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OSADA VIDA Three seats behind a triangle autoprod. 2006 (Metal Mind Productions 2008) POL

Dopo una gavetta durata sei anni e la pubblicazione di quattro album in maniera indipendente, i polacchi Osada Vida approdano finalmente al porto sicuro della Metal Mind, dinamica etichetta la cui attività è veramente fuori dal comune, sia nella promozione delle band autoctone che nel supporto a più noti marchi inglesi (cfr. tutti i recenti DVD filmati in modo assai professionale in un ormai notissimo teatro di Katowice).
E’ proprio il quarto album “Three seats behind a triangle” (originariamente uscito nel 2006) a ricevere un trattamento di rimasterizzazione e repackaging - con l’aggiunta di due tracce bonus - e non avendo ascoltato gli altri lavori devo supporre che si tratti del vertice della produzione degli Osada Vida.
Cosa ci aspetta dunque dopo aver messo il dischetto nel lettore? Una piccola delusione, direi… ma non voglio emettere sentenze senza prima motivare la mia opinione; probabilmente la lettura della tracklist (tre suite in tre movimenti) mi aveva invogliato ed ero preparato a qualcosa di speciale, invece mi trovo già al primo ascolto a fronteggiare la meno rosea realtà. Si tratta di un album di heavy prog mal registrato, mixato in modo ancor peggiore (spesso un vero caos!), contenente idee a volte apprezzabili ma spesso un po’ trite, suonato sì in modo soddisfacente ma irrimediabilmente sfigurato dall’inascoltabile prestazione vocale di Łukasz Lisiak (dispiace dirlo, ma è vera una sofferenza ed anche la pronuncia inglese lascia a desiderare), altrimenti ottimo bassista e compositore principale.
Il concept che si cela dietro il misterioso titolo si riferisce alle ambizioni soffocate degli aspiranti artisti, musicisti, sportivi, scienziati che si troveranno costretti a coltivare le proprie passioni solamente in una sfera amatoriale, rinunciando alle proprie genuine aspirazioni di gloria nel nome di un’esistenza più prosaica e ordinaria (che viene equiparata ad un posto dietro al triangolo dell’orchestra: il più anonimo e meno ambito). L’idea è buona anche se è impossibile cercare di seguire lo svolgimento senza leggere le liriche, poiché la fredda voce di Łukasz è quasi costantemente distorta e registrata in fondo al mix, forse per coprirne le pecche.
Ascoltando l’album per l’ennesima volta, ed avendo già evidenziato ciò che inficia la riuscita dell’opera – compito ingrato – mi sento in dovere di citare il salvabile ed allora vorrei spendere parole d’elogio per il chitarrista Bartek Bereska: se il suo costante riffing metallico lo trovo alquanto indigesto, gli ottimi assoli che salvano la seconda suite (“2nd seat”, per la precisione) sono gustosi sia tecnicamente che dal punto di vista melodico. Voglio menzionare in particolare “Devotion (part II) – Flying time” che essendo strumentale si lascia apprezzare senza disturbi, grazie alla sua ritmica sincopata ed i suoi intermezzi onirici di pianoforte che rimandano ai Dream Theater del periodo di Kevin Moore: a mio modo di vedere il momento più felice del disco, confermato dalla successiva, fluida “Tension Blossoms”. Dalla terza suite le parti vocali tornano ad occupare un ruolo rilevante e l’interesse scema di nuovo, malgrado esperimenti inusuali come il metal-walzer (!) che chiude “Everyday Ltd.”: solo l’organo Hammond ed il piano elettrico di Rafał Paluszek sono in grado di insaporire la zuppa e condurci alla conclusione senza poi troppa fatica.
E’ sempre antipatico dover esprimere la propria indifferenza di fronte al lavoro di chi – ne sono certo – riversa il proprio massimo sulle tracce di un “dischetto argentato” (per citare le parole della biografia degli Osada Vida). La direzione intrapresa è chiara, e segue una retta che passa equidistante da due territori chiamati Dream Theater e Porcupine Tree (gli ultimi, quelli più “tosti”) e ciò facendo si calpestano le orme dei conterranei Riverside, dei Pain of Salvation e di altre band osannate in Nord Europa: fin qui niente di male; peccato solo che al quarto tentativo si debbano riscontrare ancora ingenuità come quelle citate. Apprendo dal sito ufficiale che il gruppo è in procinto di incidere un nuovo album: possiamo sperare che l’abbandono dell’autoproduzione possa portare i suoi frutti, qui siamo ancora nella fase del “vorrei ma non posso”, inutile illudersi.

 

Mauro Ranchicchio

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