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3RDEGREE |
The long division |
autoprod. |
2012 |
USA |
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A volte è bello sbagliarsi. Dare poco credito ad una band come quella dei 3rDegree, che con il precedente “Narrow caster” del 2008 non mi aveva entusiasmato, è stato un errore. “The long division”, il nuovo album, non mi ha però trovato prevenuto anche se non dimentico del predecessore. Il gruppo è ancora capitanato da Robert James Pashman (basso-tastiere-cori), con George Dobbs (voce-tastiere), Patrick Kliesch (chitarre-cori) ed i nuovi Aaron Nobel (batteria) ed Eric Pseja (chitarre). Molteplici sfaccettature vanno ad insinuarsi tra le 10 tracce dell’album, tanto che scorgiamo ben poco di quanto ascoltato in “Narrow caster”. Il song-writing è cresciuto in modo esponenziale, le melodie sono decisamente più incisive, le parti strumentali azzeccate. Risulta persino banale e troppo generico accomunarli a questo o a quel gruppo degli anni ’70 (e, intendiamoci, le influenze ci sono) perché l’approccio è molto moderno e “diretto” senza barocchismi o eccessivi orpelli. Piuttosto, le ritmiche nervose, i cori articolati, le costruzioni melodiche un po’ stralunate, la mancanza, o quasi, di ostentazione virtuosistica, vanno a favorire una coesione del sound, che avvicina la band ai primissimi Echolyn ed ai Beardfish (prima della deriva metal degli ultimi lavori). Pur non trattandosi di un concept vero e proprio, molti brani sono legati da un tema conduttore, cioè il crollo finanziario americano (e non solo) del 2008 (infatti molti pezzi sono stati scritti in quell’anno) e alle difficoltà dello “stato blu” (democratico/progressista) e dello “stato rosso” (repubblicano/conservatore) di scendere ai necessari compromessi. Le composizioni non presentano punti deboli, anzi. I piacevolissimi coretti west-coast di “The ones to follow” oppure le ritmiche irregolari di “Televised”, appena ingentilite dal cantato, ne sono degli esempi convincenti. Come del resto la “cantautoriale” “A work of art” o, ancora, “Memetic pandemic”, altro brano di denuncia sociale. Il bell’esercizio di stile per sola chitarra acustica di “The millions of last moments” è il solo inserto “convenzionale” di un album che sciorina sorprese ad ogni ascolto. Un lavoro davvero bello e da non perdere.
English translation by Raffaella Berry: Sometimes it feels good to be wrong. Not giving due credit to a band such as 3RDegree, whose previous album, 2008’s Narrow-Caster, had left me somewhat cold, was a mistake. On the other hand, their new album, The Long Division, did not find me biased against them in spite of that disappointing experience.
The band is still led by Robert James Pashman (bass, keyboards, backing vocals), with George Dobbs (lead vocals, keyboards), Patrick Kliesch (guitar, backing vocals, and new entries Aaron Nobel (drums) and Eric Pseja (guitar).
The album’s 10 tracks reveal multiple layers, and there is little that might remind us of Narrow-Caster. The songwriting has improved exponentially, the melodies are decidedly more memorable, and the instrumental parts nearly perfect. Comparing 3RDegree to this or that ‘70s band (even if there are influences to be detected) would feel trite and ineffective, because their approach is very modern and direct, devoid of frills and self-indulgence. On the other hand, the tense rhythm patterns, the well-developed vocal harmonies, the slightly skewed melodic structures, the almost complete lack of virtuosic flourishes favour a cohesive sound that may be elicit comparisons to early Echolyn or Beardfish (before they turned to metal in their more recent output). Though the album is not exactly a concept, most tracks are connected by a main theme – the 2008 financial collapse in the US and elsewhere, and the near-impossibility of compromise between the “blue party” (Democratic/progressive) and the “red party” (Republican/conservative).
There are no weaknesses in the compositions, on the contrary. The engaging West-Coast-style vocal harmonies in “The Ones Who Follow”, or the odd, angular time signatures in “Televised”, barely softened by the singing, are convincing examples – as are the ballad “A Work of Art”, or “Memetic Pandemic” with its strong indictment of modern society. The elegant acoustic guitar piece of “The Millions of Last Moments” is the only “conventional” episode in an album that will surprise at every listen. Truly an excellent release that should not be missed.
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Valentino Butti
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