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GOAD In the house of the dark shining dreams Black Widow Records 2007 ITA

A pochi mesi di distanza da “The wood”, ecco un nuovo album per i Goad, che sembrano finalmente trovare le attenzioni che meritano, rispetto ad un passato ricco di attività, ma un po’ ignorato dalla critica. “In the house of dark shining dreams” è uno di quei lavori i cui contenuti si possono già intuire dalla copertina. Abbiamo infatti questo bel disegno di una dark lady spettrale che fiera si aggira in una caverna tutt’altro che rassicurante, tra pezzi di scheletri disseminati qua e là, strani mostriciattoli che sbirciano furtivi dietro delle porte e torce ad illuminare questo tetro ambiente. La musica non è meno inquietante: Maurilio Rossi guida la sua band in questo prog tutto particolare, che trasmette ansia con il suo andamento opprimente, che presenta atmosfere insalubri, ma allo stesso tempo affascinanti. E tutto è amplificato da un sound che avanza indolente, strascicato, lontano, sporco, con una produzione che fa arrivare a noi i suoni in maniera quasi “fastidiosa”, per aumentare la componente dark e onirica della musica dei Goad. A tratti sembra quasi di ascoltare degli Yes “al contrario”, distanti da quella solarità che da sempre contraddistingue la band di Jon Anderson e invece più vicini a raccontare delle favole in nero. Ecco così una serie di belle composizioni, tra le quali spiccano le insinuazioni maligne di “Clapper’s beatin’ fast”, la danza macabra in due parti “Dark virgin”, il romanticismo gotico di “Olympia”, la malizia provocante, scandita da echi lontani di organo tenebroso e chitarra straniante, di “Steep path”, una sorta di doom-prg visionario con “It’s always the same thing” (sembra quasi di ascoltare gli Atomic Rooster o gli Uriah Heep al rallentatore!), il finale claustrofobico di “Genius of Europe”, introdotto dalla wagneriana “Morte di Sigfrido”. Senza dimenticare le allucinate versioni di due classicissimi del progressive: “Killer” dei Van der Graaf Generator e “21st Century schizoid man”! Il tutto tra chitarre elettriche distorte che cercano strampalate melodie, tastiere che spingono su sinfonismi foschi, ritmiche marziali, parti vocali strambe con cantato lunatico… I Goad hanno uno stile proprio che è pure difficile da descrivere… Io vi lancio la sfida e vi invito a provare ad ascoltarli; penso proprio che ne valga la pena…

 

Peppe di Spirito

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