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MAHOGANY FROG Senna by Mahogany Frog Moonjune 2012 CAN

Ascoltare le prime note dell’ultimo album dei Mahogany Frog può essere una tortura o può provocare un orgasmo, a seconda che non sopportiate il citazionismo spinto o adoriate alla follia i Pink Floyd post-Barret e pre-DSOTM. I quattro minuti di “Houndstooth Part 1” sono costituiti da un concentrato di suoni rubati a piene mani dalla sezione live di “Ummagumma” e da alcune parti di “Meddle” (“One of these days” e “Echoes”). Il risultato finale è un tripudio floydiano troppo ben costruito per non avere il sapore di un omaggio. Nonostante tutto, però, l’organo alla Rick Wright ed il crescendo di chitarra non riescono a nascondere completamente la ritmica elettronica in sottofondo, dapprima appena accennata poi sempre più pressante, sino a fungere da guida verso la seconda parte del brano, più psichedelica e furiosa ma con impressa a fondo il marchio di fabbrica della band canadese. Da questo punto in poi è un susseguirsi di riff di chitarra dallo sporco suono fuzz affogati in un magma di organo e sintetizzatori, con il basso a pulsare distorto nell’accompagnare la batteria, un po’ sporca (probabilmente in maniera voluta) e forse appena indietro nel mixaggio. Tutto il disco prosegue sullo stesso piano, mantenendo un muro di suono continuo e spietato fatto di furia space rock. Non immaginate però atmosfere laccate alla Ozric Tentacles o suoni cristallini ed evocativi, qui i riferimenti vanno piuttosto agli Hawkwind e alla psichedelica più acida. Dominano le strutture ossessive e caotiche ma ad un esame attento si scorge la struttura ragionata che sta dietro i brani, e non è difficile cogliere lo sforzo fatto per mantenere una notevole base melodica nel tutto, soprattutto grazie alle tastiere. Uno dei limiti estremi del coacervo strumentale di “Senna” è probabilmente rappresentato dall’accoppiata di brani “Message from uncle Stan grey shirt” e “Message from uncle Stan green house”, dove le chitarre cariche di feedback possono metter a dura prova le orecchie di chiunque, anche considerando che la melodia è sempre presente. L’unico brano che concede qualche momento di respiro è “Saffron myst”, la cui ritmica mid-tempo in stile elettronico e gli arrangiamenti di organo e synth rendono giustizia ad una bella progressione di accordi più space e meno acida. Come per pareggiare il conto, “Aqua love ice cream delivery service” sembra lasciar perdere ogni tentativo di organizzazione e melodia per basarsi sul caos generato dagli strumenti, e concludere così un disco che definire un trip è l’unico modo possibile per dare un’idea di ciò che contiene.
“Senna” richiede un certo sforzo per essere ascoltato, a meno che non apprezziate il genere. In questo caso non potrà che piacervi. Per gli altri, provate ad immaginare i suoi quarantatre minuti di durata come un esercizio fisico pesante o una lunga corsa. Alla fine sarete stanchi, sudati e col fiato corto, ma la soddisfazione per essere arrivati sino in fondo e l’appagamento per aver superato la prova costituiranno una gratificante ricompensa.


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Nicola Sulas

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MAHOGANY FROG DO5 2008 

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