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MIDAS Beyond the clear air Made In Japan 1988 (Musea/Poseidon 2009) JAP

Dopo oltre 20 anni (l’album uscì nel 1988) ed un paio di ristampe giapponesi negli anni ’90, la Musea (con la collega Poseidon) pensa bene, è il caso di dirlo, di editare nuovamente questo album della band nipponica dei Midas. Scarno l’aspetto scenografico della confezione (un semplice leaflet di 4 pagine e con i testi in Kanji), ma che importa!! Alle 4 lunghe composizioni originariamente presenti sul vinile, viene aggiunta la bonus track “Green forest” registrata nel 1985. La proposta dei 4 (ora) signori del Sol levante è un bel prog sinfonico, melodico, gioioso, infarcito di bei passaggi strumentali dominati dalle tastiere e da una voce da….”cartoni animati”, ma comunque accettabile. Fra le caratteristiche della band, che possono ricondurci ad un altro gruppo storico come gli Outer Limits, la presenza costante del violino elettrico di Eigo Utoh (anche vocalist) che arricchisce ulteriormente lo spettro sonoro della formazione ("Sham nactiluca", il brano iniziale, ne rappresenta un ottimo e sfolgorante esempio). La “pulizia” dei suoni (altra costante dell’album) e talvolta la freddezza degli “svolazzi” tastieristici non vanno ad intaccare la bellezza della composita “The slough of despond”: alla ridondanza di fondo si iniettano dosi di “lirismo strumentale” anche acustico che offrono quel valore aggiunto al brano. Mortuary”, oltre alla solita dose di allegro violino e di tastiere (Eigo Lynn, il mago), si segnala solo per la sostenuta sezione ritmica e per sua brevità (5 minuti scarsi). Un approccio un poco più aggressivo lo si nota anche nella lunga title-track, soprattutto nella prima parte. Il finale invece è in pieno Midas-style con le solite sgargianti tastiere “a caccia” del violino di Utoh. Il brano bonus “Green forest” non è un mero riempitivo: forse meno eccentrico e più misurato, a tratti anche malinconico e con un cantato facilmente dimenticabile, ma comunque un buon pezzo. Se è vero che gli altri album della band nulla aggiungono alla loro storia (e tanto meno alla storia del prog in Giappone), “Beyond the clear air” è invece un ottimo lavoro e dunque meritevole della nostra e vostra riscoperta.



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Valentino Butti

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