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CSABA VEDRES |
Csend zenék/Notes from silence |
Periferic Records |
2009 |
UNG |
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Il silenzio visto come sentimento di attesa, come quell’attimo in cui due esseri umani, posti l’uno di fronte all’altro, cercano di comprendersi a vicenda prima ancora che fra loro scaturisca una comunicazione fatta di parole, il silenzio come l’origine di sentimenti positivi, come fonte di ordine e meditazione, come elemento in grado di trasformare l’animo delle persone. Il silenzio infine come sorgente di musica come quella che Csaba Vedres ci offre in questa sua settima prova da solista. Le composizioni che l’ex membro degli After Crying ci propone sono meditative e delicate, limpide nella loro forma, forse proprio perché scaturiscono dal silenzio. Proprio al confine fra il silenzio e la musica sembra quasi di cogliere l’idea dell’eternità e dell’infinito verso il quale quest’opera sembra protendere. Ho avuto il piacere di poter ascoltare alcune di queste composizioni dal vivo e devo dire che tutte le sensazioni positive del CD hanno preso una forma più tangibile, grazie anche all’empatia trasmessa da Csaba, una persona molto timida e riservata ad un primo impatto ma incredibilmente comunicativa attraverso la sua musica. Dalle mie premesse avrete sicuramente intuito che non sono gli intrecci a prevalere ma i tratti di intuizioni musicali semplici ed essenziali, come linee di colore brillante tracciate su una tela bianca. Il disco è comunque tutt’altro che uniforme, anche perché Csaba non è solo a elaborare il suo racconto musicale ma si fa aiutare da uno splendido quartetto d’archi, che ormai da tempo lo accompagna in molte delle sue avventure musicali, il Kairosz Kvartett, e da altri ospiti, fra cui spicca ovviamente Júlia Gyermán al violino e alla voce (ascoltatela per esempio in “Old-Hungarian funeral-song of the Virgin Mary”), sua compagna sia nella musica che nella vita. Le composizioni sono tutte piuttosto brevi, con l’eccezione evidente dell’ultimo brano, “Consolatio”, la cui durata supera gli 8 minuti, verso il quale tutta l’opera sembra quasi protendere per poi trovare una sorta di sublimazione finale. L’album comprende pezzi accompagnati dal solo pianoforte, come “Account of the Talent”, lieve e sognante, o la vibrante “Procession with Coral”, composizioni strumentali in cui gli archi sono preponderanti (come in “Choral”), brani con cori liturgici e con uno sfondo d’organo a canne che ricordano i canti gregoriani e pezzi dal sapore new age. La spiritualità è il sentimento che contraddistingue tutta l’opera che scorre in maniera lenta ma piacevole attraverso visioni musicali semplici ma molto comunicative. Solo raramente, soprattutto per quel che riguarda le sequenze di piano, si percepisce il legame col gruppo di origine dal quale Csaba appare qui piuttosto distaccato, ma il suo tocco rimane comunque inconfondibile. Se amate la musica sacra gradirete in maniera particolare questo album che consiglio di ascoltare in maniera particolare anche a chi ama in generale il modo di comporre e lo stile di questo artista che qui potrà essere apprezzato in una dimensione un po’ diversa rispetto alla veste in cui abbiamo imparato ad apprezzarlo nel nostro ambiente progressivo.
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Jessica Attene
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