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MINDGAMES MMX autoprod. 2010 BEL

MMX è l’anno 2010 in numeri romani… e per fortuna che lo hanno messo bene in evidenza… altrimenti ascoltando questo disco avrei pensato ad una stampa postuma proveniente direttamente dagli anni Ottanta. Non solo ritroviamo uno stile che rientra a pieno titolo nella corrente del New Prog britannico di quegli anni ma anche i suoni, in tutte le loro sfumature, hanno delle timbriche che inequivocabilmente sono in sintonia con essi. Il tempo scorre ma non per questa band che negli anni si è mantenuta saldamente ancorata a certi stereotipi musicali, riuscendo comunque a realizzare prodotti gradevoli, seppure assolutamente privi di originalità. Sarà anche colpa della voce di Bart Schram che ricorda molto quella di Nick Barrett, ma tutto qui dentro sembra così familiare e prevedibile che riusciamo a trovarci fin da subito completamente a nostro agio. Le melodie sono tutte al posto giusto e le canzoni scorrono fra cori ammiccanti e anche bei momenti tastieristici che possono ricordare vagamente i Camel. Il tutto è pervaso da una certa aria di ingenuità che dona freschezza a composizioni per nulla pretenziose ma non prive di buoni spunti. Un pezzo come la centrale ”Travels” riesce a sollevare significativamente il valore medio dell’album, grazie alle belle escursioni strumentali che si alternano a refrain accattivanti. Abbiamo parlato di Pendragon ma il bello è che non troviamo di questo gruppo le appariscenti tastiere di Clive Nolan in favore di soluzioni più avvolgenti ed aggraziate. Non mancano trovate più teatrali, come nella successiva “Outside the Gloom”, con graziose e colorate aperture sinfoniche che ricordano un po’ i Genesis e un po’ i Marillion, scandite da intrecci ritmati di piano e chitarra. Fra un’accelerazione e l’altra il gruppo non va mai fuori strada, seguendo tranquillo il proprio percorso musicale, senza esagerare né stupire ma mantenendosi sempre su livelli accettabili di interesse e piacere e facendo della semplicità la propria forza. Nell’ambito di un album che si presenta piuttosto equilibrato e scorrevole, le soluzioni più complesse e varie vengono snocciolate qua e là durante l’ascolto, con molta parsimonia. In chiusura viene collocato il pezzo più lungo, “The Pendulum”, con i suoi 15 minuti scarsi, ma anche qui non vi è alcuna esagerazione musicale e la melodia si rivela ancora una volta lo spirito guida di questo quintetto che fino alla fine non cambia le regole del gioco rimanendo fedele alla propria formula che, lo dobbiamo dire, non può che rivelarsi vincente per chi ama visceralmente il New Prog.


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Jessica Attene

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