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HUMBLE GRUMBLE |
Flanders field |
AltrOck |
2011 |
BEL |
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Non credo sia tutto da attribuire all’istinto benevolo che mi guida durante l’ascolto di prodotti progressive provenienti dal Belgio. Resta il fatto che fin dal primo ascolto di questo disco mi sono reso conto di avere per le mani un prodotto eccelso, ricco e vario, colto e divertente.
Gli Humble Grumble sono una formazione attiva fin dal 1996 nella zona di Gand, nelle Fiandre, ma praticamente sconosciuti fuori dall’area geografica di base. In realtà, la band, ha per la maggior parte dei componenti provenienze etniche diverse, a partire dal leader Gabor Humble Vörös di origine ungherese. Non ci sono tastiere, ma la parte armonica è arricchita da fiati e percussioni toniche e moltissime sono la parti ove marimba e vibrafono si uniscono a clarinetto, sax e voce per entusiasmanti momenti, collocabili tra jazz canterburyano, RIO, folk, chambre music, avanguardie settantiane, il tutto sotto “ferree” forme Zappa/Gong che arricchiscono e completano con ironia, tecnica e buon gusto lessicale.
Oltre al sestetto di base, una dozzina di ospiti si avvicendano per produrre voci, archi e fiati in un ensemble di rara efficacia, grazie anche ad una sezione ritmica di grande precisione e bravura (Jonathan Callens, batteria e Jouni Isoherranen, basso), in particolare il lavoro del bassista è davvero mirabile.
Il disco è composto da undici brani, sui quali la band ha operato con un gran dono di sintesi, riuscendo a dire tutto quel che c’era da dire in pochi minuti, così che la lunghezza complessiva delle tracce si contiene quasi sempre nei 3 – 5 minuti. Non si avvertono debolezze o brani decisamente minori, tutto è ben studiato, ben inciso e ben prodotto.
Tra tutto voglio ricordare: “Sleepless Night”, una perfetta fusione tra lo stile Gentle Giant e Soft Machine del primo periodo psichedelico, in particolare alcuni frammenti vocali rimandano alla mitica “Hibou, Anemone and Bear”, stesse forme psichedeliche, stessa impostazione vocale e corale per una intelligente e riuscitissima clonazione, poi lo spettacolare l’assolo di chitarra di Humble in “Aging Backwards”, su continui cambi non solo di ritmo, ma anche di velocità, mettendo a dura prova anche gli strumentisti più esperti, ancora gli incredibilmente efficaci scambi vibrafono (Pieter Claus) – voci – sax (Pol Mareen) di “Horny”, che in nemmeno tre minuti portano una girandola di eventi di vera alta scrittura progressiva, specie per la parte ritmica, così intricata da rendere divertentissimo il gioco di perdersi nelle sue “zoppicature”. Impossibile non citare anche la divertente “Duck on Walk” con la chitarra che sembra voler fare il verso ai suoni del grandissimo Joe Venuti in stile old fashioned.
Giudizio finale: assolutamente imperdibile!
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Roberto Vanali
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