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UNIFAUN |
Unifaun |
Progress Records |
2008 |
SVE |
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OK… ai ragazzi piacciono i Genesis, lo abbiamo capito. Se pensate che la loro passione si estrinsechi solo con la scelta di un nome molto reminiscente e magari in una musica ispirata a Gabriel e soci, siete sulla strada giusta ma ancora lontani dalla meta. In verità questo duo di multistrumentisti svedese, conosciutisi su un forum dedicato proprio ai Genesis, cerca di ricreare esattamente l'atmosfera e le canzoni dei Gabriel e soci, oscillando continuamente tra le pastoralità alla "Trespass" e le suggestioni di "Selling England" (con solo una breve caduta in territori più alla "Wind & Wuthering"), impegnati nella missione di fare le canzoni che i Genesis non hanno mai registrato. La strumentazione non è propriamente analogica tuttavia, ma la voce di Bonamici (l'altro componente del duo è Nad Sylvan) ricrea appieno quella di Gabriel, con la sua fragilità (che in parte, nelle note più alte, ricorda un po' anche Fish) e la sua evocatività. I nostri The Watch a confronto sembra che si ispirino soltanto alla lontana agli stessi modelli. E' quindi un peccato che, come accennavo, la strumentazione ed i suoni soffrano un po' di modernità, se mi si consente questa espressione, in special modo la batteria; non sgradevole in assoluto ma un po' fuori luogo se si vuole fare un'operazione di questo genere. Detto dei suoni… le canzoni, alla fin fine, come sono? Beh… le intenzioni del gruppo si traducono in 12 brani di vario minutaggio, tra cui spiccano in quanto a ciò i quasi 14 minuti di "Quest for the last virtue", indubbiamente sulla scia di quelli che erano i Genesis dei primissimi anni '70, cercando di catturarne la vera essenza, non solo gli aspetti esteriori (e questo, quanto meno, va a merito degli Unifaun) e più scontati. Senza dubbio il disco è gradevole, ma non certo eccezionale, come mi è capitato di leggere in giro; se ci si dimentica per un attimo di Genesis, Gabriel e compagnia cantante, l'album è comunque poco più che discreto. La magia che un po' ci contagia è frutto quasi esclusivamente delle reminescenze suddette e dei ricordi che questi evocano. Per il resto… sufficienza; poco di più, sinceramente.
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Alberto Nucci
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