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IAMTHEMORNING |
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autoprod. |
2012 |
RUS |
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In un mercato discografico pieno di proposte belle, sì, ma fin troppo spesso sagomate a piombo su modelli abusati e ben identificabili, il ritorno ad una formula semplice, senza troppi abbellimenti, ma incentrata sul versante delle emozioni, può avere un effetto davvero rigenerante per le orecchie. Ecco quindi che questa esordiente band russa, il cui nome fa riferimento al mattino, ricorda la luce del sole quando l’aria è frizzante e il giorno, giovane, ha ancora tutto da offrirci. Il gruppo, insieme dal 2010 e con un background accademico, fa leva sul cantato fragile e romantico di Marjana Semkina e su colorazioni musicali delicate e orchestrali, con il pianoforte (e le tastiere) di Gleb Kolyadin ed un terzetto d’archi composto da violoncello, viola e violino (suonati rispettivamente da Alina Shilova, Filipp Buin e Il Dyakov), accuratamente rinforzate dal supporto elettrico del basso (Max Roudenko) e della chitarra (Eugene Abzalov) e da quello ritmico della batteria di Mikhail Istratov. L’album è piuttosto rarefatto con melodie finemente tratteggiate elegantemente disegnate dagli strumenti classici e questa sensazione di inafferrabilità è amplificata dalla presenza di sette brevi intermezzi (“~Intermission”) dolcemente intercalati fra le tracce vere e proprie. Il substrato classico è incorporato in una veste rock dai riflessi ambient e sinfonici e dalle tonalità crepuscolari e soffuse in cui si percepiscono anche vaghi echi folk. Il pianoforte e gli archi vengono preferiti alle tastiere che non fanno massa sullo sfondo ma si dissolvono tenuemente nel contesto. Vi sono momenti spirituali, quasi inafferrabili, ma anche pezzi più concreti e strutturati di più chiara matrice progressiva, come ad esempio la splendida “Burn”, ammiccante, non immune da tentazioni pop, ma terribilmente elegante negli arrangiamenti di ispirazione classica. Fra i momenti più interessanti mi piace ricordare anche “Would this be”, in cui momenti meditativi e picchi più energici si alternano in modo equilibrato, oppure “I.b. too”, dai chiaroscuri accentuati, ed è proprio quando le emozioni sono lasciate libere di sgorgare e fluire che secondo me l’album raggiunge i momenti più stimolanti. Bisogna comunque dire che il disco ha senso nella sua globalità, nel suo gioco di alternarsi fra luci e ombre, visioni oniriche e composizioni più articolate e consistenti ed è davvero difficile smembrarlo ed affrontarlo in modo analitico, anche perché i vari momenti che lo compongono si succedono come le scene di un film in modo fluido e piacevole. Forse anche per accrescere questa sensazione di continuità, la versione rimasterizzata dell’album (che qui analizziamo), giunta a poca distanza da una prima edizione, vede affiorare in scaletta le ultime tre tracce che in origine erano nascoste e separate dalle altre da un lungo momento di silenzio. Trovare dei precisi punti di riferimento mi riesce un po’ difficile ad essere onesta: forse potrei appellarmi ai Flëur in una veste ancora più impalpabile, se non altro per il fatto che anche loro fanno largo uso di arrangiamenti in chiave classica, e non a caso entrambi i gruppi definiscono le proprie produzioni proprio con l’aggettivo “neo-classico”. Qualcuno ha chiamato in causa i Magenta, e in effetti qualcosa si percepisce, ma qui siamo su versanti decisamente meno pop e su livelli di raffinatezza superiori. Anche ricordare gruppi come The Gathering è fuorviante in fin dei conti: qui mancano quella goticità e quelle atmosfere pesanti, in favore di ambientazioni romantiche e al massimo crepuscolari, anche se la luce soffusa non è quella di un triste tramonto ma di un’alba ancora fredda ma che promette tuttavia sensazioni radiose o dolcemente malinconiche. Il disco si trova di fatto fra le mie preferenze per l’anno 2012 e ho notato che non sono pochi gli ascoltatori che lo hanno accolto calorosamente, nonostante si tratti di una band decisamente poco pubblicizzata e conosciuta e forse questo potrebbe incuriosire anche voi. L’album si può acquistare in formato digitale e può essere ordinato in una bella versione CD scrivendo direttamente al gruppo utilizzando i contatti che trovate nel loro sito. Le poste russe, unite alla proverbiale pigrizia delle nostre nazionali, sono un po’ lente, ma vi assicuro che ne vale la pena.
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Jessica Attene
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