peraltro – lo dico subito – il migliore del gruppo che pur ci aveva già abituati a cose più che egregie.
Non è un vestito nuovo quello che sfoggiano gli Outer Limits per l’occasione. Non ci sono sostanziali stravolgimenti musicali generali e nemmeno del loro stile. Qui c’è ottimo prog sinfonico, con grosse dosi di romanticismo, però nulla è troppo scontato, anzi l’imprevedibilità, semmai, è una voce sicuramente importante del CD; così ogni brano è ricco di belle singolarità che richiedono ascolti ripetuti, non tanto per la difficoltà, ma sicuramente per la dolcezza e la bellezza delle linee melodiche, che richiedo a gran voce di partecipare agli intrecci magici che il gruppo riesce a creare.
Gli spazi sono ariosi, evocativi, mai soffocanti, mai claustrofobici, mai duri e indiretti e anche le parti che protendono verso cose concettualmente più elaborate (e ce ne sono diverse) sono sempre addolcite e stemperate da una melodia di violino o da un arpeggio singolare o da una linea vocale fuoriuscita direttamente dall’angolo dell’anima preposto a richiedere ciò che amiamo.
L’indirizzo musicale generale è di stampo prettamente italico, PFM in primis e tanto, tanto quel violino, sempre presente, ma mai pedante, ripercorre i suggerimenti di Mauro Pagani. La scaletta si sviluppa su tematiche di classico stampo prog nipponico, con qualcosa di KBB, Azoth, Negasphere, Motoi Sakuraba, Pazzo Fanfano di Musica, Deja Vu, ecc. Musica spesso maestosa con richiami classici, come nell’overture di “Consensus” che poi si trasforma in un brano piuttosto gabrielliano. Splendida nel suo sviluppo melodico è “Lullaby”, mentre dinamica e funambolica l’opener “Cosmic Velocity” sviluppata su un 5/4 violinistico magistrale. Ricche, cangianti, poliritmiche e molto belle – anche se un po’ ruffiane negli schemi – “Algo Rhythm C” brano molto UK e “Constellation” forse più vicina e certo neo prog al bionico. Mirabili gli assolo di “Caprice” (violino) e di “Organ Small Works n° 4” (pipeorgan).
Questo disco è una finestra aperta in una calda giornata estiva: guardi fuori e il paesaggio che vedi è sempre lo stesso, ma le piccole folate di vento che possono arrivare, sono proprio quelle che ti servono per poter aprire i polmoni e respirare. Disco che dona gran soddisfazione di ascolto, dedicato non solo agli amanti del prog nipponico, che ritengo non possano farne a meno, ma anche agli estimatori del prog sinfonico e a chi desideri, comunque, prodotti di qualità.
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Roberto Vanali
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