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MARCO LO MUSCIO |
New horizons - The music of Steve Hackett |
Drycastle |
2008 |
ITA |
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Inizierò con una affermazione scontata: “Marco Lo Muscio è maledettamente bravo!”. Marco Lo Muscio, plurilaureato con ricchezza di lodi, è un pianista e organista di formazione classica e, pur avendo masticato i classici e le loro partiture, c’è sempre stato nelle sue mire un lavoro che si potesse basare su una parte delle sue passioni musicali, quelle che vanno oltre i classici e che invece hanno solide basi nel progressive inglese. Così, per l’anomalia di un lavoro, che speriamo non rimanga tale, invece dei classici eccolo sperimentare partiture e trascrizioni con quelli che per noi progster sono “classici” e cioè brani di Steve Hackett, da quando era coi Genesis ad oggi. Trattandosi, come noto, di brani nati per chitarra sarà ben chiaro lo sforzo di trascrizione per organo a canne o pianoforte, sforzo che dovrà allontanare ogni dubbio da giudizi di semplice esecutore.
Per questi brani Lo Muscio suona principalmente il D274 9’ Grand Piano Steinway e l’organo a canne Ruffati della Chiesa Canadese di Roma, entrambi con pulizia e precisione veramente rare. Non dovendo necessariamente recensire i pezzi, già ampiamente trattati nel tempo e nella carta, appare più doveroso parlare di come gli stessi prendano una forma e uno spessore essenzialmente diversi. Ovviamente le due componenti fondamentali sono la qualità musicale intrinseca di queste musiche e la sua esecuzione. Plauso quindi sia all’autore, sia all’esecutore.
Particolarmente toccanti e perfettamente adattate nelle loro nuove vesti un po’ tutte le composizioni, ma non è possibile non citare “Horizons” e la sua trascrizione a tempo quasi “libero” con l’inserimento di pause particolari e con uno sviluppo da apparente metronomo impazzito, che gli da un sapore da reale “progressive classic”.
Splendida la porzione degli estratti da “The Bay Of Kings”, specie l’omonima, ricca e trascinante, incredibilmente evocativa. Curiosa la trasposizione di “Kim” per organo, con le canne più corte a simulare il flauto. Sempre molto belli gli estratti da “Voyage Of The Acolyte” con “Hands Of Priestess” per organo e “The Lover” per pianoforte.
Il disco si conclude con due bonus live, un’altra versione di “Kim” registrata live all’organo della Cattedrale di Westminster e un estratto da "Firth Of Fifth" registrato in Russia. Finale veramente degno.
Disco consigliato a chi voglia mettere alla prova certi schemi mentali, dove ci sono delle composizioni configurate in un certo modo, ma che possono – come strappo alla regola – suonare anche un po’ diverse, senza intaccare né un ricordo, né un sentimento, ma anzi – e semmai – accrescendolo di una lieta consapevolezza: è bello pensare che un grande pianista possa piacevolmente e giustamente “coverizzare” Bach e che possa fare lo stesso anche con Hackett.
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Roberto Vanali
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