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THORK Nula jedan autoprod. 2007 FRA

Chi ha sborsato una bella cifra per portarsi a casa l'ultima fatica dei Pulsar, "Memory Ashes", pensando di aver trovato l'album dell'anno, dovrebbe altresì acquistare questo terzo lavoro dei connazionali Thork. Ascoltando questo album il mio pensiero inevitabilmente è volato a quel disco, così bello ed elegante, ma anche abbastanza vuoto, secondo la mia sensibilità, rispetto ai precedenti album. Qui ritrovo alcuni di quei suoni bellissimi, atmosfere evocative e passaggi raffinatissimi in una formula a mio giudizio più emozionante. Non voglio fare una gara fra i due gruppi, ma per me un parallelismo fra di loro è quasi inevitabile: ritroviamo qui un sound limpido, eleganti suggestioni Floydiane, sprazzi di elettronica che si mischiano a visioni sinfoniche ed un pathos profondo. Sicuramente i Pulsar c'entrano qualcosa, come c'entrano i Syrinx, per chi se li ricorda, il cui batterista Philippe Maullet è sopraggiunto a rimpiazzare Michel Lebeau. Fra gli altri cambiamenti di line up registriamo l'ingresso di Arnaud Fillion al violoncello, fratello di Sébastien, vera e propria mente del gruppo che si occupa delle parti vocali, delle chitarre e dei sintetizzatori, mentre rimangono Claire Northey al violino e Samuel Maurin al basso (che comunque gioca un ruolo complementare, visto che il grosso del lavoro lo fa il leader del gruppo). In alcune tracce troviamo ulteriori musicisti alle tablas, al trombone e alla tromba. Il titolo stravagante significa in bosniaco "zero, uno" ed allude al codice binario, alla base di ogni moderna tecnologia, concetto che ci aiuta ad entrare nello spirito del concept che parla del dualismo macchina-uomo che si presenta nei molteplici aspetti della vita: l'uomo a volte agisce come una macchina e alle macchine invece si cerca di imprimere capacità umane come il pensiero, o i sogni. Questa ambivalenza si rispecchia anche nella musica, sofisticata e disseminata di graziosi loop, ma attraversata allo stesso tempo da vibrazioni calde, date soprattutto da delicate venature sinfoniche e dall'intervento sparso dei vari strumenti che abbiamo già elencato. Rispetto al precedente lavoro il mood è sicuramente meno angosciante ed esasperato, virando spesso verso ambientazioni romantiche, a volte tinte di un senso di mistero, ma mai estreme. Un certo tono di drammaticità lo presenta la bella traccia di apertura, "Ex Slave", grazie soprattutto alle suggestive parti corali che hanno vagamente l'effetto dei canti gregoriani, ma le emozioni evocate sono comunque ovattate. Molto suggestiva "Au Ciel", che si apre con gli arpeggi ipnotici della chitarra che accompagna una voce esile e quasi strozzata e che progressivamente si apre a bellissime contaminazioni folk, fatte però di suoni sofisticati, con delicati giochi percussivi e una base seducente di tastiere. Altre canzoni si mantengono su tonalità tenui e sfumate, fatte di suoni fragili, come "La Lumiere" con le sue ritmiche pacate e appena accennate e le sue suggestioni Floydiane. Forse a qualcuno potrà mancare la tensione emotiva che veniva raggiunta nel precedente lavoro, ma la delicatezza struggente di queste composizioni, le linee melodiche che a volte si fanno quasi impalpabili, come nella traccia conclusiva, basata solo sugli arpeggi della chitarra acustica ed una voce deformata dal vocoder, sono sicuramente funzionali alla riuscita di questo album che emerge per caratteristiche diverse da quelle dell'ombroso “Wê-ila”. Non tutte le tracce sono ugualmente all'altezza, qualche perplessità me la suscita ad esempio la seconda, "Ici", soprattutto per il cantato, ma il risultato complessivo, nonostante qualche appunto che può essere mosso, rimane ammirevole.

 

Jessica Attene

Collegamenti ad altre recensioni

SYRINX Reification 2003 
THORK Urdoxa 2000 
THORK We ila 2004 

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