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SECONDS BEFORE LANDING |
The great deception |
autoprod. |
2013 |
USA |
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Da Pittsburgh arriva questo ambizioso progetto del compositore e batterista John Crispino (qui esecutore anche di effetti e midi vari), a nome Seconds Before Landing. Circondatosi di numerosi muscisti – alcuni assai noti, come il warr guitarist Trey Gunn (da diversi anni con i King Crimson) o il bassista Tim Bogert (Cactus e Beck, Bogert & Appice, tra gli altri) – l’autore compone un’opera basata su temi fantascientifici, parlando di un pianeta devastato dalle guerre e dalla corruzione. In questo autentico inferno, spicca la classica figura di un individuo che ovviamente si distingue da tutto il resto e che con le sue memorie connoterà l’intero lavoro. Questo esordio, che come è facile immaginare si muove nei territori dello space-rock, ha ricevuto dalla stampa estera parecchie critiche positive negli ultimi mesi; i primi pezzi, caratterizzati da comunicazioni radio come accadeva anni orsono e quindi portando alla mente tutta una serie di allegorie, presentano un’evoluzione che poi sfocia sempre in un buon lavoro chitarristico finale, ricordando non poco i Porcupine Tree di “The sky moves sideway”. Un lavoro che sembra avere riferimenti ambient di natura marcatamente floydiana quindi, fattore dovuto anche alla presenza di Andy Jackson, ingegnere del suono proprio della band di David Gilmour e soci. “Alice Springs”, “Innocent” e “They’re All Around You” (forse uno dei momenti migliori nella parte strumentale) cambiano e virano su un versante tendente al funky, per poi tornare con i pezzi seguenti in ambiti più simili ai brani iniziali. Nonostante le ottime critiche citate poco sopra, il concept soffre oggettivamente di uniformità. Un problema, paradossalmente, da imputare forse proprio all’impeccabile produzione, che fa “galleggiare” tutte le esecuzioni in un limbo che sembra sospeso nella ionosfera, non aggiungendo mai un guizzo nemmeno nei brani più movimentati. Eppure il compositore dalle evidenti origini italo-americane sembra avere parecchie idee e soprattutto le parti di chitarra si presentano sempre azzeccate… Chissà, magari questo si rivelerà il primo capitolo di qualcosa ancora più ampio ed allora andrebbe inquadrato in ben altra maniera. Si rimanda quindi qualsiasi ulteriore considerazione al futuro. Ma se la storia dovesse finire qua, in ambito space-rock si è prodotto ben altro e la bella struttura di base non è sufficiente a dare quella marcia in più che il genere richiederebbe per non apparire freddo e distaccato. Quattordici tracce, inoltre, in questo caso sembrano essere davvero tante per mantenere l’attenzione fino alla fine senza andare mai a pigiare il tasto per andare avanti. Non vuole essere una bocciatura, ma un consiglio per sviluppare molto meglio il progetto.
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Michele Merenda
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II |
2014 |
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