|
THE 3RD AND THE MORTAL |
Painting on glass |
Voices of Wonder |
1996 |
NOR |
|
All'indomani dell'abbandono della divina cantante Kari Rueslatten, era lecito nutrire qualche perplessitą circa il futuro dei 3rd AND THE MORTAL, sicuramente l'entitą sonora pił affascinante e talentuosa proveniente dalle lande nordiche in questi ultimi anni. L'impressionante, suggestiva alchimia gotica che pervadeva il precedente "Tears laid on Earth", il coraggioso rifiuto di definire precisamente il proprio stile al fine di spingersi nella profonditą di una ricerca che porta verso territori inesplorati, soluzioni ardite ed illuminanti, sono tutti elementi che possiamo tranquillamente ritrovare all'interno della nuova opera "Painting on glass", anche se quest'ultima possiede una caratteristica fondamentale che la rende visibilmente differente rispetto al predecessore, ossia lo scorrere continuo di una articolata mutazione di atmosfera che presenta sfumature umbratili e melodiose inflessioni strumentali di esasperante bellezza. Il sestetto norvegese rivoluziona in parte il proprio codice espressivo, celebrando un rituale sonico di inusitato splendore, manifestando un'attitudine segnatamente avanguardista: la principale novitą consiste nell'aver introdotto una nuova figura femminile al canto, Mari Ann Edvardsen, dotata di una estensione vocale stupefacente, tale da far accostare i suoi incredibili voli solistici alla folgorante potenza di un soprano. La nuova dea della scena sotterranea norvegese confeziona infatti fantastici vocalizzi nel brano "Persistent and Fleeting", donando un lirismo evocativo davvero sorprendente e un mesto senso di solennitą unito ad una partitura dalle vivaci ambientazioni etniche.
Altra sostanziale diversitą rispetto al passato viene rivestita dalle liriche, spesso imperscrutabili, comunque brevi e dense di ermetismo, con un occhio di riguardo per le immagini introspettive. Eppoi il gruppo sospinge i propri avventurosi orizzonti sonori verso l'infinito, concedendo maggiore spazio a climi perturbati da epici sussulti cosmici ("Azore" e "Eat the silence"), da avvolgenti armonie e incantesimi sinfonico-percussivi ("Magma"), da floride, cristalline pagine di folk-prog evoluto, chiudendo con il sensibile fascino dell'arcano celato nelle note di "Aurora Borealis/Aurora Australis", dove il tragico senso del mistero si condensa in una struttura inebriante.
|
Alberto Santamaria
Collegamenti
ad altre recensioni |
|