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MOTIS |
Ripaille |
Musea Parallèle |
2011 |
FRA |
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Motis è l’alter ego artistico del polistrumentista Emmanuel Tissot (voce, bouzouki, liuto elettrico, Hammond, basso a pedali, Mellotron, synth) che in questa occasione condivide il suo progetto musicale con il batterista Tony Carvalho, giunto a rimpiazzare il vecchio compagno Rémy Diaz. Questo è il quinto album in studio uscito a nome Motis (il debutto intitolato “A chacun son Graal” risale al 2000), al quale si aggiungono anche quattro produzioni live, fra i quali mi piace citare “La Dame et le Dragon” che ripropone il set integrale eseguito dal gruppo nel 2004 come spalla degli Ange. Proprio verso i più famosi connazionali Motis si dimostra fortemente debitore, attraverso un linguaggio sinfonico abbastanza inconfondibile che comunque viene mescolato ad altri elementi, fra cui vaghi e ben dosati accenni al folk francese e alla musica medievale. L’amore verso la tradizione traspare soprattutto attraverso le liriche che presentano testi che ricordano vicende di re e antiche leggende. Proprio il cantato acquista una posizione centrale con una performance di Emmanuel, perfetto anfitrione e abile cantastorie, teatrale e coinvolgente, anche se non sempre tecnicamente all’altezza e messa forse troppo in primo piano rispetto alle parti strumentali. Il suo approccio live da navigato cantore ben si addice ad una musica dalle fattezze decisamente artigianali ma suonata con grande entusiasmo ed energia, con uno spirito che tanto ricorda la scena prog a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, caratterizzata appunto da tanta smania di riscoprire un genere musicale che sembrava tramontato ma segnata anche da prestazioni spesso prevedibili e anche traballanti. Questo non va però a discapito della godibilità dell’album che è qualcosa di assolutamente divertente, sempre che ovviamente non siate alla ricerca di qualcosa di ben più raffinato. La componente tastieristica è altrettanto ben rappresentata con ampi riferimenti ai Genesis di Foxtrot e ai già citati Ange. Questa sinfonicità è arricchita di quando in quando dagli arpeggi del liuto, da improvvisi guizzi Mellotronici ed è sostenuta spesso da un basso in evidenza e da ritmi sincopati. So bene che al giorno d’oggi le pretese verso questo genere sono sempre più esigenti e gli ascoltatori sono sempre più attenti e selettivi, a ragion veduta, vista la grandissima abbondanza delle uscite, ciononostante questo dischetto potrebbe rivelarsi un diversivo abbastanza piacevole, specie se amate il prog francofono e guardate con nostalgia un periodo in cui c’era forse più dilettantismo e approssimazione ma sicuramente anche tanta voglia di vivere la musica.
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Jessica Attene
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