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ANIMA MUNDI |
Jagannath Orbit |
Musea |
2008 |
CUB |
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Sebbene da qualche lustro ormai relegato a mero fenomeno di nicchia, la musica progressive e i suoi fedeli appassionati sono presenti caparbiamente in ogni parte del mondo (o quasi), per cui non sorprende più di tanto il trovarci di fronte ad un gruppo cubano: gli Anima Mundi.
L’occhio lungo della Mellow records aveva pubblicato nel 2002 il primo album”Septentrion”; ora un’altra label specializzata, la francese Musea, provvede per questo nuovo lavoro “Jagannath orbit”.
Proposta già pronta da tempo, ma che vari cambi di line-up ed altre vicissitudini a cui la band è andata incontro ha procrastinato al 2008.
Ecco dunque sette nuove composizioni e a tener le fila della band i due leader storici: Roberto Diaz (chitarre e voce) e Virginia Peraza (tastiere).
La suite iniziale “We are the light” attinge pienamente al repertorio seventies di Yes (soprattutto) e Genesis, ma modernizzando il sound con spruzzate di new prog britannico o della sua (per certi versi) variante scandinava (Simon Says, Flower Kings). A differenza di questi ultimi (a volte esageratamente prolissi) e quindi a maggior pregio degli Anima Mundi, il brano si sviluppa piacevolmente per tutta la sua durata e gli strumenti solisti dei due leader, pur ritagliandosi grande spazio, mai eccedono in barocchismi stucchevoli.
Impressioni new age, ma anche di Mike Oldfield, degli Yes più eterei oltre che incanti etnici, sono i tratti salienti, invece di "The awaken dreamer in the soul garden dreams the flower planets"(!!!).
Grande gusto melodico ed aperture strumentali ad ampio respiro caratterizzano anche i 5 brani rimanenti. Doveroso citare la brillante ed articolata title-track (pare quasi di ascoltare un out-take – e che out-take- di Going for the one degli Yes), o il lungo strumentale "Rhythm of the spheres" dove, una volta di più, non si riscontrano coni d’ombra, bensì raggiante e prorompente solarità.
Una band che si conferma ancora ad alti livelli ed un album bello davvero.
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Valentino Butti
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