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MASSIMILIANO MEDDI Aglaofeme autoprod. 2006 ITA

Il nuovo ‘parto’ di quel singolare e originale personaggio che è Massimiliano Meddi aggiunge un altro tassello, almeno per quanto riguarda il titolo, nella lista delle astrusità: "Aglaofeme (romanzo musicale in arie e scene, per canto lirico e moderno, con accompagnamento acustico, sezione ritmica e orchestra sinfonica)", si pone stilisticamente come la logica prosecuzione di "Sbat!", da me già recensito. Nel frattempo è accaduta una siginificativa novità: la collaborazione col soprano Maria Caruso, con la quale pare ben avviato un percorso di sinergia spirituale e di vita. Tale intesa ha invero già prodotto il poema sinfonico "Partiture Vol.1", cui ha fatto seguito il CD in esame. A livello testuale si coglie adesso uno spiccato interesse per le tematiche religiose, e ciò si riflette anche nel particolare universo sonoro meddiano, sempre alquanto colto e sperimentale, ma certo più accessibile e disteso, un po’ meno spigoloso.
Ad eccezione di alcuni inserti di batteria acustica, tutto il resto è generato, come di consueto, dal Cubase, che Meddi usa abilmente ricavandone ogni gamma timbrica. Il prologo “Agli antipodi” è traccia cupa, per organo ed effettistica elettronica; buona la suggestione creata dai teatrali recitativi, che ricordano Gruppo d’Alternativa e Pholas Dactylus. Si entra nel cuore dell’opera con le tre arie per soprano e chitarra classica. Non sempre l’attenzione è tenuta viva, ma è comunque singolare il contrasto fra i tenui arpeggi, talora dissonanti, e la voce impostata della Caruso. Il prosieguo si fa sinfonico e più convincente: Meddi rivela idee e capacità di orchestrazione, alternando tratti oldfieldiani e squarci paradodecafonici (“Intermezzo”), ottimi afflati progressivi (“Trigon”) ed elegiache cascate di note per pianoforte, vagamente à la Wakeman, accompagnate da eccellenti svolazzi cosmico-teutonici (“La ballata delle ninfe”). Nelle due scene successive, “Diékplus” e “Perìplus”, e nell’epilogo “Zeus ex machina”, colpiscono i torridi moog e le aspre ritmiche, che poi sfociano in stentoree, epiche, variegate trame organistiche.
Meddi rimane a suo modo un musicista geniale ed estroso, però confermo l’auspicabilità di una presenza ‘critica’ al suo fianco. Considerando le infami schifezze che pullulano negli odierni cataloghi delle prog labels italiane e straniere, il metterlo sotto contratto non sarebbe certo disdicevole.

 

Francesco Fabbri

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